Ora sì, ora che si è scoperta l’esistenza di due “pentiti”, si può parlare a pieno titolo di associazione per delinquere di stampo antimafioso.
Marco Venturi e Alfonso Cicero si sono voluti smarcare da Antonello Montante e hanno fatto saltare il tappo. È venuto fuori il sistema di potere gestito dall’ex presidente di Sicindustria.
Venturi e Cicero hanno fatto parte del mondo che denunciano. Si erano accorti quasi subito che la svolta legalitaria era solo di facciata, ma solo due anni dopo hanno deciso di parlare ai magistrati delle porcherie a cui avevano assistito. Hanno puntato il dito contro il sistema nel quale hanno ricoperto incarichi di prestigio. Presidente degli industriali nisseni e assessore regionale Venturi, presidente dell’Irsap Cicero. Montante si difende sostenendo che si siano voluti vendicare di lui per il no al rinnovo degli incarichi. Si vedrà.
Adesso le loro dichiarazioni vanno riscontrate, come quelle dei collaboratori di giustizia. Un tempo c’erano don Masino Buscetta, ma i tempi cambiano. Non c’è più la mafia di una volta, ora c’è la cosca dell’antimafia.
Il pentimento è il tassello che mancava. L’associazione di tipo mafioso – articolo 416 bis codice penale – prevede la forza di intimidazione (“o con me o contro di me”, sarebbe stato il motto di Montante, pronto a sputtanare i nemici con attività di dossieraggio) del vincolo associativo (erano una banda che gestiva nomine e posti di lavoro ) e della condizione di assoggettamento e di omertà (nessuno prima di Venturi e Cicero ha fatto saltare il banco) che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici (è il nodo principale dell’indagine: grazie alla compiacenza di Rosario Crocetta, alcuni industriali avrebbero ingrossato il loro portafogli).
Mancavano loro, i pentiti. Il memoriale, mica i verbali in uno slang incomprensibile tipico dei pentiti di mafia, ha completato il puzzle.
Certamente si aprirà una nuova stagione ricca di incognite. La leggi sui pentiti è per molti versi allettante, soprattutto per quelli che hanno qualche peccatuccio da farsi perdonare. Per averne contezza basta ricordare la recente e clamorosa sentenza della Corte di Assise sulla famigerata Trattativa tra i boss di Cosa nostra e alcuni e alti rappresentanti delle istituzioni. Tutti condannati a pene pesantissime tranne uno: quel Giovanni Brusca che nel 1992 organizzò ed eseguì l’attentato di Capaci dove, su ordine di Totò Riina, furono massacrati Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di scorta. Per Brusca tutto prescritto, tutto perdonato. Perché il sanguinario boss dei corleonesi ha esercitato per oltre vent’anni la libera professione di pentito. Parliamo, evidentemente di due mondi completamente diversi, ma anche i pentiti dell’antimafia – se mai si dovessero accertare certe loro responsabilità – finiranno per non pagare pegno.