Con Bruno Vespa a officiare, fregandosi le mani, le liturgie della politica italiana, “Porta a porta” ci ha messo anni per conquistarsi la qualifica di “Terza camera della Repubblica”. In un sol colpo, invece, Fabio Fazio, sommo sacerdote della società dello spettacolo col suo “Che tempo che fa”, può ambire a fregiarsi del titolo onorifico di “Pontifex pontificum”, cioè “Pontefice dei pontefici” come hanno annotato, non senza dolersi per gli accadimenti, vaticanisti esperti e fedeli comuni. Magari tacciabili di “rigidità clericale”, per dirla con Papa Francesco.
Perché se ogni pastore è pontefice del suo gregge, ma tutti sono sottoposti, secondo gerarchia, al pontefice massimo, Fabio Fazio, con quei modi sempre un po’ curiali, è riuscito a portare all’ovile, il suo, addirittura il massimo vertice della Chiesa cattolica romana, un miliardo e 285 milioni di fedeli.
Di domenica, giorno del Signore, introdotto da Saviano e dall’empireo giornalistico italiano, quasi un coro da teatro antico a sottolineare la ventura del divo Fazio a ospitare “il papa rivoluzionario”, oppure “l’ultimo socialista”, o anche “il papa degli uomini”, nello studio di “Che tempo che fa” è entrato in diretta tv Jorge Mario Bergoglio “il vescovo venuto dalla fine del mondo”. Un’oretta di intervista. Una durata infinita dal punto di vista dei tempi televisivi, per una diretta coi crismi dell’eccezionalità. Mai visto prima un Pontefice, di certo conscio della portata del mezzo televisivo nell’opera di divulgazione, ringraziare per sottoporsi a una sfilza di domande da parte del conduttore. Ancorché di un conduttore ossequioso oltremisura. Tant’è che le risposte spesso neppure collimavano con le domande.
Chissà se avevano concordato i temi, tendenza globalista, soprattutto di politica e ambiente: le guerre che sono ”controsenso della creazione”, i migranti, i lager della Libia, il grande cimitero del Mediterraneo, la cultura dell’indifferenza, l’emergenza delle biodiversità, il cambiamento climatico, la deforestazione dell’Amazzonia, tutto ciò che rischia di uccidere la “Madre Terra”, venerata nell’altopiano andino col nome di “Pachamama” e molto cara all’argentino Bergoglio che l’ha portata in Vaticano perché bisogna “riprendere il rapporto con la Terra dei popoli aborigeni”, il loro “buon vivere”.
Passa un quarto d’ora prima che Papa Francesco citi Gesù e accenni alla parabola del buon Samaritano per dire che “di fronte alle tragedie, non basta vedere, bisogna sentire e toccare”. I nodi più escatologici, il valore della preghiera, il futuro della Chiesa, il male “con cui non si dialoga”, il dolore degli innocenti, il perdono come “diritto umano”, vengono affrontati solo alla fine dell’intervista e in modo un po’ obliquo. Emozionante il riferimento alla Croce, “allo scandalo e follia” della Croce.
L’evento sancisce un indubbio primato per Fazio, una carriera all’insegna del conformismo assoluto, a fare da “contraltare” all’altra faccia della stessa medaglia, la satira greve e sempre uguale della sua quasi socia Luciana Littizzetto.
Si sarà appuntato un intero medagliere sulla sua giacchetta da conduttore “togato”, Fabio Fazio, per aver “fatto salire il Santo Padre sulla sua barca” – come ha detto e ripetuto, manco fosse Noè.
Un’operazione azzeccatissima dal punto di vista di un’azienda come la Rai. Che ha fatto schizzare alle stelle ascolti e share.
Un’operazione che, come spesso capita con Francesco, primo papa gesuita della storia, ha diviso in due il mondo cattolico, “essendo diverse le visioni del mondo”, per ricordare quanto ha dovuto puntualizzare pacato perfino il Reverendo padre Provinciale d’Italia della Compagnia di Gesù chiamato a limare il detto bergogliano intorno al dibattito su “eutanasia o suicidio assistito”.
“Bergoglio porta in Tv la Chiesa della modernità” esultano alcuni. Mentre molti altri, non tutti etichettabili come tradizionalisti, guardano con sconcerto al contesto “irrituale” scelto dal Pontefice per divulgare il suo pensiero etico, politico, ideologico. Dov’è l’afflato teologico? Dov’è la dottrina? Dov’è, soprattutto, il motto evangelico: “Voi siete NEL mondo, ma non DI questo mondo” che è segno distintivo della natura del Cristianesimo.
A Bergoglio rimproverano di agire al contrario rispetto ai suoi predecessori più recenti e di essersi prestato a fare “il giullare alla corte della sinistra politicamente corretta di Fazio e Littizzetto”, dichiarando perfino che da piccolo voleva “fare il macellaio; per soldi”.
Alti prelati usano le parole di Monsignor Fulton Sheen, tra i primi telepredicatori della storia cristiana: “Quando Dio vuole castigare l’umanità non dona il Papa di cui ha bisogno, ma lascia alla Chiesa il Papa che si merita”.
“Una Chiesa in pellegrinaggio”, risponde Papa Francesco a “Che tempo che fa”, ribadendo che “oggi il male più grande della Chiesa è la mondanità spirituale”, la quale, a sua volta, “genera clericalismo, una perversione della Chiesa”.
Affermazioni del genere spopolano sui social, aumentano la reputazione “rivoluzionaria” del vescovo venuto da lontano, dalla città più europea dell’America Latina, da Buenos Aires, dove tutto, a partire dalle stagioni, è invertito rispetto all’Europa. Un mondo speculare e labirintico, per dirla con Jorge Luis Borges.
Spopolano le frasi a effetto: “Un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi”. E’ una citazione di Gabriel García Márquez molto usata da Bergoglio, ma nessuno nomina il primo autore.
E’ un mondo pop quello che si ritrova nel salotto di Fazio e ascolta Papa Francesco. D’altra parte “lo spettacolo è l’affermazione di ogni vita umana come semplice apparenza”, scrisse nel 1967 nei “Commentari sulla società dello spettacolo” Guy Debord, esteta e sovversivo del Maggio francese, intuendo con lucidità agghiacciante che il mondo reale si sarebbe trasformato in immagini. L’era dello “spettacolo integrato” che ha soppresso la realtà.