E’ solo settembre, ma sembra già campagna elettorale. Stabilito che la soglia di sbarramento resta fissa al 4 per cento, i protagonisti della politica si organizzano per le Europee. E la Sicilia è già molto avanti. Le nomine della sanità e la reintroduzione delle province rappresentano i principali asset – almeno per il centrodestra – per presentarsi alla contesa elettorale con una buona dose di consenso. Ma anche nel resto del panorama politico si macina: Cateno De Luca si candida alle suppletive di Monza e, dopo aver scartato il “matrimonio d’interesse” con Renzi e Calenda, propone un simpatico siparietto con Clemente Mastella; a Palermo il sindaco Lagalla si concede a Italia Viva, pur essendo il leader di una coalizione spostata a destra.
Ad anticipare gli equilibri futuri (Schifani ha già proposto un cartello elettorale dei moderati, Lombardo e Cuffaro sembrano starci) sono soprattutto le decisioni di oggi. E poco importa che il governo non abbia partorito una riforma e che sia nullo sotto il profilo amministrativo. Il principale passatempo è convocare vertici e discutere di nomine. Le più importanti vanno effettuate entro il mese prossimo e riguardano i manager della sanità. E’ questa la vera battaglia campale. Diciotto poltrone ambitissime, dove i partiti piazzeranno la loro bandierina. Manuale Cencelli alla mano. Vi hanno detto che i nuovi direttori generali saranno scelti sulla base dell’esperienza e della competenza (parole di Marcello Caruso, commissario regionale di FI) ma soprattutto di un colloquio, affidato al giudizio di una commissione, che si è celebrato nel luglio scorso.
Nessuno ha il coraggio di ammettere – però lo sanno tutti – che i nomi verranno individuati dalla politica sulla base di un pre-requisito assoluto: quello dell’appartenenza. Già da settimane, come riportato dai giornali, esiste uno schema dalla copertina più o meno flessibile: che indica la spartizione dei feudi. Sei manager a Fratelli d’Italia, sei a Forza Italia, due a testa per Lega, Dc e Autonomisti. Diciotto in tutto. Ma in queste ore, oltre a stabilire la collocazione geografica dei ‘preferiti’, si cercano pesi e contrappesi: non esistono soltanto i direttori generali, ma anche i direttori sanitari e amministrativi, che potranno rimediare a eventuali sbilanciamenti nell’una o nell’altra direzione.
Ovviamente i criteri della spartizione lasciano il tempo che trovano. Fratelli d’Italia, che nell’ultimo periodo stenta a fidarsi di Schifani, guarda con sospetto all’asse consolidato fra il presidente della Regione e Totò Cuffaro e, come suggerisce il Giornale di Sicilia, i patrioti avrebbero convinto il capogruppo all’Ars, Giorgio Assenza, a mettere in chiaro alcune cose: “Ci sono partiti che non possono avere lo stesso peso specifico di Fratelli d’Italia”. Una dichiarazione che è utile a scoprire le carte (non più di tanto, per la verità): si tratta di nomine politiche. Un’affermazione che getta nello sconforto il buon Marcello Caruso, cui Schifani – al termine della riunione di lunedì scorso – aveva consegnato le vesti del pompiere: “Leggo con stupore di presunti disaccordi all’interno della maggioranza in merito alle nomine dei vertici delle aziende sanitarie siciliane – aveva detto Caruso, che ingenuo! – Sono stupito perché dell’argomento non si è nemmeno discusso nel corso dell’incontro fra i segretari dei partiti di maggioranza e perché per sua natura e per scelta politica del Presidente della Regione questo argomento è fra quelli dove gli unici criteri di riferimento sono quelli della competenza e dell’esperienza. Su questi criteri – ha continuato – si baserà la scelta del Presidente e della Giunta, nei tempi già stabiliti e cioè entro la fine di ottobre”. Concetto ribadito ieri da Totò Cuffaro: “L’unico interesse della politica deve essere quello di far sì che i migliori direttori generali possano guidare le Aziende Sanitarie (…) La DC ha il solo interesse a dare alla sanità siciliana il meglio della governance possibile”.
