Sembra averci preso gusto anche con l’inglese. Al rientro dal Burundi, il primo appuntamento ufficiale di Totò Cuffaro è stato un colpo da novanta: la presentazione di Carmelo Pullara come nuovo esponente della Democrazia Cristiana: “This is your home”. L’ex governatore ha trasformato la gaffe su Martin Luther King (“I am a drink”) in benzina per i social. Mentre la Dc sta assumendo le sembianze di quel partito “aperto, libero e plurale” che il suo (ri)fondatore ha sempre avuto in mente. “Carmelo è un amico di tutti noi, perché torna nella propria casa e perché siamo certi che sia un’importante risorsa per tutto il popolo siciliano – ha detto Cuffaro -. È una grandissima emozione per tutta la famiglia Dc e lo ringraziamo per questo importante passo che sancirà un rapporto continuativo di collaborazione e di cooperazione leale”.
Pullara non è uno qualunque: ex direttore del Civico di Palermo, alle ultime Regionali aveva ottenuto quasi 9 mila preferenze nel collegio di Agrigento, portando la Lega-Prima l’Italia a flirtare col 10 per cento. Ma il seggio non è scattato, perché nella lotta barbara interna al centrodestra, ha prevalso di qualche decimale il partito degli Autonomisti: una beffa. Pullara è stato un leghista poco convinto, ma da sempre baricentrico nelle questioni agrigentine. Nell’ultima parte della precedente legislatura (è stato deputato all’Ars) aveva fondato il movimento Onda; dopo il risultato elettorale si era defilato dalla scena, per ricomporre un quadro di salute non ottimale e “figlio del forte stress”, complici “le aggressioni giudiziarie – sostiene Pullara – subite nei 5 anni di parlamentare regionale tutte finite, diversamente non poteva essere, nel nulla al di là dei titoloni giornalistici, del terrorismo alimentato e pressione esercitata. Nessun rinvio a giudizio, nemmeno la richiesta dello stesso”.
Oggi è un uomo nuovo grazie a Cuffaro, che in questa fase della propria esperienza politica rappresenta una specie di cura rigenerante. Per i più giovani, che ha saputo coinvolgere nel rilancio della Dc; e per politici di vecchio stampo, che sembravano aver perso la speranza di un partito lontano dagli estremismi (di Salvini e Meloni). L’identikit di Pullara appartiene a questa seconda categoria e il prossimo approdo, manco a dirlo, sono le elezioni Europee. Cuffaro, che ha già dato ospitalità a Francesca Donato, va all’assalto di Bruxelles, ma è consapevole che non sarà facile raggiungere lo sbarramento del 4% a livello nazionale. Da solo, ovviamente, non può farcela. Da qui l’idea di aggregare un campo un po’ più largo, nel solco del Partito Popolare Europeo. Forza Italia difficilmente rinuncerà al simbolo, e l’ipotesi più accreditata è che Cuffaro chieda e ottenga ospitalità – anzi, un tappeto rosso – dal partito di Schifani. Molto più difficile, invece, un sigillo elettorale con la Lega: reso improbabile, peraltro, dalla contemporanea presenza di Tardino (Lega) e Donato (Dc) che all’ultimo giro erano state elette entrambe sotto il simbolo del Carroccio, prima che la paladina del progetto Eurexit rompesse con Salvini per il sostegno a Draghi.
Parimenti complicato, nonostante le assonanze, che Cuffaro possa correre in compagnia del Terzo Polo. Gli elogi nei confronti di Renzi, e l’amicizia personale con Davide Faraone, non sono traducibili in un accordo elettorale. Anche perché Italia Viva ha già dato la sua parola a Cateno De Luca, che con Cuffaro proprio non c’azzecca. Così come Carlo Calenda, che l’ha sempre trattato alla stregua di un reietto. “Il progetto di Cuffaro è quello di un centro alleato stabilmente con la destra, che non ha nulla a che fare col moderatismo”, ha sentenziato Faraone. E’ di queste ore, invece, l’evoluzione di un asse fra lo stesso Faraone e il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, che forse è stanco di subire le condizioni e i ricatti dei partiti – a partire dalle pressioni di Forza Italia per un restyling della giunta – e sembrerebbe intenzionato a creare un contenitore un po’ più personale e definito. Traendo spunto dalla lista ‘Lavoriamo per Palermo’, dove hanno trovato spazio numerosi renziani (è stata l’unica eccezione alla fanteria di destra che un anno fa sostenne l’ex rettore in campagna elettorale).
Il profilo rassicurante di Lagalla, unito a un’azione amministrativa fin qui decente, potrebbe rappresentare un richiamo per molti centristi che non si ritrovano nel patriottismo di Fratelli d’Italia, tanto meno nel nuovo corso di Forza Italia, un partito che attraversa una fase di profonda riflessione dopo la morte di Berlusconi e che in Sicilia, oltre a sembrare poco inclusivo, appare schiacciato su Schifani. Tra Lagalla e IV c’è una forte attrazione, anche se il sindaco per il momento gioca a carte coperte. E lo farà, probabilmente, finché non verrà detta l’ultima parola sulle elezioni provinciali, che potrebbero tenersi la prossima primavera. Magari in un election day con le Europee, se la reintroduzione delle elezioni di primo livello – perorata fra l’altro dalla DC – non incontrasse nuovi ostacoli a Roma. In quel caso Lagalla sarebbe tenuto a schierarsi, al fianco di Renzi e Calenda, per irrobustire il progetto centrista. La destinazione finale non sarebbe il PPE, ma l’area di Renew Europe.
Ma gli acronimi lasciano il tempo che trovano. In Sicilia tutto sembra convergere al centro. Anche De Luca, che col suo “matrimonio d’interessi” va alla ricerca smodata di un approdo in Europa. Senza tralasciare Lombardo, che non ha mai perso la scorza del leader e farà di tutto per dare un’ulteriore sterzata autonomista. Anche al parlamento di Strasburgo.