Asfissiato dagli scheletri chiusi nel suo armadio e accerchiato dalle procure che hanno già sul tavolo le carte scottanti dello scandalo, il Balilla non sa più come confondere le acque. Strilla, impreca, minaccia, insulta e, soprattutto, fa il gioco delle tre carte. Un gioco che colora giorno dopo giorno con l’impareggiabile volgarità del Cavaliere del Suca. L’ultimo bluff – glielo avranno suggerito i due pagnottisti che lo fiancheggiano – riguarda questo giornaluzzo. A suo avviso saremmo stati noi a suggerire ai Cinque Stelle di accedere ai documenti che certificano il flop di SeeSicily sul fronte alberghiero e, all’un tempo, l’opaco dirottamento di una quarantina di milioni sul dorato mondo della comunicazione: quello di Mediaset e della Rai, dell’impero editoriale di Urbano Cairo e di Ballando con le Stelle. Ma c’è un però. Lo scoop su SeeSicily, come sullo sporco affare di Cannes, non l’ha fatto “Buttanissima” ma “La Sicilia”, autorevole quotidiano di Catania. Che il Balilla, da politico catanese furbastro, bullo e anche un po’ vigliacchetto, non osa neppure nominare. Mai mettersi contro il giornale leader della propria città, insegnavano tanti anni fa le vecchie volpi democristiane.

Come tutti i magliari, il Balilla alza polveroni con argomenti che non c’entrano nulla: confonde la legittima attività ispettiva di un deputato con i complotti di chissà quale setta oscura o, addirittura, mafiosa; taccia di ignoranza chiunque gli muove una obiezione e minaccia fuoco e fiamma sugli organi di controllo che hanno puntualmente documentato sprechi e ruberie. Un delirio. Pensate che in un numero di avanspettacolo apparecchiato per lui da una tv locale ha persino risuscitato i terribili cugini Salvo, morti quarant’anni fa, e li ha trasformati nei registi occulti delle sue sventure. Fandonie, ovviamente. Fandonie laide, grossolane. Soprattutto volgari, come i “suca” che da assessore lanciava contro il green pass nei giorni della pandemia.

A giudicare dalle scemenze che va sciorinando a destra e manca, il Balilla non deve stare comunque tanto bene con se stesso. Timori? E probabile. Parla di SeeSicily e si agita oltre misura: sangue agli occhi e bava alla bocca. Dopo gli ardori e i furori del Turismo, comincia a somigliare, suo malgrado, a un leone sdentato: toothless, così gli americani chiamavano i boss in disarmo che tentavano comunque di sopravvivere a Brooklyn o nelle ville decadenti di Ocean Parkway. E non è un caso che i gerarchi superiori di Fratelli d’Italia lo abbiano ricoverato alla Camera dei deputati: perché così potrà godere dell’immunità parlamentare e non pagare pegno per tutte le nefandezze che va sbriciolando in giro al solo scopo di distogliere l’attenzione dalle sue responsabilità politiche e dalle sue grane giudiziarie.

Credeva, il suddetto Balilla, che dopo avere prezzolato e foraggiato per tre anni plotoni di pagnottisti non potesse più esserci un giornale libero e capace di scrivere un articolo sulle sue malefatte. Invece sono venute fuori le inchieste a tutta pagina di Mario Barresi, coraggioso inviato de La Sicilia e, dopo Barresi, i commenti indignati e sferzanti di Buttanissima. La circostanza lo ha sbarellato: non gli ha dato pace e non gli dà pace. Ed è per questo, presumibilmente, che cerca in ogni modo di zittirci, di delegittimarci, di tapparci la bocca. Urla, picchia, alza il tono dello scontro, si affanna, fa di tutto per mascariare e non smette di abbaiare. Ma chi crede più al suo teatrino sgangherato, alle sue piroette da attor comico un po’ suonato, ai suoi toni da federale alla Tognazzi, ai suoi assalti da toro bolso e scornato? Neanche i compagni di partito che conoscono bene i risvolti, melmosi e inquietanti, di SeeSicily. E forse neanche i suoi padrini romani che, dopo l’irruzione della Guardia di Finanza all’assessorato del Turismo, cominciano a sentire puzza di bruciato e già meditano su come tirare lentamente i remi in barca, perché non si sa mai.

