A Palermo c’è una cosa che funziona: la Gesap. La società di gestione dell’aeroporto Falcone-Borsellino, nei giorni scorsi, ha comunicato di aver raggiunto, a fine ottobre, lo stesso numero di passeggeri (oltre 7 milioni) dell’intero 2022, che già era stata un’annata da record. Lo scalo, secondo alcune stime, varrebbe circa mezzo miliardo e farebbe gola agli investitori di mezzo mondo. Ma a segnare una linea di demarcazione fra la realtà (entusiasmante) e l’orizzonte (deprimente), sono le parole dell’amministratore delegato Vito Riggio, già a capo dell’Enac: “Concludo i lavori e i bilanci e il 18 marzo vado via, vi do il tempo di trovare un manager giovane anche se pagarlo 40 mila euro lordi non aiuta, io infatti l’ho fatto gratis”.
Riggio se ne va, e Gesap – in cui la Regione entra attraverso la Camera di Commercio – rischia di dover ripartire da zero. Anche il direttore generale Natale Chieppa, apostrofato in malo modo da Schifani quando osò opporsi all’arrivo incondizionato dei voli dirottati da Catania (durante l’estate nera di Fontanarossa), farà le valigie a fine anno. Pur collezionando risultati stratosferici, Punta Raisi ha un futuro segnato dall’incertezza. Col rischio harakiri dietro l’angolo e alcune zone d’ombra – vedi il ruolo di Paolo Corona, country manager di Aeroitalia – da chiarire.
L’attuale gestione ha avanzato una serie di proposte e un piano di sviluppo quadriennale che si fonda su una base d’investimenti molto solida (68 milioni di euro), utile ad accompagnare l’aumento del traffico passeggeri. Che sarebbe certamente più sostenibile potendo intercettare gli investimenti di eventuali soci privati. Ne ha parlato Riggio, ne ha parlato Chieppa, ma al netto dei tecnicismi – su cui è inutile addentrarsi – sorprende che le buone idee non possano continuare a camminare, perché è “giunta l’ora”. Perché la politica non segue i tempi della governance e ancora si barcamena in mille problematiche che tendono a sviare le questioni importanti. E non è solo la mancata difesa di Riggio, col quale la scorsa estate rischiava di consumarsi uno strappo prematuro.
E’ la puzza di fritto che proviene da Palazzo d’Orleans a inibire le idee (quelle buone) e impedire che attecchiscano. Nessuna incentivazione, nessuna spinta. Mentre Schifani si preoccupa dell’arrivo di un magnate per una festa di compleanno al Politeama, e non chiarisce i rapporti con Corona (finiti nell’inchiesta giornalistica de ‘La Sicilia’), sulla politica aeroportuale siamo fermi all’abc: un’azione di contrasto al caro-voli (mal riuscita), l’autoconservazione della Sac di Catania e gli interrogativi su quante società di gestione siano utili (per il ministro ed ex governatore Musumeci una basta e avanza). Dietro le questioni appena enunciate, non c’è un programma a lunga scadenza, ma l’esigenza vitale (per la politica) di poter garantire assunzioni, consulenze, potere. E così accade che se qualcosa funziona, viene azzoppata. Di proposito o di riflesso non importa. E’ quello che accadrà a Gesap, con buona pace dei record.