Diciamolo con dolore e, se volete, anche con malinconia: la Sicilia arranca. Non riesce più a produrre nemmeno la cosa più elementare: un risultato elettorale nei tempi previsti dalla legge. E non è in grado neppure di impegnare i soldi che l’Europa le ha messo a disposizione: mancano i progetti e c’è il rischio che entro il prossimo anno vadano in fumo altri due miliardi di fondi non spesi. No, la Regione non ce la fa: ’n gna fa, avrebbe detto, con il suo romanesco categorico, quel diavolo televisivo di Gianfranco Funari. E’ stanca, ha il fiato grosso, è artrotica, si muove a fatica, fa un passo in avanti e due indietro. Sarà anche colpa del tempo o della malasorte, sarà colpa della politica o degli apparati, sta di fatto che tutti i meccanismi sono arrugginiti e che quando la crisi comincerà a flagellarci senza pietà, potremo solo opporre le ragioni della nostra vecchiaia e consolarci con Sant’Agostino, secondo il quale “l’individuo vive quel tanto che è necessario per morire”.

Ma non basta. Poi apri il giornale e scopri che il nuovo Presidente, in uno slancio gagliardo, ha nominato capo di gabinetto un pensionato, Salvatore Sammartano. Lo ha richiamato in servizio come si fa con i veterani dai tanti meriti e dalle molte medaglie. Scopri pure che presto, per supplire alle carenze nei posti cosiddetti apicali, saranno chiamati a dare una mano altri dirigenti già in quiescenza. E scopri anche che per controllare la trasparenza e la legalità degli atti amministrativi più delicati il presidente Schifani chiamerà al suo fianco un gruppo ristretto di magistrati, ovviamente tutti pensionati. A quel punto non hai più dubbi e pensi che Palazzo d’Orleans più che la sede del governo sia ormai una sorta di Rsa. Una nobile residenza per anziani.