Claudio Fava non teme la concorrenza. “Barbara Floridia? La scelta dei 5 Stelle è frutto di una tensione interna e di contraddizioni mai superate”, mentre Caterina Chinnici, “è stata piuttosto assente sulle grandi e gravi vertenze politiche e democratiche che ci sono state in Sicilia”. Il deputato dei Cento Passi, che si è autosospeso da presidente della commissione Antimafia per dedicarsi alle primarie, è l’unico a non essere stato scelto da un partito, ma a proporsi da sé. Negli ultimi tempi respira aria buona: “Sento arrivare consensi anche da aree politiche che hanno espresso loro candidati”. Fava cita “dirigenti del Partito Democratico”, e persino “amici del Movimento 5 Stelle, anche fra i parlamentari, che credo interpretino bene questa competizione: non è una battaglia muscolare fra partiti o aree politiche. Non è Pd contro Cinque Stelle contro sinistra”.
Cos’è allora?
“Una competizione fra tre candidati, in cui mi sento di rappresentare tutte le sensibilità politiche dentro un perimetro riformista e progressista molto largo. Inoltre, ho la presunzione di poter rappresentare pezzi della società siciliana che non sono necessariamente dentro questo perimetro, cioè i tanti elettori che in buona fede – provenendo da una cultura politica a noi affine – avevano scelto Musumeci e che adesso si sentono umiliati e offesi da questi cinque anni di governo. Credo vadano strappati dalla tentazione dell’astensionismo. Io voglio parlare a tutti”.
Non teme la concorrenza degli apparati?
“Ormai da tempo immemorabile gli apparati contano poco. Quando io fui messo in lista dai Ds alle Europee del 2004, il partito mi disse che il “loro” candidato era un altro. Provarono a organizzare una campagna d’apparato che servisse a far eleggere il mio degnissimo avversario. Ma io presi 225 mila voti. A livello di preferenze fui il più votato d’Italia”.
Sono passati quasi vent’anni.
“L’apparato aveva senso quando esistevano partiti strutturati, che avevano una filosofia politica come collante, un comune sentire, una forza morale, un’identità. Adesso manca l’identità e, di conseguenza, l’apparato. Forse bisognerebbe dedicarsi alla ricostruzione di un’idea e di un’identità, da non collocare però dentro una forza politica o nella somma di alcune forze, ma che sia molto più larga, trasversale, laica. E penso che la Sicilia possa costruire questo esperimento a partire dalle Regionali. Dove la misura non è centrosinistra contro centrodestra. Ma il gap fra uno schieramento che si pone il tema del cambiamento sociale e culturale attraverso una politica che sia al servizio di questo cambiamento; e l’altro schieramento, che ritiene di continuare a governare sommando le emergenze e tutte le scorciatoie che ciascuna emergenza regala alla politica”.
Lei non è stato scelto da un partito. Questo le dà più forza nell’interpretare le esigenze del civismo?
“Io continuo a credere di poter rappresentare l’impegno politico di chi non è dentro i partiti, ma nella società, nelle associazioni, nei movimenti. Il civismo organizzato, in alcuni momenti, ha avuto un ruolo di supplenza sui temi ambientali, del lavoro, dell’occupazione, dei diritti. Questa parte di Sicilia non merita soltanto di essere rappresentata, ma anche coinvolta. Deve poter contare e decidere. Bisogna fare in modo che si assuma quote di responsabilità e di governo. La funzione di governo deve essere sintesi della sapienza, della conoscenza, dell’esperienza e della partecipazione di tanti”.
Floridia e Chinnici non sono espressione della classe dirigente siciliana dei due partiti da cui provengono. L’una, sottosegretaria all’Istruzione, è sganciata dalle dinamiche regionali dei 5 Stelle; l’altra, è un’europarlamentare di lungo corso. Perché, secondo lei?
“Non saprei. Mi rendo conto che la scelta dei 5 Stelle è frutto di una tensione interna molto forte, di alcune contraddizioni mai superate e che, anzi, sono esplose in queste ultime settimane. La Floridia è diventata una soluzione che cerca di tenere insieme tutto quello che non è stato risolto dal punto di vista delle regole d’ingaggio nel M5s. La scelta della Chinnici, invece, premia una donna di valore, un magistrato che ha ben operato nella sua professione, ma al tempo stesso una collega che è stata piuttosto assente, in questi anni, sulle grandi e gravi vertenze politiche e democratiche che ci sono state in Sicilia. Dove intervenire per tutelare i contenuti e le forme della democrazia – dai rifiuti alla sanità alla corruzione dilagante – richiedeva, richiede e richiederà la capacità di farsene carico, di far sentire la propria voce, di essere lì dove la politica si incancrenisce e si fa umiliazione e sofferenza”.
