Dalla campagna acquisti di Palermo – il calcio non c’entra nulla – potrebbero sorgere nuovi problemi di tenuta per Renato Schifani. E stavolta c’entra solo in parte la smania di chiedere il rimpasto a Lagalla e sostituire un paio di assessori nominati in prima battuta (Mineo, appena transitato in FdI, e Rosi Pennino). C’entra soprattutto la rivalità, forte e sempre più accanita, fra i Gracchi che il presidente ha “adottato” per diventare invincibile: Salvini e Cuffaro. La Lega e la Dc si sopportano a fatica e proprio a Palermo, dove il sindaco ha cominciato le consultazioni per fare un piacere a Forza Italia, tutte le tensioni sono risalite a galla. Alimentate da una premessa: il furto di un consigliere del Carroccio da parte della Democrazia Cristiana.
L’adesione di Salvatore Di Maggio, è questo il nome di uno dei tanti voltagabbana dell’ultima ora, assieme a Giovanna Rappa, fuoriuscita dalla civica ‘Lavoriamo per Palermo’, hanno fatto schizzare il numero dei consiglieri in quota Dc: da tre a cinque. Per questo, dato che il rimpasto s’ha da fare, i cuffariani sono alla ricerca di un’altra poltrona nell’esecutivo. “La sostituzione di alcuni assessori è certamente un tema che riguarda tutta la coalizione anche perché, per noi, è necessario e dirimente che vengano rispettati i nuovi equilibri d’aula”, ha detto il capogruppo Domenico Bonanno. Ovviamente a scapito della Lega, scesa da tre a due consiglieri, che in giunta esprime l’assessore allo Sport Sabrina Figuccia.
Sono piccoli equilibri locali che rischiano di far saltare il banco. Di incrinare un rapporto (nato logoro) fra alleati, ma soprattutto di far traballare la leadership di Schifani che ormai – lo testimonia il furore di Fratelli d’Italia – non è più il leader carismatico di un anno fa, quello in grado di dettare le regole e, soprattutto, di farle rispettare. Il problemuccio fra Lega e Dc assume un’altra enfasi alla luce del riposizionamento recente del governatore siciliano: che ha trovato in Salvini l’alleato perfetto per cercare di risucchiare qualche voto alla Meloni, e scostarsene in modo significativo su alcuni temi (a partire dalla gestione degli aeroporti); e ha individuato in Cuffaro una sorta di alleato ideale in vista delle prossime Europee, quando Totò – reduce da una cavalcata per certi versi impensabile – potrà toccare il cielo con un dito (conquistando un seggio a Strasburgo e consentendo alla lista di Forza Italia di restare sopra il 10 per cento).
Ma come detto il rapporto fra Lega e Dc risente di reciproche antipatie. Fosse per Cuffaro e Sammartino, che ha preso le redini del Carroccio (informalmente) da qualche mese, non ci sarebbero problemi: anzi l’ex governatore era stato l’ultimo a cedere sulla candidatura di Valeria Sudano a sindaco di Catania, mentre l’assessore all’Agricoltura ha già accettato l’invito alla Festa dell’Amicizia organizzata dalla Dc a Ribera dal 5 al 7 ottobre. Più distensione di così… Ma la crepa più sanguinosa è quella fra Annalisa Tardino, attuale segretaria regionale del Carroccio, e Francesca Donato, vicepresidente nazionale della Democrazia Cristiana che vorrebbe staccare un altro pass per l’Europarlamento: peccato che dopo l’elezione nel 2019 in quota Lega (proprio assieme alla Tardino) consumò uno strappo dolorosissimo con Salvini. Una premessa che ha vanificato qualsiasi tentativo di dialogo: “Nulla contro il presidente Cuffaro – disse Tardino alla vigilia di Ferragosto, intervistata da Blog Sicilia – ma non mi pare che le nostre battaglie identitarie siano condivise. Ciò ci porta ad escludere alleanze”. E’ scontato che la convergenza fra Dc e Forza Italia finirebbe per togliere voti al Carroccio, facendo crollare le possibilità di confermare almeno un seggio.
Sulle vicende palermitane di questi giorni, ancora una volta, è emerso tutto il malumore della leghista. Che ricalca in parte anche il rimbrotto di Fratelli d’Italia: “I cambi di casacca non sono un danno ai partiti ma alla credibilità della politica – ha detto la Tardino a Live Sicilia -. Se la Dc fa campagna acquisti a danno della Lega non fa un’operazione utile al territorio, ma dimostra solo la politica di chi speriamo non sia più votato dai cittadini. Io sono una sostenitrice del vincolo di mandato perché se vieni votato in una lista è perché si presuppone che porterai avanti il programma politico del partito che ti ha candidato: se vai altrove non tradisci il partito ma i cittadini”.
E secondo alcuni addetti ai lavori, la pressione della Dc per avere un secondo assessorato – considerati i fragilissimi equilibri tra Forza Italia e Fratelli d’Italia – rischia di determinare l’uscita della Lega dalla giunta Lagalla. Specie se il consigliere Anello, che aspira a diventare assessore al posto della Figuccia, decidesse di transitare sull’altra sponda del fiume. Sarebbe un guaio bello grosso non solo per il sindaco, che è già rimasto invischiato nel giochino dei contrappesi; ma anche per il presidente della Regione, che dovrebbe essere garante e invece si rivelerebbe non all’altezza del compito. Schifani ha puntato sui due “cavalli” che potessero garantirgli potere, consensi e stabilità. S’è costruito una corazza per resistere all’assalto dei meloniani. Ha deciso scientemente a chi affidarsi. Ma Salvini e Cuffaro, per interposta persona, sono già in competizione. E Schifani rischia di diventare “il mezzo” di cui approfittarsi per regolare i loro conti. Alla faccia del buon governo.