“Non è vero che l’indagine per la strage di via d’Amelio sia stata un fallimento”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo alla festa dell’Innovazione del Foglio a Venezia. Intervistato dal responsabile dell’inserto culturale del Foglio e direttore di Buttanissima, Giuseppe Sottile, il magistrato ha risposto a una domanda sull’efficacia dei processi sulle stragi di mafia nel 1992. “Ho dovuto riconoscere che questa vicenda è stata segnata da errori e da omissioni. La mia prima dichiarazione dall’insediamento del mio ruolo è stata quella di chiedere scusa ai familiari di Paolo Borsellino e alle famiglie della scorta. Ho chiesto scusa non avendo mai trattato quei procedimenti. Ma nonostante questo non è vero che è stato un fallimento. Molti dei mandati sono stati condannati e la giustizia è riuscita a dimostrare con il suo corso potesse riprendere nonostante gli errori, Dare prova della capacità di correzione credo sia una cosa importate che dimostra come i processi sono stati tutti giustificati”.
L’intervista si è poi concentrata sul potere reale della procura nazionale antimafia: “L’idea del procuratore antimafia e antiterrorismo che ho io è quella di un podestà di impulsi e coordinamento che si esercita insieme agli uffici distrettuali per sostenerne gli sforzi e allinearne le informazioni. È un’idea lontana da un procuratore che è in realtà un superprocuratore, come pensava Giovanni Falcone. Credo che la pluralità sia un valore”.
“Di fronte a noi – ha detto Melillo – abbiamo sfide molto più difficili rispetto a quelle del passato. Le strutture criminali non sono soltanto locali e regionali, ma anche e soprattutto su scala globale. Ci sono fenomeni criminali che hanno connessioni diverse dal passato e sotto gli occhi di tutti, soprattutto in quelle regioni dove sono in corso processi di destabilizzazione politica e sociale. Le nostre organizzazioni mafiose sono ormai nel grande gioco della scala globale, per questo abbiamo la necessità di costruire un contrasto con le organizzazioni criminali mondiali. Noi lavoriamo quotidianamente in questa dimensione, dove è anche sciocco fare una classifica di pericolosità dei fenomeni criminali. Si rischia poi di leggerle al contrario e le mafie che mettiamo agli ultimi posti diventano poi più tollerabili: non è una grande cosa”.
Tre procuratori antimafia prima di Melillo sono approdati in politica, nota Sottile nel corso del colloquio portando la discussione sulla recente approvazione della riforma della magistratura. Melillo commenta: “Potrei buttare la palla in tribuna e dire che con la separazione delle carriere questo diventerebbe un fenomeno al quale tutti sarebbero chiamati ad abituarsi. Ma non voglio buttare la palla in tribuna perché riconosco che il problema esiste. È questa la ragione per cui un anno e mezzo fa ho chiesto all’ufficio legislativo del ministero della Giustizia di inserire una disposizione che faccia divieto di eleggere il procuratore nazionale antimafia e che possa assumere incarichi di governo. Mi rendo conto che non basterebbe a fugare i dubbi questo impegno, anche formale, ma credo che certamente non mi opporrei a questa norma. Ma non sta a me introdurla”.