La “stranezza” è quella vaga idea che non ha ancora preso forma nella mente di un artista, un embrione creativo che vagola e aspetta una scintilla per essere imbrigliato e sviluppato, per ottenere la certificazione nero su bianco. La “stranezza” che ha punto Roberto Andò era quella di lavorare con Ficarra e Picone (che pure aveva scritturato a Siracusa, all’Inda, ma affidandoli ad altro regista, Giorgio Barberio Corsetti, per “La rane” di Aristofane che al teatro greco fu un successo bissato per due stagioni) ma stavolta aveva proprio voglia di essere lui, a dirigerli. E così la scintilla che si è accesa è stata una biografia di Pirandello che durante una passeggiata palermitana gli regalò Leonardo Sciascia, un prezioso libro di Gaspare Giudice edito da Utet. E, “stranezza” su “stranezza”, l’idea che gli ronzava in testa ha preso l’aspetto di un racconto fantastico, di una narrazione tra realtà e finzione. Pirandello torna da Roma in Sicilia per celebrare con un discorso gli 80 anni di Giovanni Verga che è astioso con Catania e contrario a quella cerimonia perché in fondo la sua città lo ha dimenticato (la cronaca). L’Agrigentino s’imbatte così nella morte inaspettata della sua vecchia balia e nell’ancora più inatteso incontro con due becchini che sfogano la loro passione per il teatro a capo di una compagnia amatoriale (la fantasia). Ma, grazie a questo incontro, la “stranezza” che fino ad allora erano stati nella mente del drammaturgo i “Sei personaggi” prenderà corpo nel lavoro più rivoluzionario della scena della prima metà del Novecento, contestatissimo al debutto romano, osannato subito dopo e fino ai giorni nostri giorni.
«È una promessa che ci eravamo fatti – dice Andò a proposito de La stranezza, presentato alla Festa del Cinema di Roma, ieri in anteprima a Palermo e da oggi nelle sale – quella di lavorare insieme con Salvo e Valentino. Avevamo anche sfiorato un’altra bella storia, poi è venuta fuori questa idea che affronta in maniera divertita ma anche tenera, struggente, il travaglio creativo che soffrì Pirandello per “I sei personaggi”, un’autentica ossessione (nel film sono evocati, prima del debutto, quasi in una dimensione fantasmatica nella mente dello scrittore, ndr.). E può far piacere credere che dalla commedia, dai toni farseschi che fanno di Pirandello lo spettatore compiaciuto di questa compagnia amatoriale di paese, sia scaturito il lampo per la stesura definitiva del dramma più celebre. D’altronde, per citare ancora Sciascia, è come se qui si sconoscesse la differenza fra tragedia e commedia».
Della stessa idea di “leggerezza” si fanno portatori Ficarra e Picone che mettono a disposizione della macchina da presa in maniera magistrale tanti registri, dall’ironico al grottesco, al pathos: «A noi piace “deviare”, ci annoia fare sempre le stesse cose. Così, se ancora prima di conoscere il progetto avevamo detto sì ad Andò un secondo dopo che ci aveva proposto di lavorare con lui, saputo cosa avesse in mente, siamo stati ancora più felici. È stato un viaggio nuovo, questo, speriamo di farne sempre di nuovi». E concludono: «È stato divertente evocare il mondo del teatro amatoriale e l’incontro casuale con il teatro ufficiale, soprattutto attraverso una storia bugiardissima che contiene però un fondo di verità».
Scritto da Roberto Andò e Massimo Gaudioso, che con Ugo Chiti firmano anche la sceneggiatura, fotografato poeticamente da Maurizio Calvesi, quasi tutto in notturna al lume di candela per gli interni e in un simil-seppiato per gli esterni-giorno, arredato e vestito da Giada Calabria e Maria Rita Barbera, prodotto da Bibi Film, Tramp Ltd, Medusa e Rai Cinema, 10 milioni di budget, La stranezza si avvale di un Toni Servillo che non solo è il camaleonte che conosciamo ma regala a Pirandello un’empatia che lo allontana da quella mitologia tra il cattedratico e il doloroso, nel pubblico e nel privato, che lo ha sempre accompagnato (e non è un caso che le teorie sul teatro Andò le metta in bocca ai dilettanti e non al gigante della scena). E vi recita un gruppo di attori, per massima parte siciliani, che “sanno” bene di teatro e di cinema, da Renato Carpentieri a Luigi Lo Cascio, a Fausto Russo Alesi, Galatea Ranzi, Donatella Finocchiaro, Tuccio Musumeci e ancora Aurora Quattrocchi, Filippo Luna, Giulia Andò, Rosario Lisma.
«È come chiudere un cerchio – suggella Andò parlando del film come di un desiderio finalmente appagato – raccontare il caos, il dualismo persona-personaggio, la Sicilia, l’arte». È forse la chiusura di un cerchio anche perché La stranezza contiene in fondo, nel momento del processo creativo, tutte le sue passioni: la letteratura, il teatro, il cinema. E, non ultima, la sua terra.