Solo stamattina, prima di raggiungere l’ennesimo vertice della Lega, Salvini sembrava essersi conto di aver fatto troppi danni. “Basta, non faccio più nomi”, ha detto di fronte ai giornalisti, che già sognavano l’ennesima messinscena. Poi, durante un colloquio in Transatlatico c’è ricascato: “Chiederei a Mattarella di restare”. L’ha fatto Draghi per lui. Il

Il segretario del Carroccio, nelle ultime due settimane, non ne ha beccata una. Dopo l’autoproclamazione a kingmaker del Quirinale, ha bruciato una marea di candidati. La prima vittima sacrificale è stata Silvio Berlusconi. Prima convinto a furor di popolo a rendersi disponibile per l’elezione al Quirinale, ultimo atto di una carriera stellata e tormentata; poi costretto a desistere. Colpa dell’inconsistenza numerica ma anche dell’appoggio – appena velato – dei partner di coalizione, che hanno lasciato si trovasse i voti da solo. Un’uscita di scena mesta e solitaria che Salvini ha salutato come un atto di grande generosità. Poi è cominciata la partita vera, e lì Salvini ha dato il meglio.

Dopo i primi giri a vuoto, l’ex Ministro dell’Interno s’è preso di coraggio elaborando, assieme a Giorgia Meloni e Antonio Tajani, una lista di tre nomi “senza la tessera di partito” pur di ingraziarsi Pd e Cinque Stelle. Così ha messo sul piatto le prime figure “bruciabili” che gli venivano in mente: l’ex sindaco di Milano Letizia Moratti, il magistrato Carlo Nordio e l’ex presidente del Senato Marcello Pera. Nomi senza troppe pretese, che nessuno del centrosinistra ha minimamente considerato. Per una questione di “tatto” ha evitato di infilare nel calderone Antonio Tajani: “Chi meglio di lui avrebbe i titoli?”, ha provato a dissimulare Salvini. Che nel giro di un paio di giorni, dopo un fioccare di schede bianche, ha tentato di giocarsi l’ultima carta disponibile: Elisabetta Casellati. Ma non prima di aver fatto un tentativo d’alleanze in incognito con Giuseppe Conte – la prima – portando alla ribalta Franco Frattini, ex ministro degli Esteri: bocciato e ribocciato dal Pd.

Così ecco la Casellati. Seconda carica dello Stato, donna, con tutte le carte in regola. Ambiziosa il giusto. Ma profondamente divisiva. E’ parso un atto di forza a cui persino pezzi di Forza Italia e dei cespugli centristi si sono opposti. Nell’esperienza tragicomica di assistere al suo martirio in prima fila, la Casellati è andata ovviamente a sbattere. 382 preferenze e non sentirle. Game over. Quando il Capitano sembrava aver dato il meglio, ha deciso assieme a Conte di far precipitare il Paese e il Parlamento nel buco nero dell’incertezza: lanciando il nome di Elisabetta Belloni – illudendo persino Grillo, che aveva già tirato fuori le trombette – senza prima aver raggiunto il consenso della maggioranza di governo (ma a stento della Meloni, che da quella maggioranza è fuori).

Adesso non gli resta che Mattarella: “Gli italiani non meritano altri giorni di confusione. Io ho la coscienza a posto, ho fatto numerose proposte tutte di alto livello, tutte bocciate dalla sinistra. Riconfermiamo il presidente Mattarella al Quirinale e Draghi al governo, subito al lavoro da oggi pomeriggio, i problemi degli italiani non aspettano”, ha detto il segretario del Carroccio. Che è riuscito a spaccare tutto anche nel centrodestra. Forza Italia, in nottata, gli aveva ritirato la delega per le trattative. Giorgetti, sostenitore di Draghi al Colle, ha un piede fuori dal governo. Mentre la Meloni, dopo l’ultima giravolta sul presidente uscente, ha commentato disgustata su Twitter: “Salvini propone di andare tutti a pregare Mattarella di fare un altro mandato da Presidente della Repubblica. Non voglio crederci”. Invece dovrà farlo.