Agrigento capitale della Cultura. Già, ma quanto è lontana Agrigento. Da tutto. Da Palermo ci si mette una vita a percorrere la Statale 189, dove ha riaperto da qualche giorno (dopo 8 anni) il viadotto Scorciavacche, nel tratto fra Mezzojuso e Villafrati. Pensate un po’: crollò il 30 dicembre 2014 pochi giorni dopo l’inaugurazione, sollevando le critiche aspre del premier dell’epoca, Matteo Renzi (venne istruito anche un processo a carico di 13 persone, fra cui l’ex presidente dell’Anas). Ma Agrigento è distante, molto distante, anche da Caltanissetta: la Strada degli Scrittori, la 640, è un cantiere perenne, finito al centro di una disputa fra il ministro Matteo Salvini e il sindaco della città nissena, Roberto Gambino. Ma diciamocela tutta: Agrigento è lontanissima dal prototipo di città che vorremmo. E’ la città dei crolli e degli scempi edilizi, all’86° posto per qualità della vita. Alle prese con un processo difficile di rigenerazione urbana, e un centro storico popolato dalle auto più che dalle persone.
Lega il suo nome a Sciascia e Pirandello, senza dimenticare il grande Camilleri; lascia senza fiato i turisti che per inerzia si spingono fino alla Valle dei Templi, dove si registra la media di 800 mila ingressi l’anno. Ma è una fortuna che si è guadagnata da sola, grazie alla sua fama e alla sua bellezza (non c’entrano gli investimenti né i servizi: ambedue modesti), senza che nessuno riuscisse a esaltare le potenzialità naturali di un angolo di paradiso distrutto da anni di noncuranza. Della politica, in primis, che oggi sfodera il risultato della vecchia Akragas per farne motivo di vanto. Com’è accaduto all’ex assessore Manlio Messina, che nel classico post sguaiato, che ripuliamo dalle frasi a effetto, si lancia nel solito rituale dei questuanti di voti: far credere che il merito appartiene a loro. “Nonostante gli attacchi di qualche giornalaio e qualche politicuccio cialtrone – è stato l’attacco di gran classe – la Sicilia continua a macinare risultati senza precedenti: Agrigento Capitale della Cultura 2025”. Sarà forse merito di Fratelli d’Italia – azzardiamo un’ipotesi – e nessuno ce l’ha detto?
Hanno esultato tutti: da Schifani, che ha preannunciato il massimo sostegno da parte della Regione, al neo assessore Amata, passando persino dal “fantasma” Scarpinato, che dopo i fattacci di Cannes era entrato in un loop da cui faticava a venir fuori: “Agrigento, città densa di bellezze straordinarie, territorio conosciuto e apprezzato per il fascino dei suoi monumenti e del paesaggio, che fa da sfondo alla ricchezza delle relazioni umane, avrà adesso una notorietà ancora maggiore – sostiene l’assessore di FdI – e attirerà visitatori da tutto il mondo valorizzando sia la parte archeologica sia le numerose iniziative culturali che stiamo mettendo in campo”. Ma fin qui si è fatta da sola. Nel bene e nel male. Come riassume perfettamente Fabrizio Lentini su Repubblica: “È la vittoria della storia sulla cronaca, dei templi sulle case abusive, di Empedocle, Pirandello, Sciascia e Camilleri su ministri, sindaci e assessori che hanno permesso che la stupenda Akragas della Magna Grecia si trasformasse nella città dei crolli e degli scempi edilizi”.
I politici, insomma, dovrebbero scendere subito dal carro e chiedere scusa. Invece si affannano a fornire una ricostruzione che non collima con la realtà. Agrigento, come Palermo nel 2018, proverà a sfruttare questo traino per risollevarsi. Non è giunta a questa nomination perché faceva già parte dell’olimpo delle città d’arte e di bellezza, dal chiaro respiro internazionale. Macché. Però, come spiega Lentini, potrà “rimettere in sesto, di qui al 2025, le sue chiese pericolanti, a cominciare dalla cattedrale minacciata dalla frana della collina di San Gerlando. A riaprire la Galleria Sinatra con i dipinti di Francesco Lojacono, oggi inaccessibile per un cantiere di ristrutturazione. A fare spazio alle passeggiate in un centro assediato dal traffico. Insomma, a far dimenticare quelle foto scattate col teleobiettivo in cui i palazzoni di cemento sembravano sorgere in mezzo ai templi greci. Un falso che però era anche un po’ vero. Come sarebbe piaciuto a Pirandello, che non a caso era agrigentino”.
