L’altra faccia dell’ “anatema” sono queste facce qui, da qualche giorno incupite. L’altra faccia del severo ma pacato monito di questo autorevole ma sempre paterno argentino che è Papa Francesco (non il rimprovero tonante di Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi, ma quella era quasi un’altra epoca, erano altri temperamenti, altri fuochi, quello lì, il polacco, aveva fatto perfino l’operaio e l’attore) è il cuore di un quartiere che da qualche giorno batte a ritmi rallentati, brachicardico, non ammutolito ma taciturno, come se qualcuno avesse azionato una sordina, che già non vi si sentono campane perché quelle del Carmine sono inglobate come la chiesa stessa nel mercato e nelle sue “abbanniàte” e quelle flebili, festosamente rintoccanti di Sant’Agata (la Pedata), sono una eco fuori le mura, oltre l’omonima antica porta, anche se lontane appena un centinaio di metri. Come se questo qui, l’Albergheria – o Ballarò, fate voi se proprio volete darle nome e colori e suoni che sono in realtà solo del mercato, del suo vociare, del suo esporre ogni bendidio come fosse un vecchio film in technicolor – fosse (ed è) un’enclave.

Sembra colore, per l’appunto, sembra folclore, sembra psicosociologia da bignamino ma il “blitz” ha lasciato un segno, un segno appena tracciato, un brusìo quasi muto, che noti, scorgi, ausculti senza necessità di stetoscopio, nella vita di ogni giorno. Già da quello dopo l’alba degli elicotteri e delle manette, delle ordinanze e degli avvocati tirati giù dal letto.

Già al supermercato. Facce “stranottate”, cestoni di plastica trascinati lentamente, poca merce dentro e al cassiere che chiede gentile alla donna dal viso corrucciato “tutto qui?”, scandendo poi un più deciso “14 euro e 30”, viene risposto con svogliatezza, “sì, tutto qui” e poi, tra sfogo e piccola confidenza, “oggi mancu pitìttu haiu…”. E piccoli capannelli – quattro, cinque persone – si formano tra la vetrina dei surgelati e il bancone refrigerato dell’ortofrutta e ci si scambiano informazioni, pareri, curiosità, chissà forse pure pettegolezzi ad averne una voglia che in verità non sembra accesa. E dentro lo stesso mercato – ma può essere una casualità – hai l’impressione che qualcuno abbia abbassato il volume del vocìo, della concitazione, abbia rallentato la voglia e il ritmo della battuta, del doppiosenso, dello sfottò a distanza tra un banco e l’altro.

Le donne sono quelle più informate, si capisce: i capannelli sono tutti femmine, adulte, poche le anziane, più le ragazzine fattesi mogli e madri troppo presto. Circoleranno le notizie, certamente, ci sarà perfino un po’ di esagerazione, d’allarme, poi di conforto, forse di rassegnazione. Sono cinque, sei, sette: pochi minuti, poi un tacito “rompete le righe”.

Nessuno vuole, o può, turbare quest’ottundimento, questa lieve cupezza, né alcuno può sospettare che sia un segno dell’interrogarsi come credono ancora alcuni cronisti televisivi che ficcano il microfono sotto il naso nel garrulo safari del “lei che ne pensa?”. Tutto sembra girare come deve. Normalmente, in apparenza. I “piccioli”, cui ha fatto alla lettera una colorita ma affascinante citazione il Papa? Finché ce n’è… e nonostante siano lo sterco del diavolo, come si sa, non hanno odore né anima.