Quei film degli italiani all’estero che hanno sempre quella patina malinconica e surreale che segnala un clash culturale. E anche in queste storie di rientri penitenziari ogni fotogramma desta malinconia cringe. Appunto il Pirellone illuminato a giorno con le lettere “Chico in Italia” e quella photo opportunity a Ciampino con Meloni a mani giunte come se aspettasse il Dalai Lama (ma Chico, di tre quarti col testone pelato, potrebbe esserlo, il Lama, o anche l’assistente della Santa nella “Grande bellezza”). Si capirebbe se ad attenderlo a Ciampino fosse andata piuttosto Tinny Andreatta di Netflix con un contratto pronto in mano (la storia di Chico, oggettivamente, batte quella di qualunque detenuto che sia mai atterrato con un Falcon: già vincitore di TeleMike, specializzato in teoria e tecnica del surf, coi soldi della vincita, invece che aprire un agriturismo, emigra in America dove vuol far altri soldi, si installa a Miami, sfiora il delitto Versace, incappa nell’omicidio a Ibiza). Insomma facile immaginare anche spinoff e sottotrame: potrebbero fargli un contrattone tipo Ryan Murphy, per varie produzioni, anche perché quelle italiane ormai tra Guglielmo Marconi e Enzo Ferrari sono tragicamente a corto di eroi vagamente non di sinistra.

Ci si chiede piuttosto come mai Meloni ci abbia messo come si dice la faccia. Avrà algoritmi segreti? Punta a nuovi tormentoni dopo “E allora iMarò?” (Ma “E allora Chico?” funzionerà lo stesso, oltre a richiamare nei meno giovani la serie fake sudamericana “Paquito e Chiquito” della “Tv delle Ragazze”, sulla facinorosa Rai3?). E ancora, ci sono molti voti in ballo? Ma quali? Surfisti di destra? Italiani che commettono reati in Florida? Giovanilisti vanziniani? Forse le fa risuonare antiche ferite col papà detenuto laggiù in Ispagna? Misteri.

Anche i Marò arrivarono col Falcon, appunto, ma a loro favore c’è da dire che erano condannati speciali, non ergastolani ma militari, e poi erano due! (ma giunsero separati). Non andò nessun premier a riceverli, il premier a Ciampino è una novità assoluta, ha rilevato ieri Walter Verini, politico di lungo corso del Pd, che potrebbe essere preso come Head of research per la serie Netflix sui carcerati italiani. Verini ha rimarcato come Meloni sia il primo premier in assoluto ad accogliere un ergastolano o anche carcerato generico in aeroporto (al massimo i premier accolgono autorità o salme). Il ministro della Giustizia Diliberto andò nel ’99 a ricevere a Ciampino la ex terrorista de sinistra Silvia Baraldini, ancorché non condannata per omicidio ma per organizzazione sovversiva. E però, ripescando vecchi articoli, ecco un pezzo del Corriere del 1997 che rimembra un vecchio gentiluomo comunista come Armando Cossutta in visita alla carcerata nel Connecticut (prima di riceverla a Ciampino con rose rosse): “‘Non vuole, non sopporta la pietà’, racconta Cossutta. La descrive: ‘Ha ormai tutti i capelli bianchi, e gli occhi verdissimi che non ti abbandonano un istante. Insegna alle sue compagne, è un’intellettuale, studia per prendere la sua seconda laurea, legge i giornali italiani. Ha voluto sapere tutto di noi, del governo di centrosinistra”. Giustamente, in carcere in Connecticut una che fa se non interrogarsi sulle sorti del centrosinistra (italiano)? Ma qui, differenze; il detenuto di sinistra (equosolidale, antifascista in gita, operatore onlus, magari ex Br) e quello de destra (i Marò, l’imprenditore, il cane sciolto, il militare)… I primi ovviamente pensosi e ideologici, ma invece Chico nei suoi giorni di carcere americano, si sarà scervellato pure lui sulle dinamiche tra Lega e FdI? O punterà a nuove startup? Continua su ilfoglio.it