Alla Regione, da un anno a questa parte, non fanno altro che mettere a posto i conti e, per dirla con Schifani, per “far scendere l’indebitamento e migliorare gli equilibri finanziari e i flussi di cassa”. Forse perché hanno ereditato un disastro e non hanno il coraggio di ammetterlo fino in fondo. Ad ogni modo è una delle poche attività del governo e l’unica del parlamento, che ancora attende la prima, vera proposta di riforma. Dovrà pazientare, perché questi sono i giorni del bilancio. Prima il collegato-ter all’ultima Finanziaria, anno 2023, che metterà sul piatto oltre mezzo miliardo (già in discussione a Sala d’Ercole); poi la manovra 2024, esitata ieri dalla giunta, nella speranza di arrivare all’approvazione entro il 31 dicembre ed evitare il ricorso all’esercizio provvisorio.
Non importa cosa c’è dentro: sembra che l’unico motivo d’interesse sia lasciarsi alle spalle la stagione di Armao (cinque esercizi provvisori di fila) e riportare la Regione siciliana a una parvenza di normalità che negli ultimi tempi, fra numeri sballati e dure reprimende da parte della Corte dei Conti (l’ultimo giudizio di parifica è stato addirittura sospeso), non s’è mai vista. Ma ci sono delle novità. Ad esempio il fatto che la Finanziaria poggerà esclusivamente su fondi del bilancio regionale, senza scomodare risorse extra (all’ultimo giro costarono una pesantissima impugnativa da parte di Palazzo Chigi). “La definisco la vera e propria finanziaria del governo Schifani – ha detto il presidente della Regione – perché l’anno scorso, per una questione di tempi stretti e limitate disponibilità finanziarie, abbiamo dovuto varare una manovra avvalendoci di fondi statali Fsc in parte poi impugnati”. Ma è anche la Finanziaria della pace con Falcone, un assessore dimezzato (gli è stata sottratta la delega alla Programmazione) da quando, lo scorso anno, aprì un tavolo con le opposizioni per condividere un iter più snello: “Ringrazio per l’impegno l’assessore Marco Falcone”, ha detto ancora Schifani, definendolo un “lavoratore h24, persona di grande competenza e lealtà”.
Fatta questa doverosa premessa, neanche questa Finanziaria sarà salvifica. Al di là delle promesse di Schifani – che parla di “svolta” e annuncia “misure senza precedenti per le assunzioni a tempo indeterminato” e per far rientrare i cervelli in fuga – il metodo era e resta discutibile. E ci si ridurrà, come sempre, all’ultimo secondo utile. L’esercizio provvisorio non è ancora scongiurato: bisognerà prima passare dall’approvazione del collegato-ter, che già ha scatenato l’insana competizione fra partiti e deputati per spartirsi il bottino; poi è necessario che le commissioni di merito e la commissione Bilancio entrino nel vivo della discussione, presentando (e analizzando) gli emendamenti alla nuova Legge di Stabilità. Infine bisognerà andare in aula e trovare una quadra. In altre parole, servirà un altro inciucio tra forze politiche. D’altronde le nomine dei manager della sanità hanno subito uno slittamento per evitare che le tensioni si scaricassero sulla manovra.
Per trovare un accordo con l’opposizione – certamente più facile che imporsi sui franchi tiratori – basta promettere la ristrutturazione di una chiesa, la realizzazione di un campo sportivo, l’organizzazione di un carnevale o il finanziamento di un’associazione. Non mancheranno i soliti tentativi di presentare emendamenti fuori sacco, o di tramutare la Finanziaria in una legge omnibus, con marchette elettorali che mai come stavolta – con la doppia campagna elettorale per Europee e provinciali alle porte – risulteranno decisive. Prima, però, ci sarà spazio per le illusioni: da un lato quelle del governo, che si sono già manifestate ieri, nell’incontro coi giornalisti. Dall’altro quelle dei deputati di minoranza, che per un piatto di lenticchie potrebbero rinunciare al proprio rigore.
