L’approdo della nave Diciotti, la negazione di uno sbarco, l’indagine di un pm. Sembra passato un secolo. Ma in realtà l’evento dell’estate, che ha tenuto con il fiato sospeso, è stato il braccio di ferro fra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio. Un braccio di ferro pompato dai media, quasi platonico, perché i due non si sono mai incontrati. E in effetti il magistrato non ha mai replicato alle bordate del capo del Viminale, che dagli scranni di Facebook ha difeso il suo operato e spacchettato il plico contenente l’avviso di garanzia della Procura di Palermo per sequestro di persona. Quello confezionato in prima istanza dallo stesso Patronaggio, l’unico magistrato salito a bordo della Diciotti per acclarare “una realtà devastante”. Quella di un gruppo di migranti allo spasimo, bloccati a bordo di una nave della Guardia costiera italiana, in territorio italiano, per una esibizione muscolare da parte del vice-premier.

Dieci giorni in apnea sulla terra ferma, prima della liberazione e della successiva redistribuzione (non andata benissimo, in realtà). In mezzo tante parole, le prime ventilate accuse, le sommosse del web. Ma anche dopo per Luigi Patronaggio si è manifestato l’incubo del proiettile, che gli è stato fatto recapitare il 12 settembre in una busta chiusa e anonima. Con delle scritte poco incoraggianti: “Sei nel mirino”. Il procuratore, già sotto scorta dagli anni ’90 (faceva parte del pool Antimafia di Palermo), ricevette la solidarietà dello stesso Salvini. Un armistizio in piena regola, nonostante le divergenze. Ma il fiume di solidarietà attorno a Patronaggio e al suo operato, oggi si arricchisce di un nuovo affluente: cento avvocati siciliani hanno comprato una pagina di Repubblica e si sono schierati al suo fianco. Rilanciando un hashtag tanto caro ai tempi dei social: #stoconpatronaggio. Tra i firmatari anche l’avvocato Vincenzo Lo Re, palermitano.

L’avvocato Vincenzo Lo Re

Da cosa nasce l’idea?

“Quando me l’hanno proposta, ho scelto subito di aderire. Non è un appoggio al merito. Bensì un appoggio al metodo delle sue indagini, che secondo noi sono state espletate in maniera corretta. Conosco Patronaggio dai tempi dell’università, ho sempre apprezzato il modo in cui ha svolto le funzioni di procuratore della Repubblica. E’ una persona che agisce in buona fede, senza lasciarsi condizionare da fenomeni di simpatia e antipatia politica che un magistrato deve saper mettere da parte”.

L’ha sentito dopo la pubblicazione del manifesto?

“Solo per sms. Ha scritto a una buona parte di noi, a quelli di cui aveva il numero, per ringraziare l’avvocatura, che dimostra di essere un baluardo dei diritti civili. Anche lui ha colto il nostro messaggio in modo autentico”.

Che idea si è fatto della vicenda Diciotti?

“Che si è trattato di una situazione paradossale. Una nave militare italiana, alla quale veniva impedito da un ministro italiano di attraccare in Italia. Credo che chi guardasse dall’estero ci prendeva per pazzi. Non solo. Dopo aver attraccato, veniva impedito alle persone a bordo di scendere. In mezzo a tutto questo c’erano dei diritti fondamentali, come quello alla salute, e trattati internazionali sottoscritti anche dal nostro Paese che in casi del genere dettano le regole. E’ evidente che la magistratura ha il dovere costituzionale di intervenire e indagare a prescindere dall’identità del soggetto potenzialmente indagabile. E’ una regola fondamentale e si chiama democrazia”.

Salvini ha commesso un reato?

“Non sta a me dirlo. C’è anche una questione di elemento soggettivo del reato: Salvini potrebbe dire che la sua volontà era difendere il territorio nazionale e non sequestrare le persone. Ma non c’era bisogno che salisse a bordo un procuratore qualunque per far capire a un ministro che minori e donne incinte non potevano essere trattenuti a bordo. Si poteva interloquire con le altre nazioni anche dopo averli fatti scendere e averli curati”.

