Strano ma vero. Sono passate centoventi ore dall’ultima esplosione dello scandalo SeeSicily e il gagliardo Balilla – maestro compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra – non ha ancora rovesciato il suo quintale di fango sui giornali che, nonostante le intimidazioni, si ostinano a raccontare le sue malefatte. Il “Cavaliere del Suca” si è di colpo ammutolito. Da due anni, per dirla con Leonardo Sciascia, il boss della corrente turistica di Fratelli d’Italia “cammina sulle corna della povera gente” dopo avere dissipato, tra il 2020 e il 2022, una montagna di denaro pubblico: almeno dieci milioni di euro, stando alla stima degli uffici che hanno certificato inequivocabilmente l’ammanco. Il suo silenzio si presta ad almeno due letture. O il gerarca, tanto amato da Giorgia Meloni, si sente così forte da liquidare con un ghigno di arroganza l’inchiesta aperta dalla Corte dei Conti e quella, ancora alla fase preliminare, della Procura di Palermo. O gli è finita la tracotanza dell’ardito e, di fronte alla giustizia che avanza, cerca solo un sottoscala dove nascondersi.
Ma c’è una terza ipotesi in grado di spiegare l’insolito silenzio del Balilla e dei suoi padrini politici. In un cassetto degli uffici della Regione c’è un elenco che scotta. E nel quale figurerebbero i nomi degli onorevoli, dei sottosegretari, degli amici, dei parenti e delle faccette nere che sono stati ospitati in alberghi anche di lusso con i voucher messi a disposizione dell’assessorato al Turismo. Prima o poi gli organi di controllo vorranno pure darci un’occhiata. Anche perché, diciamolo,
SeeSicily è stata la grande festa dello spreco, della moneta allegra, della spocchia; la festa di un partito che ha scoperto e sfruttato fino all’inverosimile la “promozione” e la “comunicazione”, due parole magiche che, con la banalissima scusa di attrarre in Sicilia il grande popolo degli stranieri, hanno consentito al Balilla al suo cerchio magico di organizzare ogni sorta di manifestazione, anche la più bizzarra e la più pacchiana. Ricordate la mostra fotografica allestita con sfarzo al festival di Cannes e la connessa passerella di bellissime donne nel lussuoso albergo della Croisette dove, a suon di milioni, sono stati pagati a un avventuriero lussemburghese, con trattativa privata, i diritti dei quali Patrick Nassogne non aveva l’esclusiva? E ricordate il mastodontico Context Internazionale, un festival dal nome altisonante, inventato per omaggiare Vincenzo Bellini e utilizzato, manco a dirlo, per destinare oltre novecento mila euro al solito amico, Vincenzo Montanelli, per garantire alla manifestazione “organizzazione e comunicazione”?
I nodi stanno venendo al pettine – sempre che ci sia il pettine, avvertiva l’irriducibile Sciascia. Il procuratore generale della Corte dei Conti ha già aperto il fascicolo. E non è escluso che ne apra un altro, ben più pesante, la Procura della Repubblica che dal maggio dell’anno scorso ha sul tavolo i documenti sequestrati dalla Guardia di Finanza nell’assessorato di via Notarbartolo.
Lo scandalo, insomma, è destinato ad allargarsi. E ad estendere gli effetti collaterali sui membri del governo Musumeci che hanno avallato con tre diverse delibere gli azzardi del Balilla, in particolare la spesa dei 23 milioni di euro che finì per lucidare i bilanci di Mediaset e del Corriere della Sera e che contribuì non poco all’affermazione della corrente turistica nella scalata ai vertici del partito e delle istituzioni. Se l’inchiesta avviata dalla Corte dei Conti dovesse sfociare, com’è molto probabile, nella contestazione del danno erariale, il Balilla non sarà certamente il solo a risponderne.
L’onda lunga dell’imbarazzo rischia di toccare anche al governo regionale presieduto da Renato Schifani. Il Balilla e i suoi uomini – da Elvira Amata a Gaetano Galvagno, per citare i più importanti – continuano a controllare non solo l’assessorato di via Notarbartolo ma anche una fetta consistente del sottogoverno con una rete che va dalla Film Commission, guidata dall’eterno Nicola Tarantino, all’Orchestra Sinfonica dove Fratelli di Italia tenta di insediare un suo Sovrintendente dopo la disfatta di Andrea Peria, il pagnottista scelto e imposto personalmente da Schifani. Un presidente, ricordiamolo, che dopo una fase di piccate e rancorose scaramucce dovute allo spreco di quasi quattro milioni per le feste di Cannes, si recò a Brucoli per baciare la pantofola del Balilla e dei gerarchi che gli consentono di gestire allegramente e spensieratamente il potere di capo del governo. La vita è bella perché è varia tra gli stucchi dorati di Palazzo d’Orleans.
Al Brucoli VIllage, ricordiamolo, il Balilla ha organizzato nell’ottobre scorso una “tre giorni” per celebrare i propri trionfi politici. E la scelta non è stata casuale. Quella di Brucoli è stata, non a caso, la struttura alberghiera che più di tutte le altre ha beneficiato dei soldi “a perdere” di SeeSicily. Il resort ha confermato 2.352 voucher, dal valore di 80 euro l’uno e per un importo totale di 199.920 euro, ma di questi voucher ne sono stati fruiti, si dice così, appena 823 per un valore di 70 mila euro. Il resto – quasi 130 mila euro – è stato utile netto. Che il Brucoli Village ha voluto festeggiare a ottobre con il Balilla, con il gruppo parlamentare della Camera, con sottosegretari, deputati e senatori e con tutti gli assessori regionali del Turismo: insomma, con tutta quella confraternita patriottica che è appunto la corrente turistica di Fratelli d’Italia. Schifani era lì. A chiedere indulgenza e a benedire, di fatto, lo scempio di SeeSicily.