La sfida a distanza fra Matteo Salvini e Giuseppe Conte, accomunati dal “tragico” destino di una leadership sempre più monca, si gioca a Palermo, dove oggi i capi “spelacchiati” di Lega e 5 Stelle sono approdati per tirare la volata ai rispettivi candidati in vista del voto di domenica prossima. Da un lato Salvini, che soffre il sorpasso della Meloni nei sondaggi, e il cui piano di costruire la pace in Ucraina è stato oscurato da qualche pernacchia. Dall’altro Giuseppe Conte, che, da quando ha assunto la guida del MoVimento, non riesce a portare a termine una sola delle sue mansioni: a cominciare dall’indicazione – visto che siamo in Sicilia – del referente regionale del suo partito.
Salvini e Conte sono a Palermo da oggi. Il segretario nazionale del Carroccio ha in programma la presentazione della lista di ‘Prima l’Italia’ (il nome coniato per l’occasione da Nino Minardo) alle Terrazze di Mondello: una squadra forte capitanata dall’attuale capogruppo in Consiglio comunale, Igor Gelarda, con la presenza di volti e dirigenti storici: da Alessandro Anello a Marianna Caronia, passando per Sabrina Figuccia. Salvini, ch’era stato il primo (fra i leader) a pronunciarsi per l’impegno di Roberto Lagalla (al netto dell’infatuazione passeggera su Ciccio Cascio), vuole spingere la Lega siciliana a un risultato accettabile, anche se già sa di partire indietro rispetto alla Meloni, che nel frattempo ha rafforzato l’asse con Musumeci per strappare al Capitano lo scettro del centrodestra (nel capoluogo, dove è quasi certo, e nell’Isola).
Salvini è nel classico periodo di confusione, in cui qualsiasi mossa, anche volenterosa, rischia di tradursi in un buco nell’acqua. L’ultimo tentativo di imbastire la pace tra Russia e Ucraina al telefono, o con l’ipotesi di organizzare una visita-lampo a Mosca, è naufragata miseramente. E anche all’interno della Lega i mugugni non si contano più. Illuminante, a tal proposito, il ritratto di Ugo Magri sull’Huffington Post: “Salvini? Cento ne pensa una ne fa. Sta al governo con un piede dentro e l’altro fuori. Con i no-vax e con i no-green pass. Con l’Occidente e anche con il Cremlino: una giostra continua. Ultimamente s’è intestato i referendum sulla Giustizia, salvo dimenticarsi perfino quelli ammessi dalla Consulta. Se il mondo si convince che sei fatto così, creativo ma pasticcione, tanto generoso quanto arruffato, sempre a caccia di effetti speciali, diventa poi difficile riavvolgere il nastro, rimettere il dentifricio dentro al tubetto. Il giudizio ti resta tatuato addosso”.
Il segretario della Lega, che in Sicilia negli ultimi mesi c’è venuto spesso a causa delle sue vicende processuali, dovrà dire una parola anche su Musumeci. Una parola che vada oltre il classico refrain: “Saranno i siciliani a scegliersi il candidato” (concetto ribadito quotidiano ‘La Sicilia’ questa mattina). Quali siciliani? Tutti, attraverso un surrogato delle primarie? O i dirigenti, attraverso un accordo che appare lontanissimo? Servirà, inoltre, una posizione rispetto all’ultimatum della Meloni, che ha fissato la deadline al 13 giugno per decidere sul Nello sì o Nello no. Durante gli incontri che avevano dato il via libera alla candidatura unitaria di Lagalla s’era deciso di rimandare ogni discussione sulla Regione. Ma Giorgia è stanca di aspettare, e Musumeci è impaziente di attaccare i manifesti già pronti. Salvini dovrà dire se esiste una via d’uscita a questa impasse, o se dividere la coalizione di centrodestra. Questa seconda ipotesi, assai azzardata per gli equilibri nazionali, prende sempre più corpo.
Per Giuseppe Conte, invece, prevale un’altra categoria di problemi. Intanto, lo scarso appeal del MoVimento a Palermo. Gli ultimi sondaggi che danno i 5Stelle al 23% a livello regionale, difficilmente saranno replicabili in città, dove i dirigenti hanno faticato persino a comporre una lista (costituita, per lo più, da seconde linee). Conte, a differenza di Salvini, non ha mai avuto un rapporto così serrato con la Sicilia. Non ha mai indicato un referente regionale, che la base continua a richiedere; non ha dato un input chiaro sulle primarie, che dovrebbero tenersi il 23 luglio, ma necessitano di un’ulteriore bollinatura; ha solo dato il benservito a Giarrusso, bollandolo come un “poltronaro”. Per il resto s’è visto poco o nulla, nonostante i grillini continuino a ritenere l’Isola come un feudo. L’unico rimasto, forse (alle Politiche del 2018 il M5s ottenne il 48%, aggiudicandosi tutti i collegi uninominali). La Sicilia è anche la seconda regione per numero di percettori del Reddito di cittadinanza: l’obiettivo di Conte, in questa tre giorni, è riallacciare i rapporti con gli abitanti delle periferie. Non sono previsti comizi pubblici, ma solo incontri e passeggiate: l’ultima frontiera della campagna elettorale.
Si parte da Barcarello, Sferracavallo e Sperone. Poi un passaggio al Cep, infine un incontro a Villa Filippina per sancire il sostegno a Franco Miceli, che fra l’altro Giuseppi fu il primo ad incontrare (e incoronare) su iniziativa del senatore Steni Di Piazza. Col rischio di mandare in frantumi l’assetto dei Cinque Stelle: molti di essi non hanno mai digerito il metodo con cui si è addivenuti alla scelta del candidato, che fra l’altro appartiene a un’altra parrocchia (molto più vicina al Pd di quanto non fosse vicina ai Cinque Stelle). Alcuni si sono volutamente defilati dalla campagna elettorale.
Con la sua visita Conte si fa portatore di un messaggio di pace e unità. Ma la sua condizione di precarietà non è così distante, né così diversa da quella che impersonifica Salvini: “Conte? In sostanza un non leader di un non partito, e non nell’accezione del grillismo delle origini, ma nelle conseguenze dell’inettitudine di una classe dirigente incapace di indire le primarie e scegliersi un simbolo senza prodursi in casini, anche giudiziari – scrive Mattia Feltri sull’HuffPost -. Lui se la gioca specialmente in Sicilia, dove nel 2012 (l’anno della traversata a nuoto di Beppe Grillo) e nel 2017 si annunciarono la conquista del Parlamento del 2013 e del governo nel 2018. Che cosa annuncerà ai cinque stelle il voto per la Regione del 2022?”. “Fra una settimana – prosegue l’editoriale – ne sapremo di più. Sapremo, in particolare, se è finito il tempo di chiedersi se Conte e Salvini butteranno giù il governo ed è cominciato quello in cui chiedersi se Cinque stelle e Lega butteranno giù loro”.
Matteo e Giuseppe non saranno i soli. Mercoledì a Palermo è previsto il ritorno di Enrico Letta, dopo l’acuto della settimana scorsa a Messina. Ma ci saranno pure Carlo Calenda e Benedetto DellaVedova a supporto di Fabrizio Ferrandelli, forse Tajani per l’ultima volata di Lagalla (che ha già ricevuto la visita gradita di Meloni). Un suk di presenze e un concentrato di emozioni per la campagna elettorale più veloce di sempre (vista la lentezza con cui si è arrivati alla scrematura dei candidati). Anche se l’esito del voto appare segnato, soprattutto, dai disastri dell’unico che non si esporrà: il sindaco uscente Leoluca Orlando.