Assenza li ha sconfessati entrambi. Ma c’è anche un altro fattore che ha messo in fibrillazione il governo e l’assessore Giovanna Volo. Cioè la necessità di ricondurre nell’alveo delle certezze giuridiche e amministrative la suddivisione in due elenchi, operata dalla commissione: gli “idonei” e i “maggiormente idonei”. Schifani all’epoca disse di non saperne nulla. Gli Autonomisti di Lombardo si opposero fermamente, e in commissione Salute, all’Assemblea regionale, si decise di dar seguito alla richiesta del Mpa: eliminare le sfumature e procedere, come da bando, a un unico elenco di “idonei”. Tutti d’accordo? Macché. A distanza di settimana Fratelli d’Italia ha rialzato la cresta: “C’è una griglia di manager che ha superato la selezione raggiungendo il giudizio di maggiormente idonei, non si capisce perché si debba allargare di nuovo la platea dei papabili – ha contestato Assenza -. Si può al massimo valutare qualche caso eccezionale”. Tra i partiti della maggioranza non c’è neppure l’accordo su come procedere – quello di Lombardo non sarà indulgente – e in mancanza di questo (Caruso se ne faccia una ragione) le decisioni restano appese a un filo. Non sono escluse sorprese, tra cui una proroga degli attuali commissari.
I partiti, di certo, non moriranno di inappetenza. Potranno iniziare a consolarsi con la nomina dei commissari dei Consorzi universitari, poi proseguire con quelli delle ex province (la Cassazione, di recente, ha stoppato le proroghe, mentre l’Ars ha imposto che l’incarico può essere ricoperto solo da funzionari regionali), e infine dirottare la propria attenzione verso l’altro tema non più procrastinabile: la reintroduzione dell’elezione diretta e di circa 300 poltrone negli enti d’area vasta. Un passatempo gustoso, che anche in questo caso necessità del giusto compromesso (sulla data del voto).
E’ l’universo delle nomine a drenare, togliere o veicolare il consenso. A determinare gli umori. A ingrassare le clientele. Basti un esempio per tutti. L’Asp di Palermo, come racconta Repubblica, gestisce 1,9 miliardi di euro l’anno e più di seimila dipendenti. Per accaparrarsi un fortino del genere (conteso da FdI e Forza Italia) si è disposti a fare follie e rimettere in discussione i rapporti di forza. Il Movimento 5 Stelle, anche se non basterà, si dice pronto a vigilare: “Lo spettacolo indecente che sta caratterizzando in queste ore la spartizione delle poltrone tra i partiti che sostengono Schifani – dice il capogruppo Antonio De Luca – è a dir poco indecente, specie se si considera che ciò avviene mentre il sistema sta praticamente collassando, con i pronto soccorso alla canna del gas e le liste di attesa interminabili. Ai partiti diciamo però una cosa: occhio alle nomine, all’Ars non faremo sconti sui curricula e sulle competenze. Sappiamo che il parere della commissione non è vincolante sulle scelte, però siamo pronti a denunciare pubblicamente la minima stortura. La salute dei cittadini va messa nelle mani solo di chi è più competente, non di chi ha più santi in Paradiso”.
Di queste trattative non beneficerà l’Ars – ferma al palo – tanto meno i cittadini siciliani. Ma sono carne al fuoco per il momento più sentito: la campagna elettorale. Il risultato delle Europee non potrà non incidere sugli equilibri di governo, potrebbe rilanciare vecchie questioni (il rimpasto?) e determinare nuovi schemi nella maggioranza e all’interno dei partiti. Ecco perché nessuno si sogna di prenderla sotto gamba. La Sicilia può aspettare, la campagna elettorale no.