Sfogliate i voti di lista all’interno della coalizione di Giacomo Tranchida, confermato sindaco di Trapani. Ci troverete un dato che rischia di aprire una frattura enorme nel governo di Renato Schifani: Trapani Tua, la civica “affiliata” all’assessore leghista Mimmo Turano, è quella che ha preso più voti (circa il 9%) e il cui apporto, manco a dirlo, produce due effetti: la sconfitta del candidato di Fratelli d’Italia, Maurizio Miceli; e l’opportunità per Tranchida – tessera del Pd in tasca – di vincere al primo turno, senza nemmeno avventurarsi al ballottaggio. In campagna elettorale Schifani era stato chiaro: “Per rispetto della coalizione, farò le mie considerazioni, verificando l’opportunità di continuare il percorso con l’assessore all’Istruzione. Ovviamente senza toccare gli equilibri politici”.
La resa dei conti è dietro l’angolo. Turano, che di fronte alla fuga del suo gruppo ha fatto spallucce (senza riuscire a invertire il trend) non dovrà rispondere di tradimento, ma poco ci manca. D’altronde non è neppure riuscito a presentare il simbolo della Lega e sarà il primo a pagare pegno se Schifani – come ampiamente preannunciato – procederà a un “tagliando” della giunta entro l’estate. La formazione professionale, specie in questa fase di mancati pagamenti, è un settore a rischio. Ma la politica ha delle regole tutte sue. E Trapani resta una ferita aperta per il centrodestra, che per questo incidente di percorso non è riuscito a capitalizzare una rimonta che sembrava nelle corde di Miceli.
Al netto della fotografia dei media nazionali, che parlano di un centrodestra vittorioso ovunque, nella coalizione siciliana c’è un altro asterisco bello grosso: riguarda Siracusa, dove il forzista Ferdinando Messina è finito al ballottaggio. La sua prestazione è stata inficiata da due fattori: il primo è il voto disgiunto. Messina ha perso circa 7 punti – molti dei quali finiti al contender Francesco Italia – rispetto alle liste che lo sostenevano. Il secondo elemento è la spaccatura dentro Forza Italia, che ha provocato una seconda candidatura da parte di Edy Bandiera. L’ex assessore regionale all’Agricoltura, che è uscito da FI dopo essere andato in rotta di collisione con la coppia Schifani-Caruso (per il sostegno alle idee e alle pretese del deputato Riccardo Gennuso), ha portato via un prezioso 8 per cento, che sommato alla prestazione di Messina gli avrebbe garantito quasi certamente l’elezione al primo turno. Insomma, un secondo pasticcio inammissibile per il quale – però – non pagherà nessuno.
A determinare l’esito sono stati Schifani e Caruso, e nel partito – che ottiene circa il 7 per cento nelle urne contro il 14 delle scorse Regionali – comandano loro. Il presidente della Regione “in cambio della fedeltà ai Gennuso, avrebbe imposto candidature deboli e divisive”, si lamenta qualche vecchia volpe dei berluscones. Il padre di Riccardo, Giuseppe, alla vigilia del voto è stato raggiunto da una misura cautelare: dovrà scontare 8 mesi ai domiciliari per traffico di influenze. “Mi viene forte l’interrogativo di capire cosa sarebbe successo se l’ordine fosse stato notificato lunedì e non a 48 ore dal voto. Mi rimarrà questo dubbio. Ma rispettiamo la magistratura”, ha dichiarato Schifani. Anche l’intervento sul destino della Camera di Commercio del Sud-Est, di cui fa parte Siracusa, non avrebbe dato un grosso contributo alla causa di Forza Italia. Che fra l’altro, è lo stesso partito che conquista un misero 0,91 per cento a Ragusa. Un record con pochissimi precedenti.