La campagna elettorale sta prendendo una piega inaspettata anche per Renato Schifani: il governatore non è fra i quattro califfi che permetteranno l’elezione di Caterina Chinnici al parlamento UE (per la terza volta), così, mentre il resto della deputazione forzista è alla ricerca pressante di voti, il presidente rema in un’altra direzione, chiamato alle dure logiche del governo. L’ultima questione che Schifani ha avocato a sé, dopo aver considerato inefficace il lavoro dell’assessore Turano – un altro candidato per Bruxelles, ma con la Lega – è quello della formazione professionale. Un settore sull’orlo della crisi, che in Sicilia vanta 6 mila operatori e 50 mila corsisti. Anche la formazione, grazie ai venti di protesta degli enti gestori dei corsi, è diventata strumento di campagna elettorale.

Il governo non riesce a cavare un ragno dal buco e lo stesso Schifani, come già successo su altri temi scottanti, non sa dove mettere le mani. Eppure, nella versione di accentratore scombinato che non risolve mai nulla, ha azzardato una promessa: “Sulla delicata situazione che ha creato un forte malessere nel settore, c’è la mia massima attenzione – ha detto il governatore siciliano -. E in tal senso ho già annunciato pubblicamente che in settimana incontrerò a Palazzo d’Orleans le organizzazioni datoriali degli enti della Formazione professionale per individuare tutte le soluzioni per risolvere le criticità”.

Turano, non potendosi tirare indietro, la settimana scorsa ha incontrato i sindacati per stabilire le regole d’ingaggio – ad esempio la necessità di applicare un contratto nazionale a tutti agli operatori dei vari corsi (evitando la giungla dei contratti atipici, come scrive il Giornale di Sicilia) – ma non ha fatto i conti coi gestori, che pretendono di aprire un altro tavolo, con Schifani appunto, per risolvere i problemi. Avranno preso spunto dai forestali, che dopo aver minacciato la protesta in piazza Indipendenza, hanno trovato riparo in consigli più miti, affidandosi alla promessa di un nuovo incontro coi vertici dell’assessorato all’Agricoltura per il prossimo 28 maggio.

L’obiettivo del governo è placare gli animi ed evitare una esondazione della protesta alla vigilia dell’importante appuntamento elettorale. Non è detto che ci riesca. Il Movimento 5 Stelle, col proprio portavoce Nuccio Di Paola, incalza: “Schifani sta letteralmente regalando a Roma oltre 136 milioni di euro che il governo nazionale aveva previsto come supporto per i cittadini attivi e che fanno formazione, e tiene in cassa 56 milioni di euro utili per avviare i corsi di formazione dell’Avviso 3. Morale quasi 200 milioni di euro in meno per l’economia del nostro territorio: niente formazione, niente sostegno al reddito e niente lavoro”.

E poi la stoccata con vista su Bruxelles: “Un quadro disastroso se si sommano anche gli avvisi 7 e 8, partiti ma non ancora finanziati ed ancora il pasticcio del Programma GOL, i cui decreti di finanziamento necessari per avviare i corsi rimangono ancora in fase di pubblicazione. Di circa 400 progetti proposti, solo pochissimi stati approvati e successivamente annullati, creando un blocco completo delle attività formative. Sono assolutamente certo che i cittadini siciliani che saranno a breve chiamati alle urne, vogliano bocciare sonoramente qualsiasi esponente di centrodestra si presenterà sulla scheda elettorali delle amministrative e delle europee”. Schifani ha provato a parare i colpi, spiegando che “la campagna elettorale porta spesso a valutazioni demagogiche e strumentali. Ed è ciò che sta avvenendo nel campo della formazione professionale, con tentativi di speculazione sulla pelle dei lavoratori da parte dell’opposizione. Le polemiche di bassa lega sono respinte al mittente”.

