Giorgia Meloni e Matteo Salvini, alle prese con l’ondata migratoria più grande degli ultimi anni, non smettono di stupire. Meloni è riuscita a fare il grande salto verso Palazzo Chigi cavalcando il blocco navale e i porti sbarrati. Ma dall’ondata di disperati ora rischia di essere travolta. Salvini, per anni lo sceriffo e il gendarme finito perfino alla sbarra con l’accusa di aver sequestrato centinaia di naufraghi quando faceva il ministro degli Interni, tace. Non strepita. Non grida. Di fronte allo sbarco di 650 migranti a Roccella Jonica, il capo leghista è riuscito a dribblare le critiche al (suo) governo parlando di “evidente attacco della malavita”. Un paradosso nel paradosso.
Tanta prudenza è figlia dell’estrema debolezza di Salvini. “E della consapevolezza”, come dice un ministro di Fratelli d’Italia, “che al governo Meloni non ci sono alternative. Dunque Matteo deve fare il buono e il bravo…”. Vero? Sì, come dimostra ciò che filtra dall’entourage del capo leghista: “Scegliamo toni bassi perché Piantedosi è un amico e Meloni ha un compito arduo. Sarebbe sgradevole attaccarli…”. Tanto più che è stato proprio Salvini a volere Matteo Piantedosi al Viminale. Un ministro che appena parla fa danni come dimostra l’ultima dichiarazione sganciata sabato, dopo essere stato silenziato per giorni: “L’Italia è attrattiva per i migranti a causa di una larga fetta di opinione pubblica a loro favorevole”. L’articolo su Huffington Post