Scoppia una polemica a Palermo su chi ha più titolo – fra i discendenti (presunti) di Vincenzo Florio e l’altro ramo, che si rifà a Giulia Florio, figlia di Ignazio e donna Franca – per essere considerato vero erede morale della famiglia imprenditoriale che ha recitato una parte importante nella storia economica e culturale della città tra l’Ottocento e il Novecento. A scatenare la lite, come racconta l’Ansa, sono state indirettamente le iniziative collegate alla “Coppa Floriopoli”, una manifestazione che si richiama alla Targa Florio, la più antica competizione automobilistica avviata nel 1906 da Vincenzo Florio.
La “Coppa Floriopoli”, ancora alla prima edizione, ha riunito nei giorni scorsi vetture d’epoca e da competizione a Cerda davanti i box con la torre dei cronometristi e le vecchie tribune. La partecipazione di auto dalla storia gloriosa ha ricreato un’atmosfera carica di memorie. Ma non solo di ricordi si è trattato. A margine della coppa è stato annunciato un partenariato tra il gruppo Zaharaziz e Casa Florio con l’obiettivo di rilanciare il brand e il patrimonio storico, artistico e culturale di quello che fu un potente gruppo imprenditoriale. L’iniziativa è stata presentata da Chico Paladino Florio, quale erede e discendente di Vincenzo Florio jr. e titolare di Casa Florio. Ma proprio questo annuncio ha rinfocolato una lite tra chi si proclama vero erede.
A riaprire le ferite è Nicola Afan de Rivera Costaguti, figlio di Giulia Florio e nipote di don Ignazio e donna Franca, attraverso una richiesta di rettifica affidata al suo legale. “Né Chico Paladino né il padre Vincenzo sono discendenti dei Florio”. La famiglia Paladino, sostiene Afan de Rivera, ha ereditato la tonnara dell’Arenella con la palazzina dei “quattro pizzi” dalla nonna materna Lucie Henry, seconda moglie di Vincenzo Florio, morta in Francia il 6 gennaio 1959 senza lasciare figli. Inoltre, incalza ancora Afan de Rivera, Vincenzo Paladino, conosciuto come Cecé nei salotti di Palermo e padre di Chico, ha aggiunto Florio al proprio cognome non per un diritto successorio ma in virtù di un provvedimento del ministero dell’Interno che i Florio “autentici” hanno impugnato.
Ma Chico Paladino Florio non ci sta e si affretta a difendere, oltre che l’eredità culturale dei Florio, anche il proprio cognome nella versione allargata: “È triste – dice – constatare l’acredine con cui si tenta di denigrare i Paladino Florio che hanno aggiunto il loro cognome in quanto discendenti legittimi come certificato in vari atti pubblici”. Secondo il Corriere della Sera, dietro il fraintendimento, ci sarebbe un incesto. Cecè Paladino, padre di Chico, sarebbe il figlio naturale di Vincenzo (e non di Giuseppe, come riportato dagli atti ufficiali). E la madre? “Il cugino di Ignazio Florio – scrive Felice Cavallaro nel suo articolo – morì ufficialmente senza avere avuto figli né dalla prima moglie, Annina Alliata di Montereale, morta molto giovane, né dalla seconda, la francese Lucie Henry, che invece aveva già avuto una figlia, Renè Henry, andata in sposa a Giuseppe Paladino. Eccoli, «sulla carta», i genitori di Chico, a denti stretti costretto a rivelare un segreto quasi secolare: ‘In effetti, mio padre è figlio di don Vincenzo, figlio naturale, frutto di una passione esplosa per la sua figliastra’”. Fine della storia? Manco per idea. La prossima battaglia, prima del tribunale, è rappresentata dal test del Dna su Vincenzo Florio. Anche se l’altro ramo della casata si oppone: partiamo prima dai vivi.