“Si invitano i soggetti interessati a non presentare candidature di lavoro presso l’Azienda Siciliana Trasporti SpA, stante che le stesse sarebbero archiviate senza possibilità alcuna di essere prese in considerazione”. E’ il 2 dicembre 2021, quando l’Ast – che un paio di giorni fa è stata terremotata da un’inchiesta della Guardia di Finanza – comunica, sul proprio sito, che per le candidature di lavoro bisogna rivolgersi all’agenzia interinale, con sede a Roma, aggiudicataria della gara. E’ un modus operandi che si ripete da anni. A fornire l’assist decisivo alla partecipata regionale è il blocco delle assunzioni. Dalle intercettazioni che vedono protagonista il direttore generale Andrea Ugo Fiduccia, è chiaro che l’utilizzo della somministrazione (in voga anche per altre società controllate, come Sicilia Digitale) diventa una modalità fisiologica di assunzione del personale, uno strumento che permette di aggirare le norme di legge e la libera concorrenza. E soprattutto, consente alla politica di sistemare gli amici degli amici, servendosi dell’azienda fino all’ingordigia.
Benvenuti al terminal delle assunzioni, con tanti saluti ai concorsi, ai divanisti del Reddito di cittadinanza, alla fuga dei cervelli. Per lavorare, in Sicilia, serve il solito escamotage: la raccomandazione. E le agenzie di lavoro interinali, che spesso si aggiudicano le gare in maniera controversa, diventano lo strumento per valere i desiderata di singoli deputati. Prendete il caso della “InHr Agenzia per il lavoro Srl” di Potenza: è da lì che passano una sessantina di assunzioni (su 80 segnalazioni della politica). La società nel 2019 si aggiudica una gara triennale da 6 milioni per fornire lavoratori interinali all’Ast. Secondo l’accusa, non avrebbe avuto i requisiti per ottenere l’appalto e il contratto, peraltro, avrebbe dovuto essere interrotto allo sforamento dei 6 milioni pattuiti. Questo, però, non avviene. Al 31 marzo 2021, secondo la Guardia di Finanza, le fatture emesse da Ast ammonterebbero a 9,9 milioni con un evidente sforamento rispetto all’accordo. Gli amministratori della società, Giuseppe Telesca e Mario Salbitani, sono stati interdetti per un anno dai pubblici uffici.
InHr però è solo la punta dell’iceberg. La leva utilizzata dalla politica che maneggia il direttore Fiduccia come fosse un burattino. E’ lì per questo, per servire. Anche se talvolta se ne lamenta coi propri interlocutori. Una volta si trova a riflettere con Eusebio Dalì, il suo vice, e si rende conto di stare andando troppo oltre. I due si lamentano di “continue segnalazioni di personale da assumere in Ast provenienti da influenti esponenti politici di Forza Italia. Dalì – riportano gli inquirenti – dice di aver risposto a Miccichè che qui sta diventando ‘l’ufficio di collocamento di Forza Italia’”. Fra le presunte richieste – come rivelano gli atti dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis – c’è quella del deputato agrigentino Gallo Afflitto: Dalì chiede a Fiduccia di inventarsi “uno stage, un contratto, una cosa per inserire una ragazza”. Poi arriva Di Mauro, il vicepresidente dell’Assemblea, che segnala due interinali da spostare a Palermo.
Quando Fiduccia torna da palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale, porta con sé un “papello” con una cinquantina di nomi. E anche un dipendente rivela ai finanzieri di una serie di soggetti assunti in Ast col “sostegno di noti esponenti politici o influenti gruppi imprenditoriali”. Non si parla di assunzione diretta. Il passaggio obbligato è l’agenzia interinale. Il direttore è consapevole che “stiamo diventando assai”, perché il numero delle richieste supera di gran lunga la copertura finanziaria per pagare tutti: “Qua purtroppo la cosa è scappata di mano – dice Fiduccia – c’è un macello… ce ne sono 25, fatti il conto, non sanno più dove metterli, andare a spendere un bordello, noi già paghiamo 500 mila euro al mese per questi interinali, non è che si rendono conto”. Tutti vogliono mangiare a sbafo, e a lui, che non vuole inimicarsi nessuno (perché “u iuocu forte u fa a politica”) non rimane che obbedire. Tanto c’è sempre qualcuno che sistema le voci dei bilanci.
