Nei giorni caldi che investono l’Azienda Siciliana dei Trasporti, in commissione Antimafia, all’Ars, è iniziato un ciclo d’audizioni per fare luce sulle responsabilità politiche che si annidano dietro il de profundis della partecipata più imponente della Regione. Ma anche per capire, citando Claudio Fava, “quale attività di controllo sia stata messa in campo dagli assessorati competenti in questi anni” e “se il governo stia monitorando l’azione delle altre società partecipate per scongiurare casi analoghi”. La Foss, Fondazione orchestra sinfonica siciliana, non è una società partecipata. Bensì un ente di diritto privato controllato dalla Regione. Che la Regione lautamente finanzia. Con soldi pubblici.
Negli ultimi anni, più che far discutere per le doti e la bravura dei suoi orchestrali, la Sinfonica – nata nel ’51 – è finita al centro di numerosi scandali. Come nel novembre 2020, quando 47 persone (di cui 32 ex Pip) furono indagate per assenteismo e droga, in uno scenario definito dalla polizia “di dilagante illegalità”. Quell’episodio è stato soltanto la punta dell’iceberg. La storia recente della Foss è piena di stranezze. L’ultima riguarda la nomina del collegio dei revisori dei conti, risalente al 9 febbraio, in cui vengono indicati tre membri esterni all’Amministrazione regionale: si tratta del presidente Fulvio Coticchio, designato dall’assessore regionale all’Economia; di Antonio Maraventano, in rappresentanza dell’assessore regionale al Turismo; e Pietro Siragusa, scelto direttamente dal presidente della Regione. I primi due, ex componenti del collegio dei revisori del Comune di Palermo, erano stati condannati dalla Corte dei Conti in primo grado per danno erariale, prima di essere assolti in appello.
Ma il punto è un altro. Cioè una delibera approvata dal governo Crocetta nel 2013 che, allo scopo di ridurre “al minimo il margine di discrezionalità delle nomine” e nel rispetto “dei principi di trasparenza”, determina l’istituzione di un albo apposito degli idonei affinché il governo possa “individuare i soggetti da nominare in forza delle varie disposizioni di legge”. L’albo, istituito con un Avviso del Ragioniere generale nel 2016, viene aggiornato periodicamente. Ma indica – fra i requisiti richiesti per l’iscrizione – la necessità di essere in servizio presso la Regione siciliana. I tre nominati con decreto dell’assessore Armao però non compaiono nell’ultima versione dell’albo, aggiornata allo scorso 31 dicembre. Qualcuno ci ha fatto caso? Ad ogni modo, il ricorso a professionisti esterni comporterà un aggravio di spesa sulle casse dell’ente, e quindi della Regione. Nessuno, in futuro, potrà fingere di non sapere.
Il collegio dei revisori, in questa vicenda, ha una sua importanza. Fu l’ex presidente Angela Di Stefano, nel corso di un’audizione in quinta commissione all’Ars, a segnalare la propria contrarietà per la sottoscrizione, da parte del commissario straordinario Nicola Tarantino (che dal 23 aprile fa le veci del Cda), di atti transattivi “comportanti, tra l’altro, l’assunzione a tempo indeterminato di professori d’orchestra con il riconoscimento anche di scatti d’anzianità”. La Foss s’è presa la briga di assumere senza verificare che le spese sostenute fossero in linea con le coperture finanziarie, considerato che “il contributo regionale 2022 e 2023 (…) risulta notevolmente ridotto”. La Di Stefano, inoltre, non ricorda di aver mai fornito – come previsto dalla legge – un parere di sostenibilità economico-finanziaria alle operazioni di cui sopra.
