Una legge di stampo governativo c’è: è quella che proroga la permanenza dei commissari nei Liberi Consorzi. Ma come?, si opporrebbe qualcuno: non dovevano reintrodurre le province e l’elezione diretta dei suoi vertici? Ebbene sì. Ma i tempi sono stretti e l’Ars non lavora. Così, in questa fase d’attesa e preso atto del groviglio normativo vigente, sussiste il rischio che alla scadenza del periodo commissariale entri in vigore la prospettiva di eleggere i vertici dei Liberi consorzi, ma col vecchio sistema mai applicato: cioè la elezioni di secondo livello, dove a votare sarebbero soltanto sindaci e consiglieri comunali.
Da qui la giravolta. Il ddl approvato in giunta prevede che “in caso di mancata approvazione entro il 30 giugno” della nuova legge che reintroduce le province, vengano bloccate le elezioni nei Liberi consorzi e si vada avanti coi commissari fino al 30 settembre 2024. Per un altro anno abbondante, in pratica. Così da garantire all’Ars un cuscinetto ragionevole per approvare la nuova norma, sperando che Roma non la impugni (c’è sempre la Delrio da abrogare, anche se per gli addetti ai lavori si tratta di una cosuzza secondaria).
Schifani, in questo comparto, si conferma l’incerto prosecutore dell’opera di Crocetta, che decise di abolire gli enti d’area vasta ma di non rimpiazzarli praticamente mai. Gli attuali carrozzoni, che i commissari portano avanti da dieci anni, non s’è capito quale missione abbiano. Ma è la Sicilia, bellezza: qui nulla è più definitivo del transitorio. Potevano fare eccezione le province? Giammai…
Piccola nota a margine: l’assessore agli Enti locali, Andrea Messina, spera che l’Ars si spicci e approvi la norma entro giugno. Se così fosse, però, non si arriverebbe mai a votare per l’autunno: servono i tempi tecnici per la riscrittura dei collegi e tutta una serie d’operazioni non scontate. Se ne parlerà non prima della prossima primavera. Viva i commissari.