Da infelice a nerissima. E’ l’estate di Renato Schifani, che in queste ore sta facendo i conti con la tragica attualità del governo e dell’amministrazione. Materia da cui fin qui era rimasto alla larga. Alla summa dei dolori personali – la scottatura giudiziaria della famiglia La Russa e l’incoronazione di Tajani come segretario di Forza Italia – si sono aggiunti alcuni imprevisti che lo fanno vacillare: non da ultimo la soppressione di una norma del collegato bis, suggerita chissà da quale mente, che avrebbe affidato a professionisti esterni il censimento del patrimonio immobiliare della Regione per circa 300 mila euro (dopo che in passato, per la stessa causa, si erano bruciati oltre cento milioni).
A tenere sulle spine il governatore sono soprattutto due vicende: una, la più impellente, riguarda la crisi degli aeroporti siciliani a causa dell’incendio che domenica scorsa ha devastato un’area del Terminal A di Fontanarossa. Con conseguente chiusura dello scalo. La seconda incombenza, che potrebbe materializzarsi a settembre, è la minaccia di uno sciopero generale da parte dei dipendenti regionali, che la giunta non è riuscita a tenersi cari nemmeno assegnando il massimo punteggio nelle prevalutazioni della performance. Schifani deve districarsi in queste rogne, e non sembra possedere gli anticorpi necessari.
Capitolo aeroporti. Il terminal dell’aeroporto di Catania rimasto folgorato dai fumi, nerissimi, di domenica sera, potrebbe non riaprire prima del 25 luglio. Al momento si viaggia a scartamento ridotto: nello scalo da cui passano 10 milioni di passeggeri l’anno, sono ammessi due voli ogni ora. Il resto del traffico è stato dirottato su Palermo, Trapani e Comiso, con tutto ciò che ne consegue. Piccolo esempio illustrativo: Comiso, che fino a un paio di giorni fa sopravviveva con la piccola Aeroitalia, e un paio di voli al giorno, oggi ne deve gestire venticinque di media con tre gate aperti. Un calvario per la governance e per i passeggeri. Ma anche a Palermo si comincia a misurare un certo livello di tensione. E così la Gesap, una delle pochissime partecipate (del Comune in questo caso) che riesce a tenere i conti in ordine, ha sbottato: “Accetteremo venti voli ex Catania per giovedì 20 luglio, e nessuno da venerdì a domenica”. Parola del direttore generale Natale Chieppa, che poi ha motivato la serrata. “L’infrastruttura sta reggendo ma per un aeroporto come Palermo che ha già di suo una crescita del 15% di traffico, il rischio è compromettere la qualità dei servizi, anche perché alcuni operatori aeroportuali stanno riscontrando difficoltà per via dell’enorme traffico e per le procedure scorrette di alcune compagnie che hanno inviato voli a Palermo senza preavviso”.
Anche l’amministratore delegato di Gesap, Vito Riggio, si è espresso in egual modo: “Questa emergenza richiede un supplemento di lavoro e di responsabilità da parte di tutti. Limiteremo l’afflusso di traffico aereo, essendo già molto oltre il limite di capienza”. Si tratta di quel Vito Riggio, già presidente dell’Enac, che Renato Schifani avrebbe voluto a capo di Airgest, la società regionale che controlla l’aeroporto di Trapani. Alla fine entrambi si sono “accontentati” di una poltrona alla Gesap. Riggio resta un potenziale pupillo del governatore, che nella foga di ieri indirizza la critiche solo a Chieppa: “Non posso che stigmatizzare – scrive Schifani – l’atteggiamento della direzione generale dell’aeroporto di Palermo che, senza un doveroso confronto con gli organi di controllo, ha dichiarato di non accettare più voli destinati originariamente allo scalo di Catania, ingenerando così uno stato di allarmismo e tensione sociale in quanti hanno scelto di trovare in Sicilia, simbolo dell’accoglienza, un luogo ideale per le vacanze”. Eppure, nonostante le parole del presidente non lo tocchino personalmente, Riggio sembra sul punto di dimettersi.
Un nuovo nemico si aggiunge così alla lista di cui fa parte – anche – Cateno De Luca. Il capo dell’opposizione, in queste ore, si è scagliato sulla governance di Sac, la società che gestisce Fontanarossa, perché “qualcuno dovrebbe spiegare come può un semplice cortocircuito provocare un incendio senza che scattino le necessarie misure per arginare in tempo le fiamme e limitare i danni. Voglio dare una notizia sconvolgente alla presidente della Sac Giovanna Candura e al Cda con in testa l’amministratore delegato Domenico Torrisi: i piani di emergenza – scrive De Luca – vengono redatti non per dare incarichi agli amici, ma per mettere in atto nel momento del bisogno un piano di reazione di fronte all’imponderabile che consenta di ovviare a possibili disservizi. In questo caso invece non ha funzionato niente. E da una parte non stupisce considerando che all’aeroporto di Catania l’approccio politico mafioso è la regola. Lo abbiamo denunciato in passato e torniamo a ribadirlo. L’aeroporto di Catania è sempre stato terra di conquista e l’emergenza odierna ha messo in luce le enormi lacune gestionali presenti”.
