Sembra la postura dell’uomo forte, che ancora conta e incide qualcosa, amplificata dai titoloni guadagnati con lo spartito della disumanità. O almeno è questo quel che vuole trasmettere Matteo Salvini col suo messaggio cattivo all’Italia cattivista, sperando che voti e che lo voti. E poco importa che Ilaria Salis non prese d’assalto i gazebo della Lega: “Non può insegnare”, che poi non c’entra niente, ma va bene così, nel tentativo di scavalcare a destra non solo Giorgia Meloni ma financo Victor Orbán. E si potrebbe scrivere un trattato, ma non è neanche una notizia, su questa storia per cui si chiede riservatezza e garantismo per le inchieste domestiche mentre valgono il guinzaglio e chiave buttata per gli attivisti dei centri sociali.
Sembra, dicevamo, perché in verità Salvini è un prigioniero, politico s’intende. Della prigione che ha contribuito a costruire e degli errori che ce lo hanno portato, sempre lo stesso schema con annessa supercazzola, come se fosse Antani: lo “scavalcamento” a destra. Si vede, è agitato. Perché ha la consapevolezza di essere un leader minore. Lei, Giorgia Meloni, che lo ha recluso in uno spazio angusto, è seduta ai tavoli che contano, mica al ministero delle Infrastrutture a parlare di pedemontane. E magari non sarà una protagonista assoluta ma, insomma, se la gioca. Oggi al tavolo che convince Orbán, mica quisquilie, a sbloccare gli aiuti per l’Ucraina. Ieri con mezzo mondo alla Conferenza Italia-Africa, dove l’alfiere dei porti chiusi e della battaglia navale non è neanche stato invitato. Doppio smacco: l’assenza e lo spettacolo, che per un leader islamofobico è come un drappo rosso davanti a un toro legato. Continua su Huffington Post