Al netto degli scempi edilizi, per rimuovere i quali servono le ruspe e tanto coraggio, è necessario intervenire sulle infrastrutture viarie. La situazione della Palermo-Agrigento è stata testé aggiornata. “Abbiamo disposto all’impresa la ricostruzione del corpo stradale danneggiato – dice l’Anas, riferendosi al viadotto Scorciavacche -, mediante la realizzazione di opere di consolidamento a totale carico della stessa impresa, senza alcun aggravio di spesa per le finanze pubbliche. Per via di una grave crisi finanziaria della ditta esecutrice che ha dato luogo a una procedura concorsuale, i lavori sono proseguiti a rilento, anche a causa degli eventi alluvionali del 2018 che hanno danneggiato alcune opere in costruzione”. Bisogna andare oltre, però. La promessa – ahi quante ne abbiamo sentite – è l’apertura di nuovi tratti, con la previsione di apertura dell’intero asse stradale ammodernato entro la fine del 2023. La Palermo-Agrigento potrebbe tornare una tratta normale, anche in previsione degli eventi del 2025.
C’è poi la Agrigento-Caltanissetta. Di recente è intervenuto anche Matteo Salvini: “La SS 640 ‘Strada degli Scrittori’ costituisce il collegamento diretto tra i capoluoghi di provincia Agrigento e Caltanissetta ed è una dorsale strategica per la viabilità regionale, connettendosi con la SS 626 Caltanissetta-Gela e l’autostrada A19 Palermo-Catania. I lavori di adeguamento della strada hanno subìto un ritardo a causa dello stato di difficoltà finanziaria dell’impresa appaltatrice (CMC) e per accelerare i lavori di adeguamento è stato nominato nel 2021 un commissario straordinario per la realizzazione dell’opera, nella persona dell’ing. Raffaele Celia”, scrive Salvini. “Il piano del Commissario prevede entro dicembre 2023 il completamento del 2° lotto nella carreggiata in direzione Agrigento e entro giugno 2024 nel tratto di carreggiata in direzione Autostrada A19. L’intervento riguarda complessivamente 28 km, di cui i primi 23,7 km (da Agrigento verso Caltanissetta e dalla A19 verso Caltanissetta) risultano già aperti al traffico, in modalità di cantiere”. Nelle speranze del leghista c’è il fallimento di chi l’ha preceduto.
In questi giorni sull’assegnazione del titolo di Capitale della Cultura non sono mancati i risolini, gli sfottò, i dubbi. Ma come suggerisce anche il giornalista Totò Rizzo, “prima di fare spirito di patate a buon mercato bisognerebbe passarsi una mano sulla coscienza e chiedersi perché nei decenni si sia andati a votare certi sindaci, certi presidenti delle ex province, certi parlamentari e presidenti della Regione, perché si siano affidate agli amici degli amici le gestioni di tutto, dalla Sagra del Mandorlo al Teatro cittadino, alla festa du cudduruni. Ecco, questo bisognerebbe chiedersi. E comminare a noi stessi la pena di andata e ritorno quattro volte al mese sulla SS189 (la Palermo-Agrigento, ndr) e l’attraversamento senza garanzie di protezione quattro volte al dì del Ponte Morandi nonché il domicilio coatto al decimo piano di uno dei palazzi costruiti sull’argilla a strapiombo sulla Valle dei Templi. Questo bisognerebbe chiedersi e queste pene scontare. Solo allora si potrebbe ironizzare”.
Ultima postilla sul Ponte Morandi, dato che Rizzo ci fornisce un assist troppo ghiotto: il 29 giugno 2021 è stato riaperto a metà dopo una chiusura di 1.546 giorni per problemi strutturali. Da allora si attende la completa riapertura, che sarebbe dovuta avvenire a febbraio di quest’anno. Nessuno, tranne una rara nota del Codacons, l’ha sollecitata. Manco deputati e senatori romani, che bramano pieni poteri, ma risultano sempre più all’oscuro dei veri problemi siciliani. Hanno ridotto l’Isola a un’elencazione sterile di numeri e di successi farlocchi, dimenticandosi del resto. E si rallegrano pure.