Di queste e altre anomalie si sono accorti i Cinque Stelle, che nei giorni scorsi hanno depositato un’interrogazione urgente rivolta agli assessori Armao e Messina: “Nella gestione della Foss – ha detto Giovanni Di Caro – ci sono moltissime anomalie da chiarire con la massima urgenza. A cominciare dalla inesistente trasparenza degli atti: proprio lo scorso 1° dicembre, durante un’audizione in V commissione all’Ars, abbiamo dovuto sollecitare la Fondazione a pubblicare ogni provvedimento nei modi e nei tempi previsti dal Dlgs 33/2013”. Inoltre, “siamo a conoscenza di transazioni, sulle mansioni dei dipendenti e sulle progressioni di carriere, sottoscritte discrezionalmente senza attendere le sentenze di primo grado, mentre il funzionigramma elaborato dal commissario straordinario non terrebbe conto degli effettivi inquadramenti giuridici dei dipendenti esponendo, così, la Fondazione al contenzioso giudiziario”.
Dopo i primi sospetti fatti emergere dalla Di Stefano – è il 17 dicembre 2021 – l’assessorato all’Economia, utilizzando i suggerimenti di quello al Turismo, incarica tre professionisti di svolgere un’attività ispettiva presso la Foss al fine di indagare “alcune criticità inerenti l’assunzione a tempo determinato di alcuni professionisti intestatari di plurimi contratti con la FOSS e in considerazione del Piano di risanamento che prevedeva la razionalizzazione della spesa del personale artistico, tecnico e amministrativo”. A un mese da quel provvedimento, l’assessore Armao decide di insediare un collegio dei revisori straordinario, guidato ancora una volta dalla presidente ‘ribelle’ Angela Di Stefano, da lui stesso designata. Gli altri due sono Gioacchino Orlando e Rosario Candela, entrambi iscritti al famoso albo dei revisori. Il commissario Tarantino, che è anche dirigente della Sicilia Film Commission (che si occupa della valorizzazione e della promozione della filiera del cinema per conto della Regione siciliana), non ci sta e si dimette. Così l’assessore Messina, che non ha alcuna intenzione di rinunciarvi, il 22 scrive una missiva da cui emerge che “in considerazione del perdurare delle criticità organizzative” Tarantino deve restare. Passano meno di tre settimane e il collegio dei revisori viene ricostituito. Stavolta la Di Stefano non c’è.
Lo stesso Tarantino, la cui nomina è stata apertamente osteggiata, fra gli altri, dal presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, aveva ricevuto l’ultima proroga il 29 dicembre 2021 (la deputata Roberta Schillaci, del M5s, parlò di “gestione insensata e inaccettabile”). Rimarrà in carica per ulteriori sei mesi, o comunque fino alla costituzione del Cda, che era venuto meno ad aprile per le dimissioni in massa di tre dei cinque componenti. In questo eterno balletto fra Economia e Turismo, fra esibizioni e scandali, fra simpatie sospette e veti dichiarati, la Foss è andata avanti. E non s’è fatta mancare nulla. La cacciata dell’ex sovrintendente Pace l’ultimo giorno del 2018; la tentazione di sostituirlo con Ester Bonafede, già a capo della Sinfonica, rigettata dal Cda a causa di un’incompatibilità (un vecchio contenzioso aperto dall’ex assessore con la Fondazione); le dimissioni dell’ex presidente Stefano Santoro per una lite col Comune riguardo all’utilizzo del teatro. E’ successo tutto e il contrario di tutto. Compresa la lite fra una deputata dell’Ars, Marianna Caronia, e il cantante Piero Pelù, per alcune presunte allusioni dell’attuale direttore artistico (Gianna Fratta, moglie dello stesso Pelù) nel tentativo di sponsorizzare un concerto su Facebook.
Ma dov’è rilancio dell’ente? Dov’è la musica? Cioè che conta, a piazza Politeama, è solo la gestione del potere. Per il Movimento 5 Stelle “ci sono molti temi da approfondire e il governo regionale non può ignorarli”. Quando l’ha fatto, come nel caso dell’AST, il finale è stato tragico.