“In me c’è molto disincanto, ma la passione politica non si cancella. Se serve, la metto a disposizione. Ma non mi esporrei per aiutare uno piuttosto che un altro a gestire una botteguccia di famiglia. Proprio non mi ci ritrovo”. Firmato Mirello Crisafulli, un piddino deluso. E al momento fuori dai giochi. Sembra, soffermandosi sulle sue parole, che l’ex deputato regionale di Enna (fu anche deputato e senatore della Repubblica), 67 anni, all’indomani della battaglia persa con la corrente renziana nella sua città (correva l’anno 2015), non abbia più voglia di intervenire negli affaracci interni del Partito Democratico.

Disincanto, nel corso dell’intervista, è una parola che ritorna spesso. Che spiega lo smarrimento, la velata rassegnazione per un partito che Crisafulli ha visto nascere, crescere e (quasi) suicidarsi. Il renzismo non gli è andato giù e quando accenni alla Leopolda – organizzata da Davide Faraone a Palermo il 5-6 ottobre – Crisafulli diventa un fiume in piena: “Oh, quante idee… Loro ne hanno tantissime di idee. Anziché aiutare il partito a fare le cose che servono, fanno le Leopolde. Per sancire che sono una cosa separata dal partito. Ma le pare normale?”.

Non rappresenta un contributo alla dialettica e al Mezzogiorno?

“Rappresenta il rincoglionimento dei gruppi dirigenti. Come quelli che chiedono a me di fare una manifestazione d’area. Io manifestazioni d’area non ne faccio. Potrei partecipare a una conferenza su 3-4 temi che ritengo possano servire, ma solo se a promuoverla è il Partito Democratico, con la sua struttura. ‘Sta cosa che un lato c’è l’intelligenza e dall’altra la manovalanza è ridicola”.

Quindi siamo certi che non ci andrà…

“Quando ero ragazzo c’era il partito comunista inglese che faceva dei trattati bellissimi sull’azione politica da attuare. Ma rimanevano trattati. E così sono le Leopolde: sono trattati che non hanno gambe per camminare. Io non ci andrò. Faccio cose molto più interessanti della Leopolda”.

Sono le correnti ad aver danneggiato il Pd?

“Non ci sono dubbi. Le correnti sono l’aspetto deteriore. Specialmente per chi ha la mia storia. Io non sono mai stato abituato a vivere all’interno di correnti strutturate, organizzate e funzionali. Queste dovrebbero fornire un contributo politico all’azione del partito, invece si rivelano una sorta di codificazione dell’esistenza in vita di punti di vista. Così non funziona. Io, ad esempio, non ho mai condiviso le posizioni dell’ex segretario nazionale. Ma, ad esempio, fui d’accordo quando si cercò di inaugurare la stagione delle riforme. Ci sono cose che un partito deve poter fare, altrimenti si crea solo disgregazione”.

Quali sono stati gli errori di Renzi?

“Negli ultimi anni, stando sul territorio, ci siamo resi conto del clima di ostilità verso l’azione del partito, del governo e dell’ex segretario. Il quale non ha mai tenuto conto di un appunto o di una critica. Renzi è un presuntuoso, che crede di sapere tutto. Mentre tutti gli altri facevamo polemiche strumentali. Ma io volevo solo dare un contributo. Prenda il Meridione: non è mai contato niente nelle azioni del governo di centro-sinistra. Non appena lo facevamo notare, ci sentivamo rispondere che eravamo fastidiosi. Il risultato è che la gente ha riempito di voti i 5 Stelle”.

Come valuta, quindi, il riappropriarsi della scena da parte dell’ex segretario?

“La sua presenza è deleteria e stroncante per lo sviluppo dell’azione politica del partito. Non possiamo costruirci i recinti attorno e non parlare con nessuno. Né col centrodestra, né coi 5 Stelle, fra un po’ neanche in famiglia… Questo è un atteggiamento di supponenza che non si capisce. La politica è l’arte del possibile, dell’aggregazione e della costruzione. Non l’arte delle censure”.

Orfini si è spinto oltre: ha detto che forse questo Pd sarebbe meglio scioglierlo

“Un capolavoro. Come se Agnelli dicesse di chiudere la Fiat. E’ una dichiarazione ridicola. E’ ridicolo che presidente del partito possa offrire queste argomentazioni al dibattito generale. Il partito è un partito e non può essere governato in questo modo”.

L’unico candidato ufficiale alle primarie al momento è Zingaretti. Le piace?

“Queste chiacchiere inutili non mi appassionano. Il Pd dovrebbe trovare la soluzione più coinvolgente, non la più forzata. Il problema non è mettere assieme un gruppo per vincere le primarie, ma mettere assieme intelligenze per farlo crescere. Questo modo di scegliere il partito attraverso le primarie non lo trovo serio. Non è questo il metodo. Il segretario si sceglie facendo le valutazioni migliori nel momento dato. Non creando ulteriori contrapposizioni”.

La situazione del partito in Sicilia. Il segretario uscente, e dimissionario fra l’altro, non si ricandiderà

“Io penso che in Sicilia bisogna fare una grande operazione: mettere assieme un gruppo dirigente largo e fare un patto fra siciliani, a prescindere dalle collocazioni renziane, martiniane, zingarettiane… Questi personaggi usano il consenso siciliano ai fini della battaglia politica interna nazionale”.

Come ci si riappropria di un elettorato deluso?

“Partendo dai valori e dai temi”.

Quali?

“Per me sono essenzialmente due: il lavoro e il Mezzogiorno. Noi nel Meridione paghiamo un sostanziale abbandono da parte della politica. La sanità non funziona, il lavoro non si trova, la scuola è a brandelli. Siamo impegnati a perdere tutti i contatti possibili con la società civile. Questo è il grande sforzo compiuto dai nostri governanti…”

Come ha operato fin qui il governo Musumeci?

“Sul piano dell’apparenza c’è, sul piano della sostanza molto meno. Vorrei capire quali sono le vere leggi di riforma che si vogliono fare. Fin qui ho letto solo dichiarazioni e annunci: quando arriva la riforma sulla gestione dei rifiuti? Quando si provvederà a eleggere i presidenti di Provincia? Poco importa se in modo diretto o indiretto, si tratta di enti intermedi fondamentali, ma da cinque anni non c’è verso. E poi le grandi scelte strategiche come le infrastrutture, i collegamenti stradali, il piano aeroportuale. Anche qui c’è disimpegno e disincanto”.

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