Un’enorme delusione, a risultati non ancora acquisiti, piomba sul campo progressista. Pd e Cinque Stelle non sono mai della partita: né a Catania, dove il candidato del campo largo, Maurizio Caserta, dimostra tutti i suoi limiti (e quelli del suo schieramento) fermandosi al 22,8%; tanto meno a Ragusa, dove la spaccatura fra dem e grillini non solo non incide sul risultato di Cassì, che riconquista Palazzo delle Aquile, ma denota il crollo degli uni e degli altri: anche insieme non avrebbero procurato alcun fastidio all’uscente. “A Ragusa il centrosinistra non ha tenuto? Mi dica lei dove ha tenuto…”, è la risposta tranchant del deputato Nello Dipasquale a un cronista che gli chiedeva di commentare l’evidenza.
L’unica bandierina il Pd avrebbe potuto piazzarla a Trapani, ma lì Giacomo Tranchida ha scelto di correre senza simbolo di partito, pur essendo un iscritto della prima ora. E comunque avrà bisogno, probabilmente, di passare dal ballottaggio per avere ragione di Miceli (FdI). Anche a Siracusa, in attesa del risultato delle liste, è al di sotto delle aspettative la performance di Renata Giunta, candidata unitaria del campo largo, che non riesce a strappare neppure il pass per il secondo turno, fermandosi sotto il 20 per cento. L’alleanza giallorossa non tiene neppure a Modica, dove due liste in più non sono bastate a Ivana Castello per imporsi su Maria Monisteri, che finisce a un passo dal 70%. Bastano cinque dati per capire che è stata una disfatta. E non serviranno commenti ulteriori per sviscerarla.