Doveva ripiegare sulla “militanza” nuda e cruda (“Io non svendo la mia terra e il mio popolo per un posto al parlamento nazionale”, diceva). Ma come per magia, si ritroverà Ministro per le Politiche del Mare e del Mezzogiorno. E’ questo il destino balneare di Nello Musumeci: un giorno “trombato” da palazzo d’Orleans, dove i partiti non hanno ceduto al ricatto dell’ennesima impuntatura; il giorno dopo senatore e Ministro senza portafoglio, dopo aver accettato il corteggiamento (politico) di una donna con la quale si era riconciliato da pochi mesi (solo) per strappare il bis a Palermo. Scherzi del destino.
Nello, che in cinque anni alla Regione è riuscito a totalizzare qualche riforma di Serie B, cinque esercizi provvisori e una sfilza di liti con gli alleati e col parlamento, ce lo ritroveremo comunque in Sicilia. A trattare con Schifani per coronare i sogni di entrambi (vedi Ponte sullo Stretto), a dettare i tempi delle riforme e degli investimenti, nel tentativo di ridurre un gap (economico, infrastrutturale, sociale) che negli ultimi tempi lo ha fatto sobbalzare più volte sulla sedia, fino ad esasperare il contrasto coi governi “degli altri”, e di altri colori. Celebri le liti con il sottosegretario Cancelleri (M5s) e col ministro Provenzano (Pd) che proprio per il Mezzogiorno si era adoperato nel Conte-due. Ma non si occuperà di porti e di navigazione: quella è materia che Salvini, alle Infrastrutture, non ha alcuna intenzione di cedere. Né di Coesione territoriale, una delega cucita ad hoc su Raffaele Fitto, il neo ministro degli Affari europei.
Musumeci va a Roma e ci resta, dopo aver appiedato il resto della compagnia. Soltanto lui, in qualità di governatore uscente, ha ottenuto il pass diretto per le Camere: candidato nell’uninominale di Catania e Acireale e, come non bastasse, anche in un collegio proporzionale. Gli altri sono rimasti in Sicilia a guardare: da Ruggero Razza, delfino e assessore uscente alla Sanità, che ancora spera di essere ripescato da Schifani; a Enrico Trantino, assessore comunale ed erede della destra catanese, che rimarrà a osservare dal suo studio; passando per Toto Cordaro, l’ex assessore regionale al Territorio e ambiente, transitato in FdI in extremis ma rimasto senza incarichi. Per non parlare di tutti quelli che, durante la campagna per le Regionali (e con poche eccezioni) hanno dovuto muoversi da soli, e con alterne fortune, senza il sostegno del “pizzo magico”. Probabilmente fra staff e gabinetti vari, qualcuno a Roma tornerà utile. Viva la Sicilia delle poltrone e del merito.