Ogni pietra che sollevi ci trovi sotto i vermi. L’ultimo scandalo riguarda i depuratori di Palermo e si è abbattuto sull’Amap, la municipalizzata che gestisce l’acquedotto nel capoluogo e in provincia. Ieri i Finanzieri hanno eseguito un sequestro preventivo di circa 20 milioni di euro, emesso dal gip su richiesta della locale ufficio della procura europea. Il provvedimento riguarda anche vertici dell’azienda: il direttore generale Giuseppe Ragonese, e l’amministratore unico Maria Concetta Prestigiacomo, in carica fino al 2019, e il suo successore nell’incarico, Alessandro Di Martino. Sono tutti indagati per indebita percezione di erogazioni pubbliche aggravato dalla qualifica di “incaricati di pubblico servizio”. Secondo le indagini dei finanzieri avrebbero causato un danno superiore a 100mila euro agli interessi finanziari dell’unione europea.
Le indagini sono state avviate dopo una denuncia della Banca europea degli investimenti all’Eppo di Lussemburgo. Gli accertamenti, coordinati dalla procura europea, hanno riguardato un prestito agevolato di circa 20 milioni di euro che la società pubblica aveva ottenuto dalla Bei sul fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi) con garanzia concessa dall’Unione europea, per la realizzazione di un programma nel settore della produzione di acqua potabile e trattamento delle acque reflue. I manager dell’azienda, secondo la tesi dell’accusa, per impedire a Bei di procedere alle valutazioni di competenza in merito al rispetto delle condizioni per l’ottenimento o la revoca del finanziamento erogato, avrebbero consapevolmente omesso di comunicare alla banca, tra il 2017 e il 2020, di gravi e reiterate violazioni, anche di rilevanza penale, in materia ambientale, sfociate in un’ordinanza di commissariamento giudiziale emessa nel 2021 dal gip di Palermo e nella successiva richiesta di rinvio a giudizio dei responsabili. L’udienza per il rinvio a giudizio è fissata a luglio.
Neanche la sanità è immune dalle pratiche corruttive. Ieri, infatti, il Consiglio di Giustizia amministrativa (Cga) ha annullato una gara da 227 milioni per l’assegnazione dei servizi di pulizia negli ospedali. La procedura era finita al centro delle indagini e del processo sul giro di corruzione orchestrato da Fabio Damiani, ex presidente della Centrale unica di committenza che gestisce gli appalti per la Regione siciliana. Lo scrive Riccardo Lo Verso su Live Sicilia.
Damiani è stato protagonista, suo malgrado, di una stagione degli scandali, culminata con l’arresto suo e di Antonio Candela, ex paladino dell’Antimafia che Musumeci aveva nominato commissario per l’emergenza Covid. Le refluenze di alcuni comportamenti sono visibili in taluni aspetti della pubblica amministrazione di oggi: la manager dell’Asp di Palermo, Daniela Faraoni, infatti, non è ancora riuscita a pagare gli arretrati del 2021 ai laboratori analisi convenzionati perché attende il trasferimento di tutti i dati dal sistema congegnato all’epoca (Dedalus) al nuovo Municipia. Ecco cosa accade quando tenti di arginare le opacità: si blocca tutto.