Che lo scandalo di SeeSicily sia diventato, per la politica, un boccone indigesto si capisce dalle imbarazzate reazioni dell’assessore Elvira Amata, patriota sì ma costretta suo malgrado a gestire l’eredità non proprio limpida lasciata dal Balilla dopo anni di allegrissimo “spendi & spandi”: lei, poverina, ha cercato di mascherare il flop dicendo che, grazie ai milioni spesi in pubblicità, le presenze del 2022 sono aumentate del 120 per cento ma ha dimenticato di ricordare che nel 2020 e nel 2021 la gente era chiusa in casa per il Covid e non c’erano turisti in giro: né in Sicilia né a Roma né in nessun altro luogo del mondo. Passata la paura del contagio, sono usciti tutti a far festa e i pernottamenti sono raddoppiati ovunque, anche nelle Regioni che non avevano buttato i milioni al vento come il Balilla.

I mal di pancia della classe politica per gli imbrogli nascosti tra le pieghe di SeeSicily – da Cannes a Cannes, verrebbe da dire – è testimoniato anche dal silenzio, ostinato e impaurito, del presidente Renato Schifani, schiacciato tra la necessità di accendere un faro di verità su uno scandalo non proprio irrilevante e il bisogno di non disturbare i padroni del vapore, cioè Fratelli d’Italia, il partito che lo ha portato al vertice della Regione. E si capisce soprattutto dal balbettio di Nello Musumeci, il governatore che nella passata legislatura ha avallato da Palazzo d’Orleans tutte le scempiaggini e tutti gli azzardi del Balilla. Intervistato sul punto da Live Sicilia, se l’è cavata con un brodino di due righe che pretende di dire tutto ma non dice nulla: riesce solo ad alzare altra nebbia su quella, abbondantissima, sollevata già dall’intrepido Balilla. Ascoltatelo: “Sul Turismo gli obiettivi li fissa il governo ma li realizza la burocrazia”. Un magistrale esempio di deresponsabilizzazione politica. O, se volete, una timida presa di distanza da un barone rampante che si è fatto impresentabile e ingombrante anche per chi, avendogli lasciato briglia sciolta nei rapporti con i media, ha indirettamente favorito la sua vulcanica ascesa verso i piani alti del partito.

Musumeci è ora ministro della Repubblica. Batte la piazza di Roma e sa bene che dietro il Balilla c’è Francesco Lollobrigida, il potente cognato di Giorgia Meloni. Poteva mai andare oltre le tre parole di circostanza riportate da Live Sicilia? Meglio aspettare, se mai ci saranno, le conclusioni delle indagini già avviate dalla procura della Repubblica e dalla procura della Corte dei Conti. Il coraggio – si sa, non c’è bisogno che lo dica don Abbondio – chi non ce l’ha non se lo può dare.

Post scriptum. E’ successo tutto nel noiosissimo teatrino messogli a disposizione da una tv locale. Per spaventarci e ridurci al silenzio, il Balilla ha definito il direttore di questo giornale “amico dei mafiosi”. E per dare all’infamante insinuazione una parvenza di verità, ha fatto riferimento a una sentenza che, purtroppo per lui, non esiste. La sentenza non c’è per il semplice fatto che non c’è stato mai un processo. E il processo non poteva esserci perché, a carico del direttore, non c’è stata mai un’inchiesta, né un avviso di garanzia, né tantomeno un rinvio a giudizio. Nulla di nulla. Stavolta gli è scivolato il piede. Ci divertiremo. Oltre allo sporco affare di Cannes e allo scandalo di SeeSicily, da martedì il molto onorevole Balilla avrà un motivo in più per salire e scendere le scale dei palazzi di giustizia.