E’ Natale, e sul fronte del caro voli non è cambiato praticamente nulla. Non è bastato alla Regione spendersi con venti giorni d’anticipo, dopo che persino il presidente Schifani è dovuto rientrare dalla Capitale in Sicilia via mare (da Napoli). Le cose sono rimaste esattamente com’erano. E nemmeno l’aggiunta di qualche rotazione su Catania e Palermo da parte di Ita – la compagnia di bandiera che si appresta a essere “assorbita” dalla tedesca Lufthansa – è bastata a far diminuire i prezzi. Macché. Tornare in Sicilia, nell’epoca post-Covid, è meno conveniente che andarsene a New York o Pechino.

La Regione, con una ventata di populismo, si era detta pronta a denunciare il cartello delle compagnie aeree all’Antitrust. La giunta, in realtà, ha deliberato solo un primo passaggio, per esplorare con un gruppo di avvocati esperti in materia se e quanto fosse conveniente muoversi presso l’autorità della concorrenza. Lo stesso ha fatto il Codacons, che nei giorni scorsi ha presentato un esposto per denunciare il caro voli da Roma, Milano, Torino e Bologna. L’unico risultato è che l’Antitrust ha aperto un’istruttoria nei confronti di Ryanair, WizzAir, Easyjet e Ita. Un brodino.

Ma ai siciliani cos’è tornato in tasca? Praticamente nulla. Quelli che sono riusciti a prenotare un volo in extremis, hanno dovuto spendere un capitale. E coloro che speravano in una soluzione agile da parte della politica, saranno rimasti delusi. Un’altra volta. Ora che le Feste sono quasi in archivio, lentamente il pensiero del caro-voli si allontanerà da noi. Almeno fino alla prossima estate. A quel punto sarà meglio lasciare a qualcun altro la gnagnera populista, e tornare a occuparsi di questioni più serie. C’è l’imbarazzo della scelta.