In questa campagna per le primarie che peso avrà la questione morale?
“Non avrà alcun peso perché tutti i candidati sono perfettamente consapevoli che la questione morale è centrale nell’agire politico, rappresenta la bussola e il senso dell’autonomia della politica rispetto ai grumi e ai gruppi di potere organizzato”.
A Palermo puntare sul tema degli impresentabili non ha pagato…
“Ma il tema della questione morale non può limitarsi a Cuffaro che presenta la lista della Democrazia Cristiana. E’ molto più vasto. Sta nell’abitudine con cui si ritiene che le vie della corruzione siano sempre aperte e percorribili; che la funzione politica sia ancella di interessi privati, e che un’amministrazione sia permeabile ad essi. La questione morale sta nella gestione della sanità negli ultimi anni. Chi vince – chiaramente – deve assumersi il compito di indicare indirizzi e priorità, oltre che la nuova governance. Ma quest’idea è stata ‘privatizzata’: è come se chi vincesse le elezioni, si aggiudicasse i 10 miliardi di posta in palio equivalenti al bilancio della sanità, o si arrogasse il diritto di indicare nei ruoli di responsabilità non sempre i migliori ma i più fedeli alla propria parrocchia. Alcuni comportamenti, pratiche, percorsi di interferenza, di opacità e di corruzione non devono essere considerati un lascito inevitabile”.
Secondo Fratelli d’Italia, Nello Musumeci merita la ricandidatura perché non ha mai ricevuto un avviso di garanzia. E anche il diretto interessato ha fatto della propria integrità morale un pre-requisito sostanziale. E’ d’accordo?
“Non aver ricevuto avvisi di garanzia è come possedere un certificato anagrafico dell’esistenza in vita. Cioè una condizione elementare, naturale per poter rivestire funzioni di responsabilità politica. Ma non c’entra nulla con l’onestà intellettuale. Che è opposta al comportamento di un presidente che va in pellegrinaggio da Dell’Utri”.
Questo comportamento, secondo lei, cosa indica?
“E’ il senso dell’opportunismo personale, della ricerca del proprio salvacondotto elettorale ad ogni costo. Anche a costo di pietire l’intermediazione di un condannato per mafia in via definitiva”.
Qual è il suo giudizio sull’operato del centrodestra?
“Musumeci ha riconsegnato il compito in bianco. L’unico giudizio sono i fischi dei tremila di Taormina, di cui gli spettatori di Rai 1 sono stati privati con un atto censorio della peggior Pravda. Credere che quei fischi provenissero da una claque di tremila persone portata da Micciché è un esercizio di fantasia piuttosto ardito. Il giudizio su questo governo, a volerla dire tutta, è il modo in cui sta andando in ordine scomposto e disordinato in questa campagna elettorale. Senza un candidato e soprattutto senza un accordo, da Musumeci preteso e non ottenuto, sulla sua candidatura da parte degli altri. Che sono stati trattati come ascari per cinque anni e giustamente lo ripagano con la stessa moneta”.
Pensa che il vostro esperimento di primarie potesse essere più inclusivo? Lei dopo le Amministrative di Palermo aveva pubblicamente elogiato il risultato di Ferrandelli e +Europa.
“Io penso che le primarie debbano essere sollecitazione, stimolo e opportunità rivolti a tutti i siciliani e tutte le forze politiche si collocano all’opposizione rispetto al governo Musumeci. Tra queste c’è quella rappresentata da Fabrizio Ferrandelli. Su Palermo, se fosse dipeso da me, avrei puntato su un profilo con altre caratteristiche, che avesse dentro di sé energie, passione, forza morale ed elementi di novità nel linguaggio e nella visione della città: mi vengono in mente, oltre a Ferrandelli, anche Giampiero Trizzino, Mariangela Di Gangi e Valentina Chinnici. Ma poiché bisognava perdere, e perdere con dignità, si è preferito scegliere una candidatura dignitosissima. E perdente”.