Era assegnata al deputato questore dell’Assemblea regionale siciliana, Nello Dipasquale, l’auto blu a bordo della quale il burocrate Giancarlo Migliorisi, allora capo della segreteria tecnica di Gaetano Galvagno, sarebbe andato al ristorante di Mario Di Ferro, a Villa Zito, per prelevare droga. Era la sera del 9 febbraio, nel bel mezzo della discusione sulla Finanziaria. Alle 22.06 Migliorisi arrivo a Villa Zito su una Stelvio. Alla guida c’era l’autista Stefano Sucato. Anche se Dipasquale chiarisce che non fu lui a chiedergli di accompagnare Migliorisi, che si recò al ristorante e ne uscì dopo tre minuti, probabilmente con la coca: “Sono basito per quello che ho letto – ha detto il deputato del Pd -. Non ne sapevo nulla. Io non l’ho autorizzato, ma Migliorisi non è uno qualunque, era un alto burocrate, il capo di una segreteria tecnica del presidente”. Dipasquale, a Livesicilia, si dice amareggiato: “Siamo di fronte ad un tradimento, ad un cattivo utilizzo dei beni della pubblica amministrazione. A scanso di equivoci io in quel ristorante non ho mai ordinato neppure una coca cola e uso la macchina otto dieci volte al mese solo per raggiungere l’Ars”.
Intanto ieri, su input della Procura di Palermo, la Guardia di Finanza ha acquisto all’Assemblea Regionale Siciliana il regolamento che disciplina l’uso dell’auto blu concessa all’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. L’acquisizione nasce dall’esigenza di accertare la legittimità dell’utilizzo del veicolo col quale, secondo gli inquirenti, l’ex presidente ed ex senatore di Forza Italia si sarebbe recato più volte a Villa Zito, noto ristorante palermitano, per acquistare dosi di cocaina dal gestore, Mario Di Ferro.
Da approfondire dunque è la natura del regolamento: se, infatti, la macchina fosse stata assegnata al politico senza limitazioni non si prefigurerebbe a suo carico alcun reato. In caso contrario Miccichè, che non è indagato per il presunto acquisto della droga, rischierebbe una indagine per peculato.
E’ fissato intanto a giovedì l’interrogatorio del principale indagato della vicenda: Mario Di Ferro, accusato di aver rifornito droga a diversi esponenti della Palermo bene tra cui l’ex senatore. Di Ferro, che secondo la procura avrebbe usato il locale come una sorta di centrale di spaccio, è ai domiciliari, mentre sono in carcere i suoi fornitori, Gioacchino e Salvatore Salamone che, sentiti sabato, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. L’obbligo di firma è stato notificato a tre dipendenti del ristoratore che lo avrebbero aiutato nell’attività di cessione della droga