Un blitz di ‘Report’ fa scoppiare un caso nella giunta regionale . Nuccia Albano, che guida l’assessorato alla Famiglia e alle politiche sociali, è figlia del defunto capomafia di Borgetto, Domenico. Alla domanda pronunciata dall’inviata della trasmissione tv, Albano, deputata regionale della Democrazia cristiana di Cuffaro, ha replicato così: “Non posso rinnegare mio padre. Ero soltanto una bambina, di questi fatti ne sono venuta a conoscenza da grande. Non rinnego la storia di mio padre, non ha avuto nessuna refluenza: né su di me né sulla mia famiglia”. E ancora, rivolgendosi alla cronista, Albano ha concluso: “Volete buttare ombre sulla mia vita? Tutto questo ha un rilievo pubblico? Sarei mafiosa?”.
Il primo ad andare all’attacco, chiedendo le dimissioni di Albano o un intervento diretto da parte di Schifani, è stato il deputato di Sud chiama Nord, Ismaele La Vardera, seguito a ruota dal suo leader, Cateno De Luca. “È normale che l’assessore Albano, avendo quel padre così scomodo, non ne abbia mai preso le distanze in pubblico, per rivendicarne una netta contrapposizione? – è la domanda di La Vardera – Renato Schifani sa che un suo assessore è la figlia di un boss?”. Anche il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, non ha esitato un attimo: “Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, ma da chi è chiamato a rappresentare la Sicilia – ha detto – non possiamo accettare zone d’ombra. Se umanamente possiamo capire i sentimenti di una figlia non possiamo, però, accettare parole ambigue da parte dell’assessora. Riteniamo moralmente grave quanto avvenuto e auspichiamo un intervento rapido del presidente Schifani affinché rimuova l’Albano. Non può esserci spazio in nessuna giunta di qualsiasi colore per chi non censura e si dissocia dalla storia più nera è orribile della Sicilia”.
Da parte sua l’assessore Albano ha provato a chiarire i contorni della vicenda in una nota: “Stamattina, mentre stavo partecipando, in qualità di assessore alla Famiglia, alla Commissione antimafia convocata presso la scuola Sperone-Pertini a Palermo, sono stata ‘violentata’ da una giornalista di Report che mi ha sottoposto ad una raffica di domande su mio padre. Premetto che è morto 60 anni fa, quando io ne avevo 10. Ho saputo, solo quando sono diventata grande, che aveva avuto problemi con la giustizia e che era stato in carcere. Ho di lui il ricordo di una bambina innamorata del proprio papà e da lui adorata – continua -. Sono stata a studiare in collegio dalle suore dall’età di 9 anni e lì ho saputo della morte di mio padre, avvenuta in ospedale, poi, da grande, sono venuta a conoscenza che era stato in detenzione”.
“Lo ribadisco con il cuore di una figlia che non è cresciuta con il proprio papà – ha detto ancora la Albano – non lo rinnego come padre, e non vedo come una figlia potrebbe rinnegarlo, ma la mia scelta di vita ha sempre preso le distanze dal fenomeno della mafia. Solo perché presa dalla concitazione per l’agguato, tesomi dalla giornalista di Report, ho detto che non rinnego la storia di mio padre. Ma è chiaro che volevo dire che non rinnego mio padre. Ho sempre lavorato all’insegna della giustizia e della trasparenza, valori che ho trasmesso ai miei figli e ai miei nipoti”.