Ma quante novità da questo vertice del centrodestra. Più che un calumet della pace – la coalizione e Fratelli d’Italia litigano da un’estate intera – si è trasformato nell’esibizione del nulla. Nel non-luogo per eccellenza dove la politica siciliana matura le proprie decisioni. Più che maturare, rinvia. E’ stato rinviato l’appuntamento con le nomine della sanità: guai a parlarne in un clima di reciproca diffidenza, e poco importa che i commissari delle Asp vadano in scadenza il 31 ottobre. E’ stata rinviata la decisione sulla data del voto per le prossime provinciali; e persino le nomine dei nove Consorzi universitari. Anche il restyling della giunta, sempre che si faccia, è slittato all’estate prossima. Addirittura dopo le Europee. Insomma, i leader dei partiti della coalizione, persino quelli senza rappresentanza all’Ars, si sono visti per niente.

O meglio: sembra che l’unico obiettivo del convitato di pietra, Renato Schifani, sia stato quello di far credere al buon Marcello Caruso che conti qualcosa. E’ stato il commissario regionale di Forza Italia, ed ex commissario di Italia Viva a Palermo, a organizzare il vertice e fissare gli obiettivi: cioè “organizzare al meglio il nostro lavoro comune dei prossimi mesi, per proseguire nel lavoro di realizzazione del programma elettorale del Presidente Schifani”. E’ stato Marcello Caruso a spedire gli inviti e stabilire il luogo d’incontro: non più Palazzo d’Orleans, come si è sempre fatto nell’era Schifani, bensì una sede di partito. Quella di Forza Italia. Svezzato dal suo presidente, s’è deciso a dare le carte. Riverdendo i rapporti con gli altri dirigenti di partito, ma non sconfinando oltre le proprie competenze. Cercate, in giro, fra le note consegnate ai giornali: leggerete ovunque che non c’era nulla di istituzionale. Ergo: non c’è (e non c’era) nulla da decidere.

Provate a immaginare Caruso, capo di gabinetto e fedelissimo di Schifani, entrare in una stanza e prendere decisioni al posto del suo “capo”. Apriti cielo. Si sarebbe sottoposto a una trafila che neanche la peggio burocrazia. Gli sarebbe toccato tornare da Schifani e riscrivere le regole del gioco, sottoponendosi agli umori e alle convinzioni del presidente della Regione, solitamente poco avvezzo a delegare. Immaginate anche solo per un istante se Caruso potesse dire una parola sul galleggiamento dei Liberi Consorzi dei Comuni fino alle prossime elezioni provinciali: l’ha preceduto l’Ars, che alla vigilia della pausa estiva, ha disposto che i prossimi commissari saranno funzionari regionali (e basta). Per altro, il tema delle ex province – su cui gli alleati si ritrovano in simbiosi – è diventato parecchio spinoso: la proposta di legge esitata prima dell’estate finirà in commissione Bilancio per trovare le coperture finanziarie, poi bisognerà attendere che Roma si pronunci sull’abrogazione della Delrio. Solo allora potrà ricominciare l’iter a Palazzo dei Normanni, fino a fissare la data delle elezioni (dove FdI e il resto dei partiti confliggono). Nel frattempo tocca alla politica individuare i commissari che dovranno trainare il carro, nonostante il pronunciamento della Consulta vieti espressamente di ricorrere alla pratica. Chissene.

Immaginate se Caruso possa mettere bocca sulle nomine dei manager della sanità, che hanno già scatenato la caccia alle streghe. La pubblicazione – non autorizzata – dell’elenco dei “maggiormente idonei” ha fatto scattare sulla sedia gli Autonomisti e bloccato le velleità di certuni (innominabili). Che decisione potrà mai prendere un vertice di maggioranza, condotto da un “reggente”, che non spetti invece al governatore tuttofare? Persino sui termovalorizzatori si è preso tempo: quanti ne sorgeranno? E dove? Dopo le continue frenate da parte dell’assessore Di Mauro, che nell’ultimo periodo sembra rientrato fra le grazie di Schifani, volete che sia Caruso, o quelli di Noi Moderati (che non hanno neppure un deputato all’Ars), a decidere sulla chiusura del ciclo dei rifiuti? Sugli inceneritori bisogna prima attendere i “poteri speciali” da Roma.

Insomma, la lettura ex post di questo agognato vertice conferma la prima versione: era tutto inutile. E’ stato un vano tentativo di Schifani per accreditare la sua “ombra”, per fargli credere che – almeno una volta l’anno – ha il potere di comandare, di fare e di disfare, di camminare da solo. Ma di non essere seguito da nessuno: dopo un paio d’ore in cui è parso impossibile (agli alleati) accaparrarsi una nomina, un risultato o anche soltanto una promessa, se ne sono andati via tutti. Nemmeno una nota stampa per dire che era filato tutto liscio. Tutti al mare, per l’ultimo bagno.