La notizia è che il proiettore del Cinema De Seta, a Palermo, si è scassato per il troppo caldo. In realtà è una non-notizia perché il proiettore del Cinema De Seta, a Palermo, è scassato quasi sempre. Funziona a giorni alterni, un giorno sì (pare anche male) e un giorno no. Ci scusiamo con i gentili spettatori per il disagio. Il proiettore stavolta si è scassato quando in programma c’era un film del regista cui la sala è intitolata. Guarda tu l’impudenza. L’ultima volta al De Seta su sette “corti” del Queer Film Fest (su quello schermo ospitato) se ne poterono far vedere soltanto tre. Ci scusiamo con i gentili spettatori per il disagio.
Quando l’aveva in gestione Franco Maresco con la sua associazione Lumpen (ma gestione è una parola che sta al cinema De Seta come la spesa al Conad sta alla metafisica) mise dei soldi egli stesso per poter far funzionare al meglio il proiettore. Ma la storia si ripete sempre, uguale, corsi e ricorsi e proiettore scassato. Ci scusiamo per il disagio con i gentili spettatori. Il cinema De Seta è lo specchio Lumière dei Cantieri Culturali alla Zisa, doveva essere il gioiellino cinematografico d’essai della pubblica amministrazione visto che a due passi c’è anche la sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia in quegli stessi Cantieri accolta. Ma è come se fosse una terra di nessuno e nessuno se ne occupa. Specie del proiettore sempre scassato. Ci scusiamo con gentili spettatori per il disagio.
Nessuno ha potuto far nulla per il cinema De Seta, gran parte dei 365 giorni dell’anno chiuso con le poltrone a impolverarsi. Giunte comunali – progressiste e non – lo hanno benevolmente concesso per rassegne, festival, retrospettive ma, diciamoci la verità, con quel proiettore sempre scassato (ci scusiamo etc. etc.) quella sala ha anche perso di credibilità. Poteva essere un belletto per farsi belli (orlandiani, cammaratiani, lagalliani) lo hanno ridotto a una di quelle ciprie che si trasformavano in arido terriccio roseo nei portaciprie di mammà quando mammà ne trovava una migliore. Dopo gli ultimi alti lai dell’altra sera, il Comune dice che non può farsene carico e invita a prendersene cura il Centro Sperimentale (magari avranno fatto un pensierino anche all’Autorità Portuale e al suo fattivo pragmatismo, hai visto mai lo schermo trapezoidale?), la Regione promette di voler partecipare al 50% all’acquisto di un nuovo proiettore per evitare ulteriori disagi per i quali doversi poi scusare con i gentili spettatori ma nessuno si propone per il restante 50%. Un po’ come i Cantieri tutti, affidati per gran parte di piccole e grandi rogne alla buona volontà di chi ci “abita”.
La rivoluzione epocale dell’amministrazione comunale era quella di cambiargli nome, ai Cantieri, di chiamarli Cantieri Ducrot al posto di Cantieri Culturali alla Zisa, una di quelle “finte” per gettare un po’ di fumo negli occhi della gente e per seppellire fantasmi orlandiani ancora lì vagolanti, una delle finte rivoluzioni del centrodestra tassidermico. Intanto il cinema De Seta sta lì, quasi sempre chiuso, quasi sempre con quella lampada di proiettore “off”, quasi sempre a scusarsi con i gentili spettatori per il disagio. Verrebbe da dire – a definitivo e forse più dignitoso epitaffio – con una frase di Gregorio Napoli che era uno che di cinema ne masticava: “Il De Seta? Non esiste!”.