Congedandosi dall’Istituto comprensivo “Rosario Livatino” di Ficarazzi, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il presidente Renato Schifani ha lasciato un messaggio agli studenti. Condivisibile e sacrosanto. “Ricordatevi di non abbassare mai la testa, voi sarete il cambiamento e la nuova classe dirigente del Paese. Non vergognatevi mai di essere siciliani. La Sicilia va migliorata e non cambiata perché è una grande terra e noi siamo un grande popolo”. Fra un incoraggiamento e un monito, Schifani ha aggiunto di non scendere “mai a compromessi”. E’ chiaro il riferimento del governatore nel dire ‘no’ alle mafie. Ma lo stesso principio andrebbe applicato alla politica. E alle scelte dei politici, che oltre ad avere un riflesso sulla vita delle persone, costituiscono un modello dal quale prendere spunto (o affrancarsi).
La politica, però, è l’arte del compromesso, che pertanto andrebbe declinato con un protocollo meno rigido, e che talvolta può suonare beffardo. Dipende dal contesto, dalla situazione, dall’esito. Schifani in questo è un artista. Nel corso della sua (fin qui) breve legislatura, è sceso a compromesso parecchie volte. Alcune vantandosene, altre meno. Come quella volta che fu costretto a mandare giù il boccone amaro di due assessori imposti da Roma, che però non rispettavano i requisiti richiesti: ossia la competenza e l’essere stato eletto deputato. Lollobrigida e Messina apparecchiarono il banchetto per Francesco Scarpinato ed Elena Pagana, entrambi bocciati nelle urne e alla prima performance da amministratori. Battere i pugni fu un’opzione durata lo spazio di una notte: alla fine Schifani dovette arrendersi, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un rapporto lacerato con Fratelli d’Italia e una produzione asfittica dei due assessori, ancora oggi elementi misteriosi di questo esecutivo.
Non è andata meglio con un altro compromesso: quello che ha portato il governatore a incoronare Giovanna Volo come assessore alla Salute. Un compromesso, che ha finito per avvantaggiare più lui che i siciliani, con cui ha tenuto a debita distanza le bramosie dei partiti, a cominciare dal suo (Forza Italia) che avrebbe voluto accaparrarsi la poltrona più ambita. E se da un lato Schifani è riuscito a non assoggettare l’assessorato di Piazza Ziino alle spinte provenienti da destra e da manca, ha finito per confezionare un pacchetto vuoto: Volo, dirigente in pensione, non si è rivelata fin qui all’altezza delle aspettative (o dei sogni?) del presidente. Non si vede quasi mai, ma quando succede non ne azzecca una. Aver sottratto 9 miliardi di budget dall’avidità dei politici – la Volo è un “tecnico” – non significa aver risollevato la sanità. Ma aver contribuito ad affossarla ulteriormente. Non c’è una guida autorevole in grado di amministrare la materia. Anche questo un compromesso fallito.
Fallimentare è stato infine l’approccio con Manlio Messina e la corrente turistica di FdI. Cui, all’inizio, Schifani sembrava non voler concedere sconti: per questo ha revocato in autotutela l’affidamento diretto nei confronti di una società lussemburghese (la Absolute Blue) per l’organizzazione di uno shooting fotografico a Cannes, dal valore di quasi 4 milioni. Peccato che, dopo aver subito la sfuriata del Balilla, il presidente della Regione si sia trincerato dietro un goffo silenzio e alla fine, dopo aver interrotto i rapporti per mesi, si sia presentato a Brucoli, alla convention del ciuffo ribelle di FdI, per quello che passerà alla storia come il bacio della pantofola. In questo caso il compromesso non è una tregua ma una pace forzata. Inimicarsi il vicecapogruppo patriota alla Camera e tutta la sua corrente, non sarebbe stato un grande affare. Andarci a braccetto – ecco quando il compromesso rischia di risultare deleterio – significa legittimare i metodi, spesso borderline, utilizzati dalla corrente turistica nella scorsa legislatura (e anche dopo). Uno spendi e spandi intollerabile per le casse della Regione, ma anche per una questione etica – quanti milioni alla comunicazione! – che per la politica dovrebbe apparire insopprimibile.
Cari ragazzi, non fatelo. Fra i tanti compromessi dell’attuale governatore, del suo governo e dei partiti che lo compongono, c’è quello che riguarda i manager della sanità. Sono stati mesi a calibrare pesi e contrappesi della lottizzazione, senza tenere in debita considerazione alcuni aspetti come il merito e la competenza. Lasciamo perdere il profilo giudiziario (da buoni garantisti). Ma assegnare un incarico di prim’ordine, come la poltrona del ‘Civico’ di Palermo, a un manager già commissariato due volte (persino dall’invisibile Volo) per la gestione di Villa Sofia, significa essere masochisti e scommettere contro il banco: perdi sempre. Non siamo di quelli che la politica “deve uscire dalla sanità”, almeno finché non cambiano le regole del gioco; ma almeno ci si potrebbe sforzare di canalizzare le scelte tenendo conto di pre-requisiti di equità e valore. Senza utilizzare i nomi di validi professionisti come pedina di scambio tra politici.
A quello ci aveva già pensato la Finanziaria. E’ in sede di bilancio, ogni anno, che va in scena la sagra del compromesso. Nelle ultime due edizioni questo amorevole scambio di cortesie, alias mance, non si è fermato ai partiti della maggioranza ma anche a quelli dell’opposizione. Fare concessioni era l’unico modo per garantirsi l’approvazione della Legge di Stabilità entro i tempi utili, addirittura evitando l’esercizio provvisorio. A tessere le trame e prendersi i complimenti è stato l’assessore Falcone, più di Schifani, anche se tutti, a mente lucida, pensano e ripensano alle spartizioni – non soltanto sulla Finanziaria ma anche sui fondi europei – con una naturale sensazione di reflusso gastrico: “No alle spese parcellizzate”, dicono. Che significa ‘niente compromessi’. Impensabile.
Ci sono altre questioni per cui, invece, i compromessi servono meno: la giunta, ad esempio, ha apprezzato il nuovo piano regionale dei rifiuti, ribadendo la necessità di realizzare dei termovalorizzatori pubblici. E non privati, come suggeriva il parere da 300 pagine rilasciato dalla Cts di Armao sul progetto di SI Energy a Catania. Schifani se n’è infischiato delle buone maniere, dell’amicizia ultradecennale con l’ex assessore all’Economia (ora suo consulente), delle direttive del precedente governo. Non è dato sapere se per sete di vendetta o per reale convinzione, ma ha mostrato la schiena dritta. E’ la prossima lezione per gli studenti di Ficarazzi. Sperando ci siano altri casi.