Marco Falcone, nella sua guerra di logoramento contro Renato Schifani, ha tirato fuori la questione morale. Spalleggiato da due icone dell’antimafia come Caterina Chinnici e Rita della Chiesa, ha puntato il dito contro Totò Cuffaro, col quale il governatore Schifani aveva stretto un patto in vista delle elezioni europee. Anche se il leader della Dc, condannato per favori alla mafia, è stato riabilitato, i suoi voti restano “inquinati”: vade retro, dunque. Ma c’è un ma. Con l’attacco a Cuffaro, l’assessore Falcone solleva metà della questione morale. L’altra metà resta sommersa nel doppio fondo di Palazzo d’Orleans dove Schifani ha dato ospitalità e pieni poteri a un avvocato d’affari il cui curriculum dovrebbe far tremare i polsi sia a Caterina Chinnici che a Rita Dalla Chiesa. Falcone non può essere severo con Cuffaro e omertoso con l’altra metà del problema.