La vicenda degli interinali conferma che l’unico modo per lavorare è avere un padrino. E un’agenza disposta a soddisfare i suoi appetiti. Funziona così da sempre, e nessuno si stupisce più. Fava, presidente della commissione regionale Antimafia, chiede “di sapere se il governo della regione stia monitorando l’azione delle altre società partecipate per scongiurare casi analoghi e per abolire definitivamente l’utilizzo criminogeno delle agenzie interinali al posto di procedure concorsuali pubbliche. Quanto all’immagine e ai fatti che quelle intercettazioni ci restituiscono, una volta di più siamo convinti che in Sicilia occorra una bonifica morale profonda che non può essere delegata al lavoro della magistratura”. Per Sunseri, del Movimento 5 Stelle, “l’Ast in questi anni si è comportata come una società pubblica quando pretendeva i contributi e come una ditta privata quando doveva assumere figure professionali. Ho sempre segnalato il ricorso abusivo alla somministrazione di lavoro, comune anche ad altre società regionali, in quanto le assunzioni sono state influenzate più da logiche di natura politica che dalle effettive necessità dell’azienda stessa”.
Eppure, negli ultimi mesi del 2021, l’Azienda Siciliana Trasporti aveva inviato alla Regione un dossier, esprimendo l’esigenza di ulteriori 250 assunzioni, di cui la maggior parte autisti, per tappare le falle d’organico. “Serve un impegno della politica, servono risorse – ha detto l’ex presidente Tafuri nel suo discorso d’encomio – perché Ast non può continuare a lavorare con il personale in somministrazione. Il mio incarico all’Ast – ha dichiarato inoltre l’avvocato catanese, interdetto per 12 mesi – l’ho vissuto con spirito di servizio e con la volontà di mettere ordine a una situazione che la cronaca degli anni passati aveva ben illustrato in tutte le sue criticità”. Altre ne sono emerse, e probabilmente altre ne emergeranno spulciando le carte dell’inchiesta. Ma quello a cui la politica non riesce proprio ad ovviare – perché, forse, non è esattamente nel suo interesse – è il sapore di marcio che ammorba l’aria dei palazzi e del sottogoverno. “Un ceto politico, qualunque sia la sua collocazione, ripiegato solo sulla ricerca del consenso è una zavorra della quale i siciliani si devono liberare”, ha detto Fava.
Il quadro disarmante offerto dall’Ast, cozza col tentativo nobile – sebbene con le elezioni alle porte – di riavviare la stagione dei concorsi (la Regione ha pubblicato bandi per poco meno di 1.200 posti, l’Ars sta assumendo collaboratori parlamentari). Suona come un’offesa a chi non ha mai messo piede in una società regionale, perché non ha i giusti agganci; e persino ai percettori del Reddito di cittadinanza, che attendono la chiamata di un navigator per un colloquio professionalizzante, o di un Comune per l’attivazione di un Puc (i piani utili alla collettività). Leggere cosa accade nell’azienda dei trasporti, ti fa venire voglia di restare a lungo un ‘divanista’, o di cercare fortuna altrove. Lontano da questa terra che non conosce altro metodo di ricerca del consenso che non sia lo scambio di reciproche utilità. “L’importante è ca nun pigliamo piccioli, cose che facevano in passato”, sentenzia Fiduccia. Dimostrando di aver aderito a una realtà parallela, dove l’etica non esiste, la politica non conosce nobiltà e tutti hanno una strana concezione del lavoro. E se ne vantano pure.