Ci mancava solo Cannes. A complicare l’avvio di legislatura di Renato Schifani, non bastasse la storia delle parcelle d’oro a Russo e Stallone, si è aggiunto l’ennesimo azzardo dell’assessorato al Turismo: un investimento da 3,7 milioni, documentato da ‘La Sicilia’, per l’allestimento di una mostra fotografica che nessun siciliano vedrà. All’Hotel Majestic di Cannes, sulla Croisette, una società lussemburghese allestirà il quartier generale ‘Casa Sicilia’ – tartine e prosecco per tutti – in occasione della prossima mostra del cinema, allo scopo di promuovere uno shooting del fotografo di moda Awamu Moja. La seconda edizione di ‘Sicily, Women and Cinema’ ha fatto registrare, ancor prima di andare in scena, un notevole incremento dei costi: si è passati dai 2,2 milioni scuciti lo scorso anno ai 3,7 decretati dal dipartimento qualche giorno fa. Si tratta, ovviamente, di fondi comunitari.

Quale sarà il risultato memorabile dell’installazione non è ancora chiaro. Semmai risuonano gli echi dello scorso giugno, quando l’illustre predecessore di Scarpinato, il neo deputato Manlio Messina, consumava le suole, avanti e indrè sul red carpet, per accreditarsi presso le celebrities di tutto il mondo. Di quell’appuntamento, rimangono scolpite le sue parole: “All’interno di questa accogliente location – spiegava Messina – abbiamo organizzato proiezioni ed esposizioni, ospitato attori, registi, produttori, messo in mostra l’enorme potenziale che la nostra Isola offre alle produzioni cinematografiche. Le nostre bellezze, infatti, rappresentano un set naturale unico e variegato, mare, montagna, ambienti molto diversi ma tutti territorialmente molto vicini e, grazie al clima, utilizzabili tutto l’anno”. Sarebbe stato oltraggioso parlare di bis. Ma nonostante Messina sia uscito dai ranghi, e Musumeci non sia più in carica, Fratelli d’Italia ha fatto il diavolo a quattro per mantenere l’assessorato, e, di conseguenza, riproporre l’appuntamento (per altro affidandolo alla lussemburghese Absolute Blue senza un bando a evidenza pubblica). Se l’anno scorso in passerella comparve per prima l’attrice Jasmine Trinca, quest’anno ci aspetteremmo almeno Carla Bruni.

Scherzi a parte, sulla lievitazione dei costi “indaga” anche il presidente Schifani. Che, ancora una volta, è sorpreso dal provvedimento: con una breve nota diramata da Palazzo d’Orleans, il governatore ha chiesto a Scarpinato di “fornire tutti i dettagli con la documentazione degli atti rispetto alle determinazioni assunte”. La stessa richiesta inoltrata qualche giorno addietro agli uffici che avevano liquidato i pagamenti ai legali Pier Carmelo Russo e Francesco Stallone, in seguito al contenzioso instaurato dalla Regione contro i colossi dei termovalorizzatori. Gli avvocati, addivenuti alla cifra di 5 milioni in seguito alla transazione con l’Ufficio legale e legislativo della Regione stessa, per il momento si sono visti ‘congelare’ la parcella. La parola ripassa al Tribunale di Milano, che dovrà stabilire da capo l’ammontare delle prestazioni.

Non è facile, e si comprende perfettamente, venire a capo dei numerosi scandali consumati negli anni. Uno è stato sventato per miracolo, anche se l’odore di fritto è rimasto. Ci riferiamo alla questione dell’Ente minerario, una partecipata in liquidazione da oltre vent’anni. Tutto ebbe inizio con la delibera 92, approvata dalla giunta il 13 febbraio 2018, a poche settimane dall’insediamento di Musumeci a Palazzo d’Orleans. Quel giorno il governatore è assente. Le redini del governo sono nelle mani del vicepresidente, onorevole Gaetano Armao. Il quale, manco a dirlo, ha un’urgenza sfrenata di cacciare via dall’Espi e dall’Ente Minerario – i due più immondi e disastrosi carrozzoni del sottogoverno siciliano – la liquidatrice, professoressa Rosalba Alessi, che ha ricoperto quello sgradevole compito fin dal 9 marzo 1999. Piazzando al suo posto Anna Lo Cascio.

In quel momento, si vocifera, inizia un valzer di venti milioni. Un gioco perverso. Un giallo che monta di carta in carta, che arruola un intermediario di antica e collaudata obbedienza, che passa da Londra e poi ritorna a Palermo. A smontare i sospetti (con fatica) ci pensano alcuni parlamentari, tra cui l’attuale assessore all’Energia Roberto Di Mauro e il deputato del Pd Antonello Cracolici, che si mettono alla ricerca del cosiddetto ‘riparto anticipato’ della liquidazione, che è prerogativa del commissario liquidatore versare in entrata al bilancio della Regione qualora, sulla base dei contenziosi pendenti, sia possibile farlo. In atto ce n’era soltanto uno.

