La mossa di destinare 2,9 milioni al Teatro Biondo e al Teatro Massimo, allo scopo di salvarli da un fallimento certo, è solo una mossa, appunto. Da avanspettacolo. La carta della disperazione per dire di aver fatto qualcosa, magari conquistando qualche applauso della claque o di chi crede davvero che Palermo è culturalmente risorta sotto la guida del suo professore. Ma Orlando sa bene che i suoi propositi, buoni e furbi al contempo, sbattono su uno scoglio: il Consiglio comunale. Quel luogo dove ha aleggiato a lungo lo spettro della sfiducia e dove il sindaco, ormai da mesi, non gode della maggioranza né di uno straccio di considerazione. Perché una parte dei tre milioni destinati ai teatri, la maggior parte (tranne il mezzo milione incassato con la tassa di soggiorno, che verrà subito destinato al Massimo), dipendono dall’approvazione del Bilancio di previsione, che mai come in questa fase della legislatura risulta incerta. Legata a doppia mandata all’approvazione di un altro piano – quello di riequilibrio – che garantirà ai palermitani l’Irpef più alta d’Italia.
Che i consiglieri comunali d’opposizione, divenuti la maggioranza, cedano a questo “ricatto” per consentire a Orlando di farsi bello agli occhi dei teatranti, beh, è tutto da vedere. La prossima settimana il sindaco sarà a Roma per firmare con lo Stato un patto ‘lacrime e sangue’ ed evitare il dissesto: in cambio di un regalino da 180 milioni, il Comune dovrà garantire un risparmio di 45 milioni l’anno grazie alla lotta all’evasione (che fin qui è sempre stata persa) e l’aumento dell’Irpef. Un accordo che sa già di condanna, ma l’unico appiglio – per Orlando – per evitare il default.
Il problema non è tanto sottoscrivere quel patto e fare in modo che, in nome della responsabilità, il Consiglio scelga di condividerlo. Ma essere arrivato a tanto. Ai più non sfugge, infatti, che Orlando amministra Palermo da dieci anni e che in questo arco di tempo, al netto dei mille sfaceli della città, i conti hanno fatto acqua dappertutto. E che proprio per questo il Professore, più uso alle vetrine che non a sporcarsi le mani, è finito in un’inchiesta per falso in bilancio (in cui si professa innocente). Forse sarebbero serviti altri guardiani. Forse è troppo tardi per rimediare. Imporre un salasso senza garantire i servizi, è una condanna inaccettabile per la città. Per salvare i teatri, poi…