Cateno De Luca si sente un perseguitato politico. Un uomo del popolo “mascariato” dai poteri forti. La vittima di macchinazioni politico-giudiziarie che gli costarono persino un paio di arresti. Alla fine, però, tutte le colpe ricadono su di lui: per il lessico poco forbito (e su questo non ci piove); per gli attacchi frontali alla “banda bassotti” e ai giornalisti; per i giudizi sopra le righe nei confronti della burocrazia. E per un centinaio di altre cose che Scateno vorrebbe azzerare, cancellare con un colpo di spugna. Tra questi i sondaggi elettorali. Eppure, l’ultima rilevazione di Ipsos (l’istituto di Nando Pagnoncelli) per il Corriere della Sera, lo vede addirittura in ballo per la presidenza della Regione. Secondo, alle spalle di Renato Schifani, con il 23%. Davanti a Caterina Chinnici e Nuccio Di Paola.
Nel lungo tour delle province, fra una genovese alla crema e la presentazione di un aspirante deputato, prova a divincolarsi dalle polemiche. In primis quella con la stampa. Nei giorni scorsi l’ex sindaco di Messina aveva attaccato in maniera sguaiata un collega del Giornale di Sicilia, reo di aver pubblicato una notizia non veritiera: “Io amo i giornalisti – comincia De Luca – Ma gli stolti ci sono ovunque: in politica, in magistratura e nella stampa. Non capisco perché si possa fanculizzare un politico che sbaglia, mentre se sollevi una questione nei confronti di giornalista scatta un meccanismo di solidarietà, sovversivo per alcuni aspetti, che fa passare noi politici come “sodali”. Io mi scuso sempre per i miei modi, ma di fronte alle storture vado fuori di testa. Forse era proprio questo l’obiettivo del cronista. Ma io l’ho capito in tempo e ho fatto uscire allo scoperto l’intero disegno”.
De Luca recita la parte della vittima e la pubblicazione della notizia che il Tribunale avesse respinto alcune delle sue liste, rientra – secondo lui – in una precisa strategia di mascariamento. Di cui i sondaggi rappresentano l’apoteosi. Anche i pochi favorevoli: “Da settimane assistiamo all’avvelenamento della democrazia. Queste Regionali stanno impensierendo i potenti. De Luca va fermato perché rappresenta un pericolo per l’ordine prostituito (non c’è refuso, ndr) della politica nazionale. Il nostro elettorato è massacrato, vessato, intimidito da sondaggi che minano il corretto equilibrio dell’informazione. Noi siamo donne e uomini liberi che vogliamo sfidare questo schifo di sistema”. Per questo ha commissionato – lui medesimo – una rilevazione sulle intenzioni di voto. Secondo SWG Schifani si mantiene in testa con una forchetta fra il 33 e il 37%; De Luca insegue (26-30), alle sue spalle Chinnici (17-21) e Di Paola (10-14).
C’era rimasto male, qualche ora prima, per la pubblicazione di un sondaggio dell’istituto Noto per Porta a Porta. Lo dava quarto, al 12%, dietro il candidato governatore dei Cinque Stelle: “Questa è opera di Schifani”, ipotizza durante una diretta Facebook (l’ex presidente del Senato svetta al 42 per cento). E scatta subito il riferimento alla sua Messina: “Anche in quel caso cominciarono a uscire sondaggi farlocchi. Pensi che l’ex ministro Boccia, responsabile enti locali del Pd, tornando a Roma disse a Letta che il centrosinistra avrebbe vinto al primo turno”. Ma De Domenico, candidato della sinistra e dei Cinque Stelle, straperse. “I sondaggi sono dei mezzucci utilizzati dalla casta per placare l’entusiasmo che non è più così latente”. E man mano che parla gli si gonfiano il petto e la voce: “Le piazze dove vado sono piene. E la cosa che continuo a registrare è che siamo gli unici a fare comizi all’aperto. Alla luce del sole. Non abbiamo timore se ci sono 50 persone o 500”.