Alla richiesta di chiarimento, l’assessore Armao organizza un incontro con il ragioniere generale e con il commissario liquidatore. A seguito del quale, come riferito da Armao, il liquidatore dichiara “l’indisponibilità dell’attivo della liquidazione in quanto ancora in corso di espletamento”. L’11 maggio, il vicepresidente dell’Ars, Roberto Di Mauro, fa una richiesta di accesso agli atti, incrocia i dati con gli estratti conto bancari e, nel giro di qualche settimana, ottiene il responso: la Regione vanta nei confronti dell’Ems un credito di 27,64 milioni a titolo di liquidazione. “O uno fra il ragioniere generale e il commissario liquidatore ha ingannato Armao, oppure è stato l’assessore, distratto, a tergiversare di fronte alle nostre osservazioni precise e dettagliate, assumendo fra l’altro un atteggiamento di sfottò”, sentenzia Di Mauro. Mentre Cracolici ci va giù duro: “L’assessore Armao, in quest’aula, ha detto il falso. Il parlamento è stato schernito e ora dovrebbe rivoltarsi”. “Perché i 20 milioni escono fuori soltanto adesso? Questo è un grave esempio di mala gestio. Le ipotesi sono due: negligenza o dolo”, fu la critica di Calderone, ex capogruppo di Forza Italia. Armao trovò comunque il modo di giustificarsi: “Il liquidatore avrà fatto i suoi approfondimenti. Era quello che io, facendo tesoro delle valutazioni sorte in quest’aula, avevo chiesto. E finalmente la cifra è stata formalizzata”. Vennero fuori non più 20 milioni, ma addirittura 23. Per fortuna.

Un altro episodio su cui è calato il silenzio riguarda l’Oasi di Troina, l’istituto di cura per disabili in provincia di Enna. La scorsa primavera, grazie a un’inchiesta de ‘La Sicilia’, scoppiò lo scandalo dell’occupazione militare da parte di Diventerà Bellissima, il movimento del governatore Musumeci e dell’ex assessore alla Sanità, Ruggero Razza, che avevano piazzato all’Ircss donne e uomini di partito (per ricompensare – pare – Alessandro Aricò per la mancata staffetta a piazza Ottavio Ziino). Nei ruoli più disparati: a cominciare da Claudio Volante, ex consigliere comunale di Palermo, che venne nominato direttore generale prima di essere ‘destituito’ da padre Silvio Rotondo “a seguito delle sue azioni in chiaro contrasto con gli indirizzi strategici del CdA, e che hanno creato situazioni non in linea con la missione dell’Opera”. A fare saltare il banco fu l’affidamento di un doppio incarico (per 25 mila euro) al giornalista Vincenzo Bellomo, già visto all’ufficio stampa del Comune di Palermo, per l’organizzazione di una serie di eventi di cui avrebbe potuto (e dovuto) occuparsi un dipendente pubblicista in organico all’Irccs. ‘La Sicilia’ rivelò, inoltre, un giro larghissimo di incarichi e consulenze con la stessa, identica matrice: l’appartenenza politica.

Di quella vicenda non s’è più parlato. Nel corso dell’ultimo convegno sulla sanità, organizzato in piena campagna elettorale a Catania, Razza ha fatto finta di nulla, e attaccato “un sito che non dice la verità” (Buttanissima, ad onor di cronaca, è l’unico ad averla pretesa). Ed è caduta nel vuoto la relazione di una commissione ispettiva nominata dallo stesso Razza per verificare la fondatezza dell’impugnativa presentata dal direttore generale dell’Ircss contro la revoca della sua nomina. Un atto che Antonello Cracolici (Pd) ha giudicato “una forma di intromissione nella vita e nella gestione in ente privato che potrebbe sfociare nell’inevitabile condizionamento dell’attività e delle scelte dell’Ente”. Resta il legame a doppio filo fra la Regione e l’Oasi, sancito da una convenzione decennale da 500 milioni, che per qualcuno, forse, giustifica ogni tipo d’ingerenza.

A margine di questi episodi, vanno citati lo scandalo dei 100 milioni pagati a un’altra società lussemburghese, proprietà di Ezio Bigotti, per la realizzazione di un censimento fantasma, rimasto incastonato nelle pareti di un server senza password per quasi 15 anni (e oggi inservibile); e i numerosi attriti con la Corte dei Conti, che sulla base dell’ultimo rendiconto ha deciso di affidarsi alla Corte costituzionale per avere un verdetto – definitivo o quasi – sulla spalmatura decennale del disavanzo, ritenuta “non regolare”. Ma le questioni contabili, più che uno scandalo isolato, sono diventate ordinaria amministrazione. Povera Sicilia.