A questa manovra, però, non ci si arriva coi canonici problemi di cassa. Schifani, infatti, ha evidenziato l’importanza dell’accordo raggiunto con lo Stato. “Tanti governi ci avevano provato senza riuscirci – ha sottolineato -. Noi grazie alla concertazione col governo Meloni siamo riusciti a raggiungere un risultato quasi storico. Quest’anno abbiamo avuto 300 milioni, per l’anno prossimo la cifra è di 350 milioni e via via aumenterà fino a 600 milioni, fino al 2030, pari alla somma del maggiore contributo a carico della Regione alla spesa sanitaria”. Insomma, ci saranno 350 milioni da iniettare subito nell’economia siciliana. La Legge di Stabilità ne vale circa 900 e prevede, inoltre, il frutto delle maggiori entrate Irpef e Iva, oltre a quelle del bollo auto (tramite la misura dello “straccia bollo”).
Ma quali sono le misure che dovrebbero cambiare volto alla Sicilia? Tra i 40 articoli, come detto, ci sarà spazio per i contributi alle imprese che garantiranno assunzioni a tempo indeterminato (fino a 10 mila euro l’anno per ogni lavoratore, fanno 300 milioni nel triennio). Per favorire il rientro in Sicilia di cittadini che lavorano in imprese aventi sede e operanti esclusivamente all’estero, si prevede un contributo aggiuntivo di 15 mila euro nel triennio (5 mila annui) per ogni lavoratore assunto. Se basterà a contrastare la desertificazione dell’Isola, dove siamo scesi sotto i 5 milioni di abitanti, è tutto da vedere. Un capitolo a parte è riservato al settore antincendio: dopo un’estate terribile, in cui assieme alle fiamme si sono palesate croniche carenze a livello di mezzi e di personale (fino al concorso per 46 agenti finito nell’occhio del ciclone), Schifani ha pensato di pompare 200 milioni di euro per la prevenzione e il rafforzamento del servizio aereo (andrebbero sostituiti pure i droni di Musumeci), obbligando i comuni a riservare una parte dei finanziamenti in conto capitale per la pulizia dei terreni.
Ma anche il settore della cultura fa festa. Per “Agrigento Capitale italiana della cultura 2025” verranno stanziati in totale 10 milioni (in due anni) per far fronte alle spese per le attività di promozione del territorio e per l’organizzazione degli eventi a supporto dell’iniziativa. Un milione per il 2024 alle iniziative connesse al riconoscimento della Sicilia come “Regione europea della gastronomia 2025” e altri 2 milioni nel 2025. Stanziati altri 330 mila euro di contributi per le iniziative del Museo “Falcone e Borsellino”. La dotazione del Furs, Fondo unico regionale per gli spettacoli, passa da 5,3 milioni a 6,8 milioni. Per la gioia dell’assessore Amata. Scopriremo strada facendo, invece, le risorse investite per il turismo, un settore strategico che negli anni s’è trasformato in ricettacolo d’interessi particolari. L’unica certezza la sbandierano i Cinque Stelle: “Sembra esserci un buco enorme – dice il capogruppo all’Ars, Antonio De Luca – una voragine direi: mancherebbe la sanità, che a nostro avviso doveva essere il settore su cui impernare la manovra, visto lo stato quasi catatonico in cui versa, con medici in fuga verso il privato, reparti all’osso, liste d’attese infinte e pronto soccorso sull’orlo del collasso”.
Anche i precari potranno bearsi dell’interesse del governo: gli Asu, che un paio d’anni fa avevano ricevuto promesse di stabilizzazione, verranno portati a 36 ore settimanali grazie a un tesoretto da 56 milioni. Mentre la prima fetta, da mille dipendenti, del bacino degli ex Pip verrà stabilizzato (con il transito alla Resais). Questi sono interventi determinati sotto il profilo elettorale, quasi quanto le mance che verranno calate man mano nella manovra. A meno che non succeda il miracolo e che Schifani, gli assessori e i 70 deputati riescano ad estirpare una piaga atavica che non foraggia lo sviluppo ma solo il clientelismo. Sarebbe un bel segnale di riscossa da parte della politica. Gli si potrebbe perdonare persino un anno trascorso a rimuginare (solo) su poltrone e incarichi.