La Regione sembra aver deciso: stabilizziamo. Innanzi tutto i precari Covid, che hanno trascorso gli ultimi due anni in trincea e ora meriterebbero un premio per il loro sacrificio. L’assessore Razza, dopo aver sbarrato le porte (almeno) agli amministrativi, invocando provvedimenti nazionali, in questi giorni ci ha ripensato. E accogliendo un paio di ordini del giorno in aula, all’Ars, ha garantito che “l’obiettivo è quello di arrivare alla fine di quest’anno salvaguardando l’impianto attuale”. Cioè mantenendo in organico 9 mila figure che vanno in scadenza il 31 marzo, con la fine dello stato d’emergenza. Evidentemente servirà una legge ad hoc da parte del governo nazionale per autorizzare la spesa, o la Regione potrebbe ritrovarsi sul groppone 9 mila bocche da sfamare (più famiglie).
E’ nell’interesse della Regione, ancor prima che degli ospedali (ormai sguarniti), arrivare alla proroga degli attuali contratti fino al 31 dicembre. O, in casi eccezionali, persino alla stabilizzazione. E’ l’anno delle elezioni e di sicuro i precari se ne ricorderebbero. Ma questa infornata non è certa, non nelle proporzioni che Razza ha appena auspicato. Lanciare il sasso e ritirare la mano, però, è tipo di questo assessorato. E’ già avvenuto con la ricognizione dei 238 interventi per aderire alla Missione 6 del Pnrr, quella legata alla sanità. Che prevede la realizzazione di ospedali e case della comunità in mezza Sicilia. Dopo aver consultato i direttori delle Asp (in scadenza il prossimo marzo) e aver tenuto all’oscuro la politica (sindaci e parlamentari), il braccio operativo di Re Ruggero, Marco Intravaia, ha indirizzato un messaggino a tutti i sindaci che avrebbero beneficiato della nascita delle nuove strutture. Lodando l’operato di Razza e imputando eventuali cambi di rotta a una scelta specifica dell’Assemblea regionale, che oltre a non essere consultata sul tema, non ha alcun potere di contrastare le decisioni – Armao dixit – relative all’adozione del Pnrr. Tutto avviene per decreto, e non per legge.
La menzogna ha infastidito, quasi turbato, Gianfranco Micciché (“Una volta per un messaggio del genere sarebbe scattata un’inchiesta per mafia”, ha detto il presidente dell’Ars) e scombussolato gli equilibri già precari del centrodestra. Il metodo Intravaia ha lasciato un solco in questa esperienza di governo. L’avvertimento che segue l’annuncio è una calamita per determinare gli indirizzi e le preferenze. Potrebbe avvenire anche adesso. Un ragionamento del tipo: noi vogliamo stabilizzarvi, ma se non accade sapete con chi prendervela. Con Roma, magari. O con l’Assemblea, che potrebbe ratificare le decisioni assunte altrove con una leggina. O con le aziende sanitarie – perché no – che hanno il compito di far sottoscrivere i nuovi contratti, rendendo operativo questo processo di stabilizzazione. E’ la cifra di un governo dove l’apparire conta più del fare. Dove le promesse solo raramente diventano impegni. E la colpa è sempre di qualcun altro.