Poi venne il plico: aperto in diretta Facebook e attaccato al muro come una medaglia. Questo dileggio nei confronti della magistratura non comporta dei rischi?

“Io capisco che la politica si basa sul carisma dei leader e che il ricorso a queste scelte teatrali è quasi congenito al modo di operare. Oggi vale più un’uscita sui social che un programma spiegato per bene o una linea diplomatica illustrata a reti unificate. La trovata può essere istrionica, ma è un segnale opposto agli insegnamenti che si danno sui banchi di scuola”.

E’ a rischio la tenuta democratica del Paese?

“La mia volontà di partecipare all’appello è stata rafforzata da quegli attacchi del tipo “io sono eletto e i magistrati no”, che non fanno bene ai bambini che studiano la Costituzione alle Elementari. Ma io ho sempre fiducia nella tenuta democratica del Paese, che credo sia abbastanza vaccinato, assistendo a questi scontri da oltre vent’anni. Non credo sia a rischio il principio della separazione dei poteri. Certamente, non sono uscite che fanno bene all’immagine internazionale del paese né si prestano al linguaggio educativo che i politici dovrebbero utilizzare verso un intero popolo e, soprattutto, verso le generazioni più giovani”.

Il clima è più velenoso che nel ventennio berlusconiano?

“Si fidi, abbiamo visto anche di peggio. A questi picchi, che poi tornano a livelli accettabili, siamo abituati. Sotto questo profilo non credo ci sia da preoccuparsi. Alla fine chi ha una reazione emotiva, per fortuna, riesce a ravvedersi. E’ successo anche a Salvini”.

Oggi è un’eterna lotta fra garantismo e giustizialismo, almeno in politica. Regge una contrapposizione di questo tipo nel 2018?

“Il garantismo è la vera essenza della democrazia. Poi c’è una parte del corpo della magistratura che ha il potere di indagare: si chiamano pubblici ministeri. Ma utilizzano delle regole che valgono per tutti. Non mi pare ci sia da strapparsi i capelli e dire che non c’è più garantismo se c’è in corso un’azione giudiziaria, o se ci si permette di ipotizzare che in un atto di governo possa esserci la violazione di un diritto che sia penalmente rilevante”.

E’ facile notare come il Movimento 5 Stelle utilizzi questi due concetti a targhe alterne. Berlusconi e il Pd sono sempre cattivi, Salvini – che adesso è compagno di governo – merita invece un’altra chance. Lo ha notato anche lei?

“La doppia morale credo si commenti da sola. Non c’è la necessità di esprimere un giudizio negativo perché è nelle cose. Ed è ridicolo sostenere che ci possano essere procedimenti con un livello di colpa o di dolo diversi da altri procedimenti a seconda che l’indagine riguardi componenti vicini o lontani rispetto a un partito o a un movimento o a un governo”.

Alla Lega è stata concessa una rateizzazione dei 49 milioni in 80 anni. Non sono un po’ troppi?

“E’ impressionante pensare che ci voglia quasi un secolo per rimborsare. Questa è la misura cautelare che va eseguita, ma c’è ancora un procedimento in corso. Eppure capisco le valutazioni della Procura di Genova: il ragionamento è quello di andare incontro, gradualmente, alla disponibilità del partito per recuperare l’uovo oggi anziché la gallina domani. Anche perché nel corso del giudizio potrebbe esserci un’inversione di rotta e quindi potrebbe essere lo Stato obbligato a restituire in parte o in tutto queste somme se si arrivasse a conclusioni diverse. Mettendomi nella logica di chi deve salvaguardare le casse dello Stato, se mi rendo conto che un gruppo imprenditoriale sta per fallire e non ne ricavo nulla, probabilmente accetto una transazione al 50% o una dilazione a trent’anni o quarant’anni”.