Il filone della sanità è ricco di magagne. Di recente il Pd ha puntato i riflettori su una gara da 127,8 milioni per aggiudicare il servizio di vigilanza armata nelle Asp siciliane. “C’è una mega torta da spartire in ballo con questa gara d’appalto, suddivisa in 18 lotti territoriali – diceva il segretario Barbagallo – su cui però c’è il rischio concreto di favorire alcuni operatori economici rispetto ad altri, soprattutto quelli più grossi sarebbero avvantaggiati a danno delle piccole e medie imprese”. Per i diversi lotti sono previsti identici servizi, stessi costi orari posti a base d’asta, stessi requisiti di partecipazione, uguali criteri di valutazione e di aggiudicazione. La richiesta di annullare in autotutela la gara procedendo ad un nuovo bando, però, è stata scartata dal governo, secondo cui “il bando di gara risulta pienamente conforme alle normative vigenti”
Risale al 2020, l’anno della pandemia, la mega inchiesta della Guardia di Finanza per un presunto giro di tangenti in relazione ad appalti per oltre 600 milioni che portò in carcere (fino all’ottobre scorso) l’ex manager dell’Asp di Palermo, Antonio Candela. Il quale, in primo grado, è stato condannato a 6 anni e 8 mesi. Una condanna un filo più morbida (6 anni e 6 mesi) fu inflitta all’ex responsabile della CUC, Fabio Damiani. Nel mirino dei magistrati finirono quattro procedure a evidenza pubblica aggiudicate a partire dal 2016: per la gestione e manutenzione di apparecchiature elettromedicali, per la fornitura di vettori energetici, conduzione e manutenzione di impianti tecnologici, e persino per i servizi di pulizia (quest’ultima dal valore di oltre 227 mila euro). “Le spregiudicate condotte illecite – spiegarono le fiamme gialle – garantivano l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari, mediante l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5% del valore della commessa aggiudicata”.
Un’altra vicenda che tiene sulle spine il governo è quella riguardante il Consorzio Autostrade siciliano, che ha ripubblicato la gara per l’assegnazione del servizio anti-incendio nelle gallerie della Palermo-Messina e della Messina-Catania. Qualche mese fa la Direzione investigativa antimafia (DIA) aveva disposto delle misure cautelari nei confronti di quattro persone, tra cui un dirigente del Cas in pensione, per concorso in turbata libertà dei pubblici incanti. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, avevano fatto emergere come nel 2020 gli indagati avessero posto in essere una serie di collusioni turbando il procedimento di formazione del bando di gara (dal valore di 10 milioni circa). Attraverso le loro condotte, erano riusciti a far sì che il contenuto fosse strutturato in maniera tale da indurre la stazione appaltante ad individuare il contraente in un’Ati già determinata. “Il nuovo bando – ha segnalato il deputato del Pd, Nello Dipasquale – è identico a quelli precedentemente ritirati che sono stati all’origine delle recenti inchieste. È cambiato l’importo, adesso il valore della causa è di 12 milioni per 12 mesi di servizio, e – spiega Dipasquale – sono aumentati i presidi che da 14 sono diventati 23. Ma nulla è cambiato quanto agli stringenti criteri di partecipazione che ci avevano portato a chiedere la revoca del bando nelle precedenti occasioni”. L’assessore alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, ha già provveduto a un nuovo ritiro in autotutela.
Il governo in questi mesi ha dovuto ovviare a un altro pasticcio, relativo a un bando (approntato in maniera superficiale) per la riscossione dei tributi negli enti locali siciliani. Il cosiddetto appalto senza gara, segnalato dal presidente dell’Antimafia Antonello Cracolici, che ha consentito a cinque distinti operatori di accaparrarsi i cinque lotti dell’appalto. Valore: mezzo miliardo di euro. L’Avviso era stato emanato dall’Ufficio speciale – Centrale unica di committenza per l’acquisizione di beni e servizi dell’assessorato all’Economia (durante l’epoca di Gaetano Armao). A evitare il possibile eco dello scandalo è stata la decisione dell’assessore al Bilancio, Marco Falcone, di sospendere la procedura d’affidamento “per valutare attentamente ogni aspetto utile a verificare la linearità dell’iniziativa a garanzia dei principi di trasparenza e di libera concorrenza e, ove fosse necessario, a procedere all’annullamento della gara”.
Insomma, in Sicilia non c’è un appalto che nasconda un trucco o un errore. Per Cannes, pensate, l’appalto non s’era neanche fatto. Qualcuno, all’insaputa di Schifani, aveva scelto l’affidamento diretto da 3 milioni e rotti per organizzare una mostra fotografica all’Hotel Majestic, in Costa Azzurra durante il Festival del Cinema in programma a fine maggio. Altrove sarebbero volate teste. Alla Regione hanno scambiato le deleghe dei due assessori di Fratelli d’Italia. E tutti amici come prima.