Le province? Non le rivogliono soltanto in Sicilia. Mentre la Regione ha avviato le pratiche per il ritorno dell’elezione diretta – l’iter ha già superato il vaglio della commissione Affari istituzionali all’Ars – anche a livello nazionale si muove qualcosa. E’ Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e vicepremier, a lanciare una ciambella di salvataggio a Schifani, fin qui il governatore più accanito per il ripristino degli enti d’area vasta: “Mi chiedono di reintrodurre le Province. Io da segretario della Lega ne sono straconvinto”, ha detto.
Salvini sa, o forse non sa, che il ritorno delle province, in Sicilia, garantirebbe l’ampliamento del numero di poltrone a disposizione della casta (circa 300) e un posto al sole anche per i trombati. La narrazione, però, è un’altra: “Le Province servono per scuole e strade ed è una battaglia che spero di portare al successo. Bisogna tornare all’elezione diretta, con le competenze, la scelta diretta dei cittadini e i soldi perché altrimenti strade provinciali e scuole superiori, che devono essere gestite dalle Province, senza soldi e senza personale non hanno manutenzione”.
Ok, tutto in regola. Ma perché tanto accanimento da parte della Sicilia? La reintroduzione dell’elezione diretta, che dovrà essere completata da un passaggio in commissione Bilancio e, infine, dall’approvazione dell’aula, necessita di un’azione di supporto da parte del governo nazionale, che nel frattempo dovrebbe abrogare la riforma Delrio: è l’unico modo per non incorrere nel rischio di incostituzionalità. E quindi, sì, l’obiettivo (anche) anche di Salvini è chiaro: “Se tornassero già nel 2024 – ha risposto il ministro ai giornalisti – sarebbe segnale di efficienza”.
Con questo passaggio Salvini conquisterebbe una volta per tutte la palma di “ministro del cuore” per il governatore siciliano, che l’ha riempito di lodi sul caso Fontanarossa. E soprattutto per non aver speso una parola o una critica sulla gestione dell’emergenza da parte di Sac. Altro che Urso.