Non molla di un centimetro Matteo Salvini. La questione fiscale è quella su cui crede di poter recuperare terreno nei consensi, anche a scapito degli alleati di governo. Così, subissato dalle critiche delle opposizioni e da qualche imbarazzato silenzio degli alleati, a metà mattina torna all’attacco: “Sulla pace fiscale andremo fino in fondo”. I cronisti che lo seguono in una serie di incontri pubblici a Cagliari domandano se il vicepremier stia parlando a nome del governo: “Parlo a nome di milioni di italiani che hanno fatto la dichiarazione dei redditi e poi per i problemi che ci sono stati – pensiamo da ultimo al Covid e alla guerra – non sono riusciti a pagare tutti gli euro dovuti”.
Quando segnalano i lanci di agenzie a Giorgia Meloni impegnata a Bruxelles, raccontano che la premier non l’abbia presa benissimo. Fino a dove si vuole spingere l’alleato? Quanto la fotografia di un governo litigioso può nuocere in un momento così delicato? La prima risposta che si danno a Palazzo Chigi è tutto sommato rassicurante: il leader della Lega non è mai veramente risalito nei sondaggi, parlare agli italiani del loro portafoglio è solo un modo per tentare di risalire la china. È il secondo interrogativo a preoccupare. Perché le uscite dei leghisti iniziano ad affastellarsi, e rischiano nel medio periodo di logorare non solo l’immagine di Meloni, ma la narrazione di un intero governo già in difficoltà tra lo scottante dossier Pnrr, i casi giudiziari che coinvolgono il ministro Daniela Santanchè e il sottosegretario Andrea Delmastro, le polemiche con la magistratura. Continua su Huffington Post