L’obiettivo del 20 per cento non è poi così lontano, anche se i patrioti siciliani, persino alle ultime Regionali (in tandem con le Politiche), hanno dovuto accontentarsi del ruolo di Cenerentola, raccogliendo meno che nel resto d’Italia. Un anno e mezzo fa si giocarono lo scettro con Forza Italia, riuscendo a staccarla di pochi decimali e quest’anno rischiano di veder compromesso il primato a causa dei grillini, che nell’Isola continuano a far parlare di sé e nel voto d’opinione risultano meno peggio che sui territori. Due seggi all’Europarlamento sono comunque assicurati.

Se si votasse sulla base dell’azione di governo sfoderata in Sicilia, con scandali annessi, senza dare spago al referendum proposto dalla Meloni sulla sua persona, Fratelli d’Italia rischierebbe una bella imbarcata. Così Giorgia ha scelto la linea ‘testa e bassa e pedalare’, senza il minimo accenno alle magagne provocate, ad esempio, da suo cognato Francesco Lollobrigida e da tutta la catena della corrente turistica del partito. Gli orrori di SeeSicily, riletti alla luce delle ultime (non) dichiarazioni di Elvira Amata, nascondono pressappochismo e, finanche, malafede. Perché non è possibile che dopo il ritiro di un contributo da dieci milioni da parte dell’Unione Europea, sulla base di una precisa relazione da parte dell’Audit regionale (interno alla presidenza), l’assessore al Turismo reputi che “abbiamo lavorato bene” e “ne sono straconvinta”.

Da quale pianeta arriva Elvira Amata? Su quale red carpet, dopo quello di Ortigia per gli Stati generali del Cinema, esibirà questi numeri fantascientifici, frutto di una programmazione talmente accurata da aver provocato uno smottamento di bilancio? Amata è candidata alle Europee, supportata dal venerabile maestro Manlio Messina, e dovrebbe sapere, come il Balilla, che i fondi comunitari non sono e non possono diventare un pozzo nero di sprechi; e non potevano finanziare i big player della comunicazione – tra cui Publitalia ’80 o le aziende del gruppo Cairo – anziché incentivare gli albergatori a stimolare i flussi turistici. Invece i turisti arrivati nel post-Covid, le cui presenze (in aumento) hanno fatto spellare le mani a Fratelli d’Italia, non hanno quasi mai usufruito dei pacchetti di aiuti – in termini di notti o servizi gratis – messi a disposizione dalla Regione. I voucher sono rimasti agli albergatori, che hanno trattenuto i ristori economici (fino a 200 mila euro cadauno) senza occuparsi del resto. La Amata lo sa, ma finge che nulla sia accaduto. Giorgia magari non sa, e non è questo il momento di fare chiarezza. Qualcuno, persino all’Ars, ha evitato accuratamente di trasformare lo scandalo in un dibattito d’aula: sai che magra figura per l’ego smisurato dei patrioti…

L’altra zavorra che il partito della premier si porta dietro è Renato Schifani. Il fido governatore scelto nelle segrete stanze di Roma – nemmeno così segrete, dato che a ufficializzare la sua candidatura è stato Ignazio La Russa – di fatto non ha governato. Ha litigato e si è riappacificato (ad esempio con Manlio Messina dopo lo scandalo – un altro – di Cannes); ha nominato e non riformato; ha accentrato e non delegato. Ha costruito un’articolata rete di potere con pochissimi accessi dall’esterno; ha amministrato Palazzo d’Orleans come un funzionario, pur godendo di poteri eccezionali: ad esempio sul fronte dei rifiuti e delle autostrade. Ha pronunciato promesse e stretto accordi. Ma a questa terra dannata non è rimasto nulla: o meglio, ci sarebbero 7 miliardi di euro da spendere nel prossimo decennio, previsti da un Accordo di coesione siglato in piena campagna elettorale, allo scopo di lucidare l’immagine ingiallita di un governo che non governa. Vanità pura. Così come le dichiarazioni d’intenti sul Ponte di Messina, un progetto ingarbugliato nelle burocrazia e nelle proteste; e sui termovalorizzatori (soltanto ieri, con l’insediamento dei primi 6 membri su 14 è diventato operativo l’Ufficio speciale per la loro realizzazione)

Ma Fratelli d’Italia è anche un partito in disordine, che non gode di una classe dirigente all’altezza. Che comanda il Balilla è chiaro, come lo è altrettanto il fatto che i due coordinatori Pogliese e Cannella non godano della medesima considerazione del vicecapogruppo alla Camera. Si dimenano. Nella battaglia fra gerarchi maggiori e minori – è questa la terza zavorra di FdI – in cui spicca l’arguzia politica del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, si è già consumata una crepa a destra. Anzi due: la prima è l’abbandono di Raffaele Stancanelli alla vigilia della campagna elettorale, immediatamente “ingaggiato” da Salvini; la seconda è quella di Marco Intravaia, fedelissimo di Musumeci (ai tempi dell’ultimo governo), che non s’è visto riconoscere la paternità di una scelta nel suo Comune, Monreale, e ha colto (in ritardo?) “l’inconciliabilità fra il mio modo di concepire la politica, al servizio dei cittadini e del territorio, e chi invece è abituato a scelte miopi ed autoreferenziali, interessato a preservare le proprie posizioni di potere anziché dedicarsi ai cittadini e alle esigenze delle comunità”.

Intravaia resta dalla parte di Schifani. Su quel fronte però non c’è mai stato Nello Musumeci, la cui presenza evanescente in campagna elettorale potrebbe condizionare la performance di Ruggero Razza, il suo delfino. Che Musumeci si muova soltanto per se stesso è storia nota. Anche se l’altro giorno è stato beccato mentre scattava una foto a Razza durante una manifestazione di quest’ultimo. E’ stata la più alta rappresentazione del suo impegno, che l’ex assessore alla Salute ha voluto immortalare sul profilo. Ma quelli di Diventerà Bellissima, che le hanno provate tutte per ambientarsi, e più volte sono rimasti fregati (com’è capitato a Giorgio Assenza e Giusy Savarino durante la nomina degli assessori alla Regione), sembra quasi che giochino una partita a sé. E che l’interesse preminente di chi comanda adesso – la corrente turistica – sia trascinare a Bruxelles Giuseppe Milazzo e Massimiliano Giammusso. Senza tralasciare il voto (inutile perché non salperà mai per il parlamento europeo) a Giorgia. Sempre sia lodata.