Il governo è ingessato. Una sola riforma approvata in giunta (con tutto l’iter parlamentare davanti), a fronte di otto mesi d’immobilismo, non basta per assegnare la sufficienza a Schifani e ai suoi assessori in questo avvio di legislatura che, per la verità, non ha permesso nemmeno alle opposizioni di emergere. Non sarebbero mancate le occasioni: Cannes, SeeSicily, le consulenze a peso d’oro e i mille “scandalucci” evidenziati in surplace da una burocrazia imperante. Ma spesso i partiti che stanno dall’altra parte della barricata si sono limitati al compitino: talvolta hanno rievocato nostalgici (e sprezzanti verso il successore) il nome di Musumeci; altre hanno preferito passare direttamente all’incasso. Ad esempio in occasione della Finanziaria, e in parte del successivo “collegato”, dove hanno garantito un’approvazione celere in cambio di una serie di misure – le cosiddette marchette: dai presepi ai campi di calcio – a valere sui singoli collegi elettorali; e di recente, attingendo ai contributi omnibus concessi dall’Assemblea regionale, da sempre salvadanaio di feste, sagre e associazioni d’ogni tipo.

Così, dentro il parlamento, non c’è stato spazio per episodi di dibattito politico serio. Solo qualche scazzo ispirato dal gioco delle parti. Al contrario, fuori dal palazzo si leva il malcontento. Alla fine del mese di febbraio, per ricordare il precedente più illustre, un sacco di sigle sindacali intrapresero quattro giorni di serrata, culminata nella protesta di Piazza Ottavio Ziino a Palermo, contro le politiche sulla sanità dell’assessore Giovanna Volo, che decise di tagliare i fondi alle strutture convenzionate e non riconoscere, se non parzialmente, i costi delle prestazioni in extrabudget. Si arrivò a mettere in crisi un sistema che, attraverso le erogazioni di ambulatori specialisti e laboratori d’analisi, garantisce quasi l’80% del fabbisogno di salute da parte dei siciliani. Fu un gesto di grande clamore, che costrinse l’assessore e il presidente della Regione, che aveva deciso di non cedere alla piazza e di difendere la sua creatura (fu lui a mettere la Volo a capo della sanità), a sedersi al tavolo delle trattative e a raggiungere un compromesso che il Cimest considerò un timido passo avanti. Accettandolo.

L’altro episodio grottesco, che per poco non ha mandato al tappeto Schifani, è quello venuto fuori da Taormina, dove il sindaco Cateno De Luca ha inserito le marce alte e costretto il governo a una precipitosa ritirata. Come? Con la minaccia di chiudere la via d’accesso al Teatro Antico e far saltare l’intero cartellone estivo in programma. De Luca, assieme a una quindicina di sindaci, ha chiesto di poter attingere allo sbigliettamento ordinario (il 15% dei proventi incassati dai parchi archeologici) e ha tentato di mettere le mani pure sui guadagni – spropositati – degli impresari che organizzano i grandi eventi. Su questa seconda opzione non c’è stato verso, ma i Comuni che ospitano i grandi beni archeologici, da questa estate, potranno ottenere fino a 600 mila euro l’anno per garantire una serie di servizi contestuali all’esperienza di turisti e visitatori: decoro urbano e sicurezza su tutti. De Luca era stato così incalzante (e convincente) da riuscire a cooptare il presidente dell’Ars Galvagno e l’assessore all’Economia Falcone, e stringere un accordo con loro. Aveva fatto lo stesso con l’assessore ai Beni culturali, facendosi immortalare in un selfie e mandando ai matti Schifani, che minacciò di dimettersi se la proposta di Scateno fosse finita ai voti. Una tregua di qualche giorno, e un emendamento riscritto daccapo, ha evitato l’epilogo più amaro.

Ma ora che per qualche giorno l’effetto Taormina sembra essersi placato, ecco una nuova minaccia. Ancora fuori dall’Ars. “Il governo regionale è inconcludente mentre 50 mila giovani ogni anno lasciano l’Isola. Va aperta una stagione di mobilitazione contro un governo che mortifica il mondo del lavoro”. Così parlò Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil. E sebbene i sindacati non vivano un gran momento, in generale, in Sicilia restano una delle poche armi per approfondire un ragionamento sui temi che altrimenti lascerebbero l’intera vetrina ai test del capello o all’aumento delle indennità (che, ovviamente, non costituiscono una priorità per il futuro di questa terra, ma sono solo un diversivo populista). “Questo governo regionale – scrive Mannino – non ha nessun progetto per il rilancio della Sicilia. In una situazione stagnante, che vede la conferma del divario economico e occupazionale col resto d’Italia, l’azione del governo Schifani si connota col niente di fatto sui piani di rilancio settoriali, sulle riforme, su tutti i fronti, attestandosi su dinamiche politiche e di posizionamento estranee agli interessi reali dei cittadini”. I temi del lavoro e del contrasto alle disuguaglianze non fanno parte dell’agenda politica, per questo la Cgil invita alla mobilitazione. Anche sull’autonomia differenziata “che incredibilmente il presidente della Regione ha avallato e che distruggerà la sanità pubblica e il sistema pubblico di istruzione”.

Il segretario della Cgil rileva che “la Sicilia va perdendo le sue energie migliori con 50 mila giovani che ogni anno emigrano e intere aree che si spopolano e intanto tra sanità e pubblica amministrazione ci sono vuoti di organico per quasi 50 mila unità”. Secondo i sindacati, però, il governo regionale ha fatto flop anche “su iniziative ‘bandiera’ come la lotta al caro-voli e il risarcimento dei costi dell’insularità”. Fra le cose non fatte, forse mai abbozzate, Mannino cita l’assenza di “un piano di rilancio dell’industria che intercetti i processi di transizione ecologica” e parla dei rifiuti che “continuano ad essere la grande emergenza della nostra regione. Non c’è la necessaria revisione del piano energetico regionale affinché le fonti rinnovabili siano un’opportunità di crescita e non di ulteriore sfruttamento del nostro territorio. Attendiamo ancora la riforma del settore forestale – aggiunge Mannino – e della formazione professionale, così come la riorganizzazione della macchina burocratica regionale e di una sanità pubblica sempre più allo sbando”. “La verità – sottolinea il segretario della Cgil – è che non vediamo alcuna inversione di tendenza rispetto al passato. Nessun tentativo di politiche di bilancio innovative con investimenti per l’ampliamento della base produttiva, con i ritardi segnalati su Pnrr e fondi europei”.

Il leader sindacale incalza anche sulla “lotta al malaffare, alla corruzione e alla mafia. Mesi fa – dice – abbiamo presentato un protocollo contro le infiltrazioni mafiose negli appalti, ma alla nostra iniziativa il governo regionale ha risposto con il recepimento del codice nazionale degli appalti che alza la soglia per l’affidamento diretto e quindi il rischio di infiltrazioni mafiose ma anche di incidenti sul lavoro”. Ma anche sulla questione morale ci sarebbe tantissimo da fare. L’unico intervento degno di nota è quello dei Cinque Stelle che, da settimane, continuano a chiedere al presidente dell’Ars la convocazione di una seduta ad hoc, alla presenza di Schifani, per capire cosa non ha funzionato con Cannes e SeeSicily. Ci sarebbe da parlare in abbondanza e, forse, da perderci il sonno. Ma vuoi mettere una bella estate in relax, fra il taglio di un nastro e una passerella a TaoArte?