A chiedere la testa dei responsabili dell’incendio è anche il Movimento 5 Stelle, oltre all’ex ministro di Forza Italia, Stefania Prestigiacomo: “Da anni denuncio l’inadeguatezza del management della Sac di Catania, che ha trasformato lo scalo in un fortino elettorale senza dotare uno dei principali aeroporti italiani di programmazione, piani d’emergenza, attrezzature e strumentazioni alternative, per non parlare del resto, aree d’attesa senza sedute, servizi igienici da terzo mondo. A causa delle gravi colpe della dirigenza Sac, oggi – continua Prestigiacomo – viene messo in discussione, quando non negato, il diritto alla mobilità dei siciliani e di quanti in Sicilia volevano venire a trascorrere le vacanze. Si stanno danneggiando l’immagine dell’isola e producendo danni”. Mentre sul tema Schifani appare garantista. E’ ancora troppo fresco l’episodio della rimodulazione delle Camere di Commercio, compresa quella del Sud-Est, che con la sua partecipazione societaria al 61%, gioca un ruolo rilevante per il futuro di Sac e dello stesso aeroporto di Fontanarossa, il cui destino è la privatizzazione.
Questo tema aprirebbe altri capitoli che al momento sono “congelati” dalla necessità di rintuzzare il fumo e i problemi dei viaggiatori. Schifani ci ha provato con la costituzione di una task force per i collegamenti, e chiamando a raccolta le migliori energie dell’amministrazione regionale – tra cui la falcidiatissima Ast – per permettere ai passeggeri di tornare all’aeroporto di destinazione dopo essere sbarcati a centinaia di chilometri di distanza. Gli “amici” irlandesi di Ryanair, che a fine a qualche mese fa avevano smantellato Comiso, hanno deciso di dirottare su Trapani tutti i voli destinati al ‘Vincenzo Bellini’. Immaginate, con questo caldo, cosa significhi dover affrontare una traversata da Trapani a Catania dentro un autobus sgangherato. Ma il governatore è lì che pazientemente se ne occupa. E se dovesse servire, non esiterà a trasformarsi in autista per contribuire a una buona causa.
L’altro incendio divampato in queste ore è quello che riguarda i lavoratori regionali, che martedì mattina si sono arresi al caldo e all’arroganza del governo. Si erano presentati in 500 a Palazzo d’Orleans per chiedere conto e ragione del proprio contratto – la riclassificazione del personale è in stand-by da mesi – ma sono stati rimbalzati all’ingresso: “Questa è l’accoglienza che il presidente della Regione riserva ai suoi dipendenti, due ore e mezza di attesa inutili. Siamo stanchi di un governo che fa solo proclami. Da ora in poi il livello dello scontro si alzerà. Non tollereremo più soluzioni al ribasso. Tutti i dipendenti continueranno ad attenersi, rigorosamente, alle loro mansioni”. A bloccare il rinnovo dei contratti è l’assenza dei vertici dell’Aran, cioè l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni che per legge deve avviare le procedure. “Ci dispiace prendere atto che il governo regionale non abbia la sensibilità di comprendere il malessere di tutti i lavoratori regionali che da ben 22 anni non hanno alcuna possibilità di sviluppo professionale e di carriera. Spiace constatare come non ci sia nessuna volontà di rinnovare un contratto scaduto da cinque anni non tenendo neanche conto delle esigenze di recupero del potere di acquisto di famiglie, nella maggior parte monoreddito, con l’inflazione galoppante”. E quindi è stato proclamato lo sciopero.
Schifani dovrà dotarsi di pazienza e aprire al dialogo, se vorrà ripristinare i contatti coi suoi dipendenti, che pure nell’ultima valutazione della Performance hanno ricevuto punteggi altissimi. Bontà loro. Poi, tra una visita a un cantiere e l’altra (si dice che sia l’incubo degli operai del Castello Utveggio), il presidente della Regione dovrebbe trovare il tempo di presentarsi in aula per rispondere alle domande dei Cinque Stelle sul turismo. Ieri il capogruppo Antonio De Luca è tornato a sollecitare una seduta ad hoc: “Si potrebbe dire che la destra si avvale della facoltà di non rispondere in aula e ai siciliani su quello che potrebbe essere il più grande spreco di soldi pubblici degli ultimi anni della nostra regione. Perché il centrodestra non vuole parlare in aula dell’argomento SeeSicily? Di cosa ha paura?”. La conferenza dei capigruppo, per ora, ha rifiutato di calendarizzare la seduta d’aula dedicata ai casi Cannes e See Sicily: “Ci chiediamo perché temono di parlarne in maniera aperta davanti alla deputazione e ai siciliani, in presenza degli assessori Amata e Scarpinato e del presidente Schifani. Anche perché c’è da capire come intende comportarsi Schifani qualora la Sicilia dovesse essere costretta a restituire all’Europa decine e decine di milioni di euro”. Anche questo è un problema da posticipare a dopo le ferie. A proposito c’è già una data per il liberi tutti: il 5 agosto.