Per capire come muoversi, bisognerebbe prima individuare la portata dei problemi. Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha trovato 172 milioni per il completamento del polo pediatrico di Palermo, un ospedale all’avanguardia – da quasi 200 posti letto – che la Sicilia aspetta da anni. Chapeau. Al netto degli investimenti futuri, però, la sanità continua a barcollare in maniera vistosa e pericolosa. Succede adesso, sotto i nostri occhi. Ne è dimostrazione il sovraffollamento, fino al 450%, registrato in questi giorni al Pronto soccorso dell’ospedale “Buccheri-La Ferla” di Palermo, dove un anziano ha atteso tre giorni e tre notti, nell’area di osservazione breve, che si liberasse un posto in reparto. Come racconta Repubblica, aveva la polmonite e il ventilatore sulla faccia.
Il Covid c’entra fino a un certo punto (l’occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva, nonostante l’aumento dei contagi, è sotto la media nazionale). E’ come se la sanità avesse superato da tempo il punto di rottura, e nessuno riuscisse a riportare indietro le lancette. Nemmeno l’assessore Razza, con la sua prosopopea, ce l’ha fatta. All’interno di molti reparti, esistono tuttora delle aree off limits, riservate a chi s’infetta con Cerberus o Omicron 5, le versioni più aggiornate del Sars-Cov-2. Ma bisogna combattere anche con l’influenza stagionale, che tiene a letto 56 mila siciliani. Non tutti, per fortuna, si sono precipitati in ospedale. In molti nosocomi – è accaduto anche al ‘Cervello’ – le ambulanze arrivano a sirene spiegate, e non possono recuperare nemmeno le barelle perché i reparti le hanno esaurite. Restano bloccati come i pazienti in ‘codice giallo’, costretti a ore di attesa prima di essere visitati.
Alcuni di loro, per via del sovraffollamento, vengono trasferiti nelle cliniche convenzionate, anche se da Confindustria Catania arriva una possibile soluzione per ovviare al problema: “Oltre ai protocolli che consentono giornalmente ai medici dei pronto soccorso di poter trasferire i pazienti alle case di cura al fine di garantire le prestazioni irrinunciabili di cui necessitano – si legge in una nota -, occorre prevedere che le stesse possano essere remunerate anche oltre i tetti di spesa previsti”. Per l’anno in corso – secondo l’associazione – risulterebbe congruo lo stanziamento di un plafond aggiuntivo pari al 5% di quello già disponibile da destinare esclusivamente al settore emergenze.
Inoltre, la vita in corsia è diventata impossibile. Non ci sono abbastanza medici, né infermieri. E non si riesce a fare tutto. Anche per questo la stabilizzazione dei precari – almeno per la politica – diventa la panacea di tutti i mali. Nel caso sollevato oggi dal sindaco di Caltagirone Fabio Roccuzzo, in commissione Salute all’Ars, è stata prospettata la gravissima crisi di personale che investe l’ospedale “Gravina”, dove la copertura organica del Pronto soccorso si ferma a un deprimente 6 per cento e dove il reparto di Cardiologia ha rischiato di chiudere per carenza di medici. Roccuzzo denuncia l’utilizzo, da parte della politica, di due pesi e due misure: “I cittadini del territorio del calatino meritano lo stesso diritto alla salute e gli stessi servizi – spiega a Live Sicilia -. Vanno istituiti immediatamente i dipartimenti interaziendali dell’emergenza per garantire a tutti gli stessi servizi. I sindaci della provincia di Catania hanno deliberato all’unanimità la loro istituzione ma registriamo resistenze. O la politica fa un passo indietro e la smette di invadere il campo della sanità oppure saremo destinati alla chiusura”.
Questi sono i problemi di cui l’assessore Giovanna Volo, appena insediata a piazza Ottavio Ziino, dovrebbe occuparsi. Smaltire le code al Pronto soccorso, oltre che le liste d’attesa. O sempre più gente rischia di arrivare in ospedale e non uscirne più. Ma la politica, come sempre, si interroga sulle refluenze a lungo termine. Sul possibile tornaconto elettorale. Sulle nomine al vertice di Asp e ospedali Sull’integrazione dei servizi fra pubblico e privati, su cui dovrà basarsi il nuovo corso di Renato Schifani. Così, a distanza di una settimana dall’impegno assunto all’Ars dal governo regionale, la questione più impellente è diventata la stabilizzazione dei precari Covid (o quanto meno la proroga dei contratti in scadenza il 31 dicembre).
A chiederla sono stati i deputati di Fratelli d’Italia, Giuseppe Zitelli e Marco Intravaia: “Riteniamo che i lavoratori precari Covid siano una risorsa. Nelle more che il Parlamento nazionale approvi l’emendamento alla legge di bilancio che dà il via libera alla stabilizzazione di questo personale, ci auguriamo ci sia la volontà da parte di tutti di rispettare gli impegni presi con il Parlamento regionale e avviare ogni iniziativa utile a prorogare i contratti in scadenza a fine anno”. Per Michele Mancuso, di Forza Italia, “tra le professionalità legate all’emergenza covid, non si può continuare a fare distinzioni. Non ci sono eroi di serie A ed eroi di serie B: sono tutti meritevoli. Tutti in oltre due anni sono stati in trincea. All’interno di un ragionamento sulla stabilizzazione è necessario coinvolgere tutti: personale sanitario, tecnico e amministrativo”. Anche il Pd, incontrando alcuni precari, insiste sull’estendere il provvedimento anche agli amministrativi: “La possibile distinzione tra personale sanitario ed amministrativo appare assolutamente iniqua ed inaccettabile – ha detto il capogruppo Michele Catanzaro – e non trova giustificazione visto che attualmente tutti i lavoratori contribuiscono in egual misura al mantenimento dei livelli essenziali di assistenza”.
Ma alla Fiera del Mediterraneo, nell’hub dove i palermitani si sono rimessi in coda per effettuare il tampone, tira una brutta aria. Il commissario per l’emergenza, Renato Costa, conferma a Live Sicilia che la struttura chiuderà i battenti alla fine dell’anno: “Aspettiamo che ci vengano comunicati i modi e i tempi definitivi”. I costi di gestione, come ha sottolineato giorni fa l’ex presidente della commissione Salute, Margherita La Rocca Ruvolo, sono eccessivi: tre milioni al mese. Per questo la Regione si era ingegnata per l’individuazione di un altro edificio, ma l’ipotesi dell’istituto Principe di Castelnuovo, in Viale del Fante, è subito svanita. Nel frattempo non resta che vaccinare e ‘tamponare’. Senza mai abbassare la guardia di fronte al nemico invisibile.