Ma, come sempre, i problemi rimangono sul tavolo. La formazione professionale non fa alcuna eccezione rispetto, ad esempio, alle questioni inerenti alla siccità. Prima la cabina di regia coi professoroni, poi la richiesta (accolta) dello stato d’emergenza nazionale, poi la promessa di venti milioni – briciole – da parte di Palazzo Chigi per comprare le autobotti ai Comuni; infine il tentativo di buttarla in propaganda, annunciando investimenti da 300 milioni (a valere, però, su fondi europei il cui utilizzo va rimodulato con Roma prima della firma dell’Accordo di Coesione) per interventi sul medio lungo termine. E in pratica, non s’è mosso nulla. Anche questo è un settore per il quale Schifani ha scelto di operare da solo: da metà aprile, infatti, alla Regione non c’è più un assessore all’Agricoltura, complici le dimissioni di Luca Sammartino dopo l’inchiesta per corruzione della Procura di Catania. E così il presidente è costretto a fare e disfare la tela, in attesa che il Tribunale del Riesame analizzi il ricorso del leghista, per capire se e quando potrà tornare a lavoro. Nel frattempo gli agricoltori e gli allevatori contano le ore che li separano dalla sciagura.

Continua a non accadere nulla neppure sul fronte della sanità. Con un atto d’indirizzo dello scorso 6 maggio, l’assessore-fantasma Giovanna Volo ha spiegato che “si rende necessario tenere del tutto estraneo dalle competizioni elettorali il sistema sanitario regionale, sia pubblico che convenzionato” e che per tale ragione si dispone “prudenzialmente la sospensione di tutte le procedure concorsuali ad esclusione del reclutamento dei medici, tenuto conto della eccezionalità delle carenze d’organico”. Fa un po’ ridere che la politica, che ha deciso chi-nominare-dove, oggi si renda conto di voler salvaguardare un sistema alla frutta. E che in questa logica, utilizzando strumentalmente i nuovi schemi di contratto (con la possibilità di revoca già a un anno per i manager che non smaltiscono le liste d’attesa), non siano state completate le 18 nomine su cui i partiti si erano accapigliati per mesi.

Anche in questo settore, che vale una fetta cospicua del bilancio regionale (circa 9 miliardi l’anno), Schifani ha voluto interpretare la parte del leone: la nomina della Volo, come tecnico, fa parte della logica preminente, cioè gestire personalmente la sanità siciliana (da sempre strumento elettorale in mano ai partiti). Ma anche con la paletta del vigile in mano, il governatore non è riuscito a ottenere il ripopolamento degli ospedali, tanto meno a garantire Direzioni strategiche in grado di condurre Asp e ospedali fuori dal guado. Se restano i commissari (e questi non hanno la facoltà di pianificare un bel nulla), la responsabilità è di uno solo.

Per tirarsi fuori dall’imbarazzo di aver nominato l’assessore Volo, per altro coinvolta in un’inchiesta giudiziaria a Messina, era emersa l’ipotesi di nominare a piazza Ottavio Ziino Caterina Chinnici dopo il suo ingresso in Forza Italia. L’ideona è stata stoppata sul nascere, ma cosa succederà se la prediletta di Tajani dovesse rimanere fuori dal parlamento UE? Una cosa è certa: Schifani non si dannerà l’anima per farla eleggere. Il presidente sta conducendo una campagna elettorale a luci spente: vuoi perché potrebbe garantire soltanto il suo voto, unito a quello dei fedelissimi Caruso e Alongi; vuoi perché il partito è stato “opzionato” da Antonio Tajani, oltre che dai due ospiti ingombranti: Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Sono loro, assieme a Saverio Romano e Giuseppe Castiglione, le frecce di questa campagna elettorale. E saranno loro a determinare il risultato di una lista che somiglia all’arca di Noè. C’è spazio per tutti, tranne che per Schifani. Il quale è costretto a misurarsi – con poca voglia e zero risultati – con i corsi di formazione e la siccità.