L’entusiasmo è il motore trainante dei palermitani, affamati di cultura. Ma anche quello dei componenti della “Federico II”, la fondazione che fa capo all’Assemblea Regionale Siciliana e che in pochi mesi ha rivoltato il Palazzo Reale di Palermo come un calzino, offrendo un menu culturale ricco di storia, opportunità, tradizione. Gianfranco Micciché è il presidente della Federico II, Patrizia Monterosso il braccio operativo, che nel giro di un mese e mezzo – dall’incontro con padre Bucaro – ha tramutato l’idea di una mostra su Santa Rosalia, in una mostra vera e propria, inaugurata il 4 settembre, nel giorno della “Santuzza”. Andrà avanti fino a maggio: è una collezione di 41 opere d’arte ispirate alla patrona di Palermo, che tutto vede e tutto muove.
E’ possibile visitarla addentrandosi a palazzo dall’ingresso principale, quello che dà sul Cassaro. Il portone monumentale vice-regio è stato riaperto al pubblico dopo oltre un secolo. E il percorso turistico, nuovo di zecca, inaugurato per l’occasione. E che occasione…. Su piazza del Parlamento è andato in scena “R patrona”, lo spettacolo con Salvo Piparo e Costanza Licata, che ha richiamato il pubblico delle grandi occasioni: “Siamo stati costretti ad aggiungere 280 sedie – spiega Gianfranco Micciché, il presidente dell’Ars – Per fortuna eravamo all’aperto e non c’erano problemi di spazio. Appena il palermitano sa di una cosa bella, parte a mille all’ora. Questa città potrebbe avere un pubblico da Serie A per tutti gli eventi che decide di promuovere”.
Al termine dello spettacolo Piparo ha invitato i presenti a salire sul palco – come fosse un molo – ad attraversarlo e a varcare quel portone. Perché “restiamo umani” ha sottolineato l’artista: “E’ stato un momento emozionantissimo – sottolinea Micciché – Abbiamo dimostrato che il pubblico siciliano riceve, non rifiuta né respinge. La nostra gente è incapace di respingere”.
Sono bastate un paio di serate per restituire lustro alla residenza reale più antica d’Europa (la sua nascita si colloca intorno al 1130). “La differenza sostanziale – conferma Micciché – è che in sei mesi la Fondazione Federico II ha realizzato un paio di mostre – una sui pittori fiamminghi e una su Santa Rosalia – rispetto al niente di prima. E questo palazzo può giudicarlo solo chi aveva già avuto la possibilità di visitarlo. Non parlo di dieci anni fa, ma di quindici giorni or sono. Prima bisognava superare un controllo di polizia sotto un tendone per poter accedere, e francamente non era una cosa bella. Adesso siamo entrati in Europa e il merito è soprattutto della dottoressa Monterosso”.
Palazzo Reale ha un nuovo ingresso, una nuova biglietteria, un modo nuovo di approcciarsi al visitatore. Lo stesso Micciché, martedì scorso, ha fatto da guida ai giornalisti presenti, improvvisando un tour per i corridoi e le stanze del percorso destinato ai turisti: “Ma non è finita, siamo appena all’inizio. Siamo su un altro pianeta rispetto a quando abbiamo cominciato, ma i pianeti vanno esplorati tutti, fino ad arrivare al sole. Questa fondazione sta dimostrando di avere una classe amministrativa straordinaria. I ragazzi lavorano con entusiasmo e lavorano bene, è un segnale che abbiamo fatto centro”.
Il presidente dell’Ars è contento per due motivi: “Il primo è aver scelto bene a chi affidare le chiavi della fondazione; il secondo è che mi sto “priando” – in siciliano si dice così – di cose culturalmente straordinarie. L’apertura del palazzo e il livello qualitativamente alto della fondazione rappresentano un binomio vincente. Ogni giorno, oltre ai turisti, si presentano a palazzo i deputati e neanche lo riconoscono, restano a bocca aperta”. L’unica separazione sancita da questa operazione di rilancio del Palazzo dei Normanni è quella fra cultura e politica: “I turisti entreranno davanti, i politici dal retro – fa sapere Micciché – Questo palazzo è della città. Chi viene a visitarlo deve sapere che la parte destinata alla politica (Sala d’Ercole, dove si riunisce il parlamento) è risibile rispetto al resto. Prima, come giusto che sia, viene la fruizione culturale”.
Micciché è un uomo di politica, con alle spalle una formazione culturale di prim’ordine: “Ma io non sono un intenditore, né un colto – confessa – Lo sono mio padre e qualcuno dei miei fratelli. Ma mi è sempre piaciuto vivere in questo mondo, a contatto con la bellezza. Quando ho scelto Patrizia Monterosso, le ho subito detto che avrebbe avuto totale libertà e nessun obbligo da parte mia. Esiste un consiglio d’amministrazione e un gruppo di saggi con cui prendere le decisioni. Anche se all’ultima riunione, in cui ci siamo complimentati l’uno con l’altro per il lavoro svolto, abbiamo parlato di futuro. E io ho detto che mi piacerebbe un’iniziativa su Ruggero II, il vero capostipite di questo edificio”. Che, va ricordato, dal 2015, insieme alla Palermo arabo-normanna e alle cattedrali di Cefalù e Monreale è stato dichiarato patrimonio dell’Unesco.