I suoi competitor, per il momento, non accettano nemmeno l’ipotesi di un confronto televisivo a sei (“Cercateli a Chi l’ha visto?”). Pare che la candidata del Pd abbia accettato di partecipare alla stessa trasmissione, domenica sera, su Telecolor. Ma i due s’incroceranno? “Finora è stata una campagna elettorale esaltante. Abbiamo toccato 295 comuni, e vogliamo farli tutti. Mi dispiace soltanto non potermi confrontare con la Chinnici e con Schifani, uno dei pupari della politica siciliana. Mi sarei scontrato con loro, magari in modo aspro, per consentire ai siciliani di avere una percezione diretta dei singoli candidati e soprattutto dei rispettivi compagni di merenda, che io non ho e loro hanno”.
De Luca, inoltre, resiste all’insinuazione che non abbia un programma per la Sicilia: “Noi abbiamo dieci comandamenti programmatici – dice nel colloquio con Buttanissima -: ogni sera ne esponiamo uno in una piazza”. Ce ne dice alcuni: “Primo punto: liberare la nostra terra dal pizzo legalizzato”. Un po’ generico. “E’ il pizzo imposto dalla politica e dalla burocrazia. Stiamo soffocando, ma anche per respirare serve la raccomandazione di qualche deputato. L’impostazione politico-mafiosa della struttura regionale porta a questo”. Poi si passa al secondo punto: “Risanare i bilanci e avere le carte in regola. E’ necessario non solo perché lo sosteneva Piersanti Mattarella, ma perché solo in questo modo la Sicilia potrà confrontarsi alla pari con lo Stato”. Un altro concetto dirimente è il “decentramento e accorpamento delle strutture regionali e l’abolizione di quelle che non servono. In primis l’Urega e la commissione Via-Vas”, di cui Schifani vorrebbe modificare la governance, facendo fuori l’attuale direttore Aurelio Angelini. “E poi – aggiunge De Luca – voglio un solo ufficio periferico regionale. Non voglio avere a che fare ogni volta col responsabile del Genio Civile, con quello della Soprintendenza… Serve un solo dirigente regionale che abbia la responsabilità periferica degli uffici. E di conseguenza un solo parere, una sola istanza. Poi se la vedono all’interno degli uffici: sono pagati per questo. Invece fanno impazzire la gente”
I cavalli di battaglia non cambiano di una virgola: “Vinceremo col 41 per cento, non sappiamo se con l’Iva al 4 o al 22%”, scherza. Anche se in un momento in cui la tensione emotiva si affievolisce, durante la diretta mattutina su Facebook, ammette che “io non sto cantando vittoria, ma questo lavoro a mani nude che facciamo da mesi potrebbe materializzarsi in qualcosa di bello”. Lo scenario di latte e di miele viene spazzato via dalle ultime operazioni del governo, a partire dalle nomine all’Ast e al Corecom, nonostante una legge regionale le vieti a meno di 180 giorni dal voto: “In questo momento – riparte in quarta l’aspirante sindaco di Sicilia – siamo nella fase della compravendita dei voti, quindi va bene tutto. Negli ultimi quindici giorni si vedranno le peggiori porcherie”.
Sul comitato regionale per le Comunicazioni, Sicilia Vera ha presentato un esposto allo scopo di “denunciare la palese e continua violazione della par condicio nei nostri confronti”, perché fin quando Peria, impegnato nella campagna elettorale di Schifani, non accetterà l’incarico conferito dalla politica, il Corecom rimarrà privo dei vertici in piena campagna elettorale. “Un vuoto inaccettabile che pone a rischio la par condicio. Inoltre non possiamo non manifestare disappunto per la scelta di una composizione esclusivamente al maschile, in contrasto con le norme sull’alternanza di genere”. Ma quello, ça va sans dire, è davvero l’ultimo dei problemi.