E’ nota la leggenda, riportata in diversi saggi del filosofo Walter Benjamin, che narra di un pittore cinese della dinastia T’ang, Wu Tao-tzu (680-740) il quale, ricevuto dall’imperatore l’incarico di realizzare pitture di paesaggio su una parete del palazzo, invitò il sovrano ad ammirare i dipinti da vicino. Al battito delle sue mani, si spalancò una porta affrescata sul fianco di una montagna attraverso la quale entrambi scomparvero, e non fecero più ritorno. E’ una metafora dell’annullamento che separa soggetto e oggetto, io e mondo, che ben racconta l’universo del giovane artista tedesco Bjorn Braun, nel primo catalogo dedicato al suo lavoro, esposto da domani nella nuova biblioteca tematica dedicata all’arte e alla natura, Radiceterna Arte Ambiente istituita lo scorso maggio nel Calidarium dell’Orto Botanico di Palermo.
Il titolo del progetto, Radiceterna, fa riferimento a un’importante opera del 1984 di Mario Merz (1925-2003), Se la forma scompare la sua radice è eterna, esposta nel giardino antistante il Calidarium e ispirata da un verso del poeta persiano del XIII secolo, Gialal al- Din Rumi, che riassume la complessa visione creativa dell’artista dell’Arte Povera, la cui opera rimane fondamentale per gli artisti delle generazioni successive. Il neon di Merz ci ricorda quanto il cosmo è in continua trasformazione: gli esseri viventi che lo abitano e i processi evolutivi della natura sono in continua evoluzione ma le radici, ossia le fondamenta del mondo rimangono immutabili. Radiceterna Arte Ambiente ha fondato una biblioteca permanente all’interno del padiglione settecentesco del Calidarium dell’Orto Botanico, parte del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Palermo in collaborazione con la Fondazione Merz e l’azienda Planeta. Il progetto comprende la creazione di una nuova biblioteca permanente e una project room che presenta un programma di mostre la cui struttura concettuale segue la Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio (una raccolta di 37 libri che trattano, in modo enciclopedico, tutti gli argomenti riguardanti l’Uomo e la Natura, scritta intorno al 77-79 d.C.). Alcuni brani tratti dall’opera monumentale di Plinio sono riportati sulle lunette della sala ottagonale del Gymnasium, l’edificio centrale dell’Orto Botanico di Palermo, considerato tra i più importanti d’Europa, per le innumerevoli varietà vegetali provenienti da tutti i continenti.
Dopo la prima mostra dedicata alla coppia di artisti Allora & Calzadilla e la seconda personale di Katinka Bock, il terzo appuntamento espositivo nella project-room al Calidarium, a cura di Valentina Bruschi e Ignazio Mortellaro con il coordinamento artistico di Vittorio Rappa, è una personale dell’artista tedesco Bjorn Braun, che inaugura domani, venerdì 7 settembre, alle ore 18.
Le opere di Björn Braun oscillano nella ricerca di equilibrio tra Natura e Cultura, tra naturale e artificiale, a volte fondendo i due elementi come nella leggenda del pittore cinese. Nei suoi collage di carta, a differenza della maggior parte della produzione contemporanea dove gli artisti si appropriano di vecchie immagini recuperate da più fonti, Braun usa solo ciò che può trovare nelle immagini originali, normalmente tratte da vecchie riviste di viaggi illustrate degli anni Cinquanta e Sessanta: taglia e strappa le fotografie, riformandole o riposizionandole nel pezzo finito. Anche le opere scultoree di Braun seguono una logica simile di trasformazione degli objets trouvés. Tale metodo di lavoro di Braun consente all’artista di rielaborare i residui e gli avanzi del processo creativo. Spesso per le opere di Braun sono il risultato di “collaborazioni”, dove l’artista lavora insieme alla natura, agli uccelli, alle api e ai topi, solo per citarne alcuni, trasformando i resti delle loro attività – nidi, tane, uova abbandonate e piume – in sculture. Il processo creativo è parte fondamentale del lavoro e l’opera d’arte risultante è determinata dalla casualità. Le forme che l’artista predispone per il suo lavoro spesso ricordano l’estetica minimalista, rivista attraverso la sua predilezione per l’uso di materiali naturali umili, creando similitudini vicine all’Arte Povera. In questo contesto è importante ricordare come l’attenzione di Braun verso la forma del nido di uccello rimandi alla ricerca di Merz intorno sul tema dell’igloo, forma circolare e simbolo al contempo sia del mondo che di una piccola casa. Una costruzione in cui rifugiarsi alla quale Merz ha lavorato per oltre trent’anni, riproponendola in tutti i materiali possibili, trasparenti e non, luminosi, fatti di terra, di pietra, cera, ferro, rame, vetro.
Nella mostra dedicata a Bjorn Braun l’attenzione al nido è visibile nel video, Untitled (2012), dove l’artista ha documentato la realizzazione delle sue sculture-nidi, costruiti da fringuelli che usano elementi forniti dall’artista. Il video riproduce lo scambio: Braun fornisce le fibre una ad una ad un fringuello che accetta (o rifiuta) le offerte. L’artista, in precedenza, aveva tentato di costruire i nidi da solo, ma realizzò che gli uccelli erano più abili di lui. Così ha deciso di allevare un paio di fringuelli zebrati e li ha aiutati a costruire i nidi, fornendogli i materiali, in un lavoro di collaborazione.
Le sculture-colonne, invece, presentano le impronte lasciate dalle varie forme dei denti e dei morsi (di animali diversi e dell’artista stesso) nella materia solo parzialmente consumata. Impronte lasciate su mele, patate, pane o pannocchie, che si notano appena, mentre gli elementi sottratti scompaiono nello stomaco dei loro consumatori. L’artista distrugge ogni illusione di immediatezza dei materiali naturali sgranocchiati che vengono tradotti in cemento polimerico o calcestruzzo industriale e assemblati per formare alte colonne. Le tracce che emergono sulle mele, pannocchie e pane di Braun illustrano una trama di segni che richiama le iscrizioni delle colonne antiche, dove venivano illustrate storie religiose o di grandi battaglie mentre, in queste opere, è messa in luca una semplice attività quotidiana dell’artista e dei